Festival Spoleto, il lusso di “continuare con disperata decisione, a essere se stessi” - Tuttoggi.info

Festival Spoleto, il lusso di “continuare con disperata decisione, a essere se stessi”

Carlo Vantaggioli

Festival Spoleto, il lusso di “continuare con disperata decisione, a essere se stessi”

Mer, 26/03/2025 - 09:32

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Ispirati, o anche spiritati, dal virgolettato del nostro titolo, dobbiamo chiarire invece che il lusso di essere un giornalista a riposo, o anche in sospensione, si manifesta nell’affrontare argomenti o fatti solo quando si pensa abbiano un peso reale, un valore e una consistenza che va oltre la quotidiana cronaca del contingente o dell’urgente. E tuttavia, spesso, si tratta di vicende “disperatamente” sopravvalutate!

Un lusso appunto, che è reso possibile anche dal fatto che siamo a Spoleto! In questo luogo, secolare e secolarizzato, la quotidianità dell’ovvio (dei popoli) fagocita ogni ora delle 24 che ci sono concesse giornalmente per convenzione. Eccezion fatta per rari momenti di felicità, si fa per dire, come quando è tempo di Festival dei Due Mondi.

In questi casi il lusso è ormai diventato, “continuare con disperata decisione, a essere se stessi”, come ci ricorda una illuminata, e anche sparafleshata, Monique Veaute, nel saluto di apertura leggibile nel sito ufficiale della manifestazione menottiana, giunta alla sua 68a edizione.

Segare i nemici

Il brivido di definire “disperata” una decisione rende la faccenda ancora più succulenta, tra il giallo criminale fitto fitto e la commedia splatter. Per un paradosso tutto televisivo anche un serial killer, uno come Dexter, tanto per citare una serie di Netflix famosa anche più del Festival, è disperatamente attaccato al suo metodo di risoluzione dei problemi che ovviamente deriva dall’essere se stesso nel mondo delle cose (soggetti e oggetti a dirla in filosofese) fino in fondo. Ebbene il nostro, sega un certo genere di cristiani in pezzi che poi vengono smaltiti nel bidone dell’umido e a volte anche nell’indifferenziato. Ma il ragazzo, va capito, lo fa a fin di bene, ripulisce il mondo dalla bruttezza.

Ora al Festival la disperazione è tanta, ma non fino al punto di segare chi avversa o solo critica la manifestazione. Si sporcherebbe troppo! E poi trattasi di Festival sostenibile, con una differenziata troppo complicata.

Sappiamo tutti cosa sta passando l’attuale dirigenza artistica a cui è stato data la data di scadenza definitiva, da quel nuovo Ministro della Cultura, sussiegoso, inanellato, braccialato e dotato di basettoni che il sempre poco letto Nikolaj Gogol definiva magnificamente scopettoni ne I Racconti di Pietroburgo. E non v’è dubbio che gli scopettoni di Alessandro Giuli rimarranno nella storia del Minculpop de “Giorgia”, che di fatto commissaria la Fondazione Festival di Spoleto.

Amici o nemici? Semplici conoscenti!

Ed è per marcare la differenza che anche un “amico-nemico”- ma francamente semplice conoscente (come ebbe a definirci la Veaute in un celebre siparietto in quel di Villa Pianciani a Terraja durante un incontro con la stampa lo scorso anno) è tenuto a ringraziare e a rendere l’onore delle armi a colei che indubitabilmente è stata coerente con se stessa “disperatamente”, senza troppe sbavature con ostinata costanza.

Ad esempio come quando, pur dichiarando a più riprese che durante la sua direzione artistica voleva dare tutto lo spazio possibile alla musica, si impose a vario titolo di non mettere in scena l’Opera per un paio d’anni dei 5 previsti in incarico. Forse questa la decisione più “disperata” di tutte. Di quelle che ti marchiano a fuoco e che nessuna chirurgia estetica risolve. Come quella del celeberrimo Teatro Musicale di Jeanne Candel (spacciato dalla Veaute come nuova forma di Opera!), quello della fetta biscottata che fuggiva dal palcoscenico apocalittico (ma forse solo incasinato) di Spoleto65 tra le note registrate della Sinfonia n°5 di G. Mahler. Bisognerebbe scriverci una operetta comique, al genere di J. Offenbach.

