Incidono il livello del sommerso (quasi 45mila i lavoratori in nero) e la bassa produttività, la minore tra le regioni del Centro-Nord
I dipendenti del settore privato, in Umbria, lavorano in un anno quasi due settimane in meno di quanto non facciano i colleghi della provincia di Milano. Lo rileva uno studio della Cgil di Mestre, sui dati dell’Inps. Mediamente, infatti, un dipendente privato a Milano risulta lavorare 251 giorni l’anno, nel Ternano 240 (11 giorni in meno) e nel Perugino 238 (13 in meno).
Ma d’altro canto, il diverso peso dello stipendio a fine anno si fa sentire: la retribuzione media di un dipendente privato nel Milanese è di 31.202 euro, molto più che a Terni 19.638 euro e a Perugia (19352 euro).
Una differenza che si spiega ovviamente non con la diversa voglia di lavorare, ma con la diffusione del sommerso. Che in Umbria conta un tasso di irregolarità del 12,4% (si stima che siano quasi 45mila i lavoratori in nero) e in Lombardia al 9,4% (al di sotto della media nazionale che è al 12%).
A questo, poi, si deve aggiungere la differente composizione del tessuto produttivo, che vede in generale nel Nord Italia la presenza di più industrie, anche nei settori avanzati, e del terziario più retribuito, come quello assicurativo e bancario.
C’è però un dato che, confrontato, deve segnare un campanello d’allarme. Nella classifica della produttività l’Umbria è 13esima, l’ultima regione del Centro-Nord (o, sarebbe ormai meglio dire, la prima del Sud). In Umbria il valore aggiunto per ora lavorata è di 32,7 euro, sotto la media nazionale di 36,9 euro (37,7 euro nel Centro). Ben distante da quota 43 euro toccata in Lombardia.