E sia chiaro, noi con la Candel non abbiamo conti in sospeso e non la segheremmo mai, come farebbe invece l’amico Dexter nel caso di una bruttura conclamata. Tanto siamo coerenti ed oggettivamente disponibili, che abbiamo apprezzato molto lo spettacolo di Spoleto67, Baùbo. Il riscatto dei “bellini di Francia”.

Quando poi ci si è decisi a tornare all’usato sicuro, sempre nel segno della disperata coerenza, si sono scelte opere altrettanto disperate, inspiegabili, e forse anche belle che la brutaglia assortita che si adagia sul vellutino rosso del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, perlopiù non ri-conosce e non canticchia sotto la doccia, all’uso di “che gelida manina…”. In quei casi –Pelleas et Melisande e Le bourgeois gentilhomme/Ariadne auf Naxos– furono momenti emblematici del noto motto “ci piace vincere facile”. Prodotti facili da maneggiare, già preconfezionati e di pronto consumo. Il Bo-Frost dell’Opera insomma. In 5 anni si salva a nostro parere, per tutta una serie di fattori di produzione e di esecuzione, l’Orfeo ed Euridice di Gluck con la regia di Damiano Michieletto. Tuttavia un lavoro che debutta a Spoleto nel 2024 ma che era già in giro dal 2022.

Spettacolo d’Arte Varia

Non dimenticheremo facilmente invece Ivan Fischer, valente Direttore d’Orchestra, quanto discutibile regista di opere che per due anni ha insistito a posizionare la valorosa e blasonata Budapest Orchestra direttamente sul palcoscenico, invece che in buca. Disperatamente, tanto per dire, abbiamo amato il ritorno dell’Opera al Nuovo con le frasche fitte fitte del Pelleas et Melisande, e soprattutto la tunica verde-bosco cinta di alloro di Fischer-Papageno e lo sbrilluccicante laghetto fatto con lo specchio, come quello dei presepi di casa degli anni ‘50.

Con eguale coerenza disperata non siamo sempre riusciti a capire le scelte fatte nel settore danza, con la consulenza ben pagata di Francesca Manica (Roma Europa). In 5 anni saranno forse 3-4 gli spettacoli che potremmo associare a una serie di valori e caratteristiche degne dei Festival storici per quel genere artistico che da sempre è un fiore all’occhiello del Due Mondi. E non è certo un problema di mancata comprensione della innovazione, ma forse solo di frettolosa cernita degli spettacoli di giro, senza possibilità (e allora sarebbe quasi più comprensibile) di scegliere la vera novità. Vogliamo però ricordare su tutto ciò che è stato, due perle di grande qualità e impatto: Mehdi Kerkouche-Portrait e Sharon Eyal- LEV.

Anche la impensabile collaborazione (e lo sdoganamento definitivo del jazz nel main stage festivaliero di Piazza Duomo) con Umbria Jazz di Carlo Pagnotta, ha avuto i suoi momenti di tremolio, salvo poi mettere in cantiere a Spoleto67 quella splendida intuizione del Jazz Club, stile UJ, che tanti frutti ha dato a Perugia. La proverbiale tigna del Patron Carlo, ha prodotto la scintilla che ha convinto Monique a programmare a Palazzo Collicola il nuovo appuntamento. Tre serate a prezzi giusti e soldout senza tanti sforzi. Ci piace ricordare in Piazza Duomo un lunare e fascinoso Brad Mehldau al piano solo e il pubblico in festa con l’esuberante e coinvolgente Dianne Reeves.

Ma nonostante tutto questo, dati causa e pretesto, tanto potè la disperazione coerente che per contrappasso ci siamo dovuti sorbettare un concerto fuffoso e inconsapevole della ex-Premiere Dame, Carla Bruni Sarkozy nell’ edizione del 2024. Come nella danza ci siamo beccati in pieno muso nel 2023 lo spettacolo più imbarazzante della storia del Festival, quello dell’incolpevole Fernando Montano (solista del Royal Ballet London). Imperdibile la premiazione del ballerino come giovane (Montano era chiaramente a fine carriera) epigone dell’arte tersicorea da parte di una locale associazione di fans e groupies del Festival. Desperate Groupies!

Qua e là, in 5 anni, sprazzi di incoraggiante bellezza, quasi sempre seguita però da una contrastante e controversa visione dell’arte in genere tanto da ricordare il “sommo” poeta Lucio B. quando cantava “…le discese ardite. E le risalite. Su nel cielo aperto e poi giù il deserto. E poi ancora in alto, con un grande salto…”.

Il teatro di prosa, che tanto piacque nella gestione Ferrara, appaltato invece alla collaborazione con il Teatro Stabile dell’Umbria che, con tutto il rispetto, più in la di Leonardo Lidi e Liv Ferracchiati non è andato. Ricordiamo invece con grande simpatia e soddisfazione culturale Hybris di Flavia Mastrella e Antonio Rezza, la cosa più sorprendente in 5 anni di palcoscenico. Ma sempre molto, troppo, lontani da Emma Dante, Ricci-Forte, Rimas Tuminas, Eimuntas Nekrosius o il siderale Bob Wilson.

In tutto questo potremmo affrontare anche il tema della gestione “disperata”, della Fondazione Festival, ma francamente il tema ci supera a destra per noia e banalità ed anche in considerazione che il Ministro con gli scopettoni ci ha messo pesantemente le mani. Ma del resto che ci si può aspettare da una classe dirigente e politica locale, che tremolante è ormai prossima al pensionamento per sopraggiunto limite di età e che sceglie come temi da discutere al primo punto dell’Ordine del Giorno di un non lontano Consiglio Comunale la preoccupante diffusione della Cimice Asiatica! Vi moccicasse almeno!

Poi dice che uno cambia vita e si leva dalla scatole.

Spoleto68, qualcosa da non buttare!

Saremmo degli ingrati infingardi se non accennassimo a quello che di buono si prospetta nell’edizione che prenderà avvio il prossimo 27 giugno. Intanto il ritorno a Spoleto di una vecchia conoscenza, Rufus Wainwright che nel 2010 insieme al Berliner Ensemble e Robert Wilson presentano in prima assoluta per l’Italia al Festival di Spoleto a guida Giorgio Ferrara, I Sonetti di Shakespeare, con le musiche originali del songwriter canadese. Il Festival n°68 aprirà con una sua Opera, Hadrian. Deo gratias!

Spigolando qua e la non possiamo non notare il concerto di Anoushka Shankar, stupenda virtuosa del Sitar come lo fu suo padre Ravi e interprete per nulla banale di una world music che sconfina quasi sempre con molti generi diversi.

La prosa con Massimo Popolizio e Umberto Orsini con Prima del Temporale. Il valore di questi due attori e interpreti è talmente importante che tutti farebbero bene ad andare a teatro. Popolizio ce lo ricordiamo bene a Spoleto nel 2011 con un magnifico reading de Le Città Invisibili di Italo Calvino accompagnato dalle improvvisazioni di Javier Girotto.

Credito, almeno sulla carta, al Teatro musicale del Berliner Ensemble che mette in scena il Woyzeck di Buchner e a William Kentridge con il suo The great Yes, the great no.

Per quanto ci piace la carriera musicale e professionale di Stefano Bollani, vorremmo esprimere qualche dubbio sull’operazione Novecento: il duello, con Enrico Rava, Alessandro Baricco e il Barbone di Siviglia, appunto. Sembra proprio come quando Titino-Manfredi sfodera quel famoso mantra ciociaro-swaihili nel film Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa:abanga u papa lianga inenea, adanga usucu cuica, adanga cuiucu caromba, aridanga romba coiota!

Per la danza, ci ispira New Hearth+Bolero X di Shahar Binyamini, già ballerino della celeberrima Batsheva Dance Company. Come anche è il caso di dare più di una occhiata al nuovo lavoro di Blanca Li, Didon et Enèe.

Come sempre non va dimenticata la programmazione di LaMama Spoleto Festival, un Festival nel Festival che riserva sempre sorprese e i Concerti di Mezzogiorno, rivitalizzati meritoriamente da Marco Ferullo.

Ma tutto questo appena accennato appartiene al mondo delle idee, che potremo discutere solo a sipario chiuso. Mentre l’attenzione è già tutta verso l’edizione 69 (evocativa eh!) a guida Daniele Cipriani.

Sic transit gloria mundi!

Cordiali saluti

Ma giunti al fin della licenza, a Monique Veaute e al suo staff, va il nostro cordiale saluto perché sia Lei che anche il qui presente-assente, condividiamo qualcosa che conferma peraltro il rispetto formale l’uno dell’altro. Siamo entrambi disperatamente coerenti, fino in fondo. Lei per le scelte artistiche mentre l’inutile-a volte- giornalista, per la critica ragionata su quest’ultime. Almeno, fino in fondo, siamo noi stessi…per certo!

Merde tre volte, per Spoleto68. Io ci sarò a sprazzi, comprenderete, sono in Rehab! E Desperado, solidalmente fino in fondo.

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