Dal piazzale del San Matteo degli Infermi, "Protestiamo senza fermarci, ma lavoratrici e lavoratori devono essere ascoltati”
“Protesto, ma non mi fermo”: è questo lo slogan scelto da Cgil, Cisl e Uil per la mobilitazione dei lavoratori della sanità dell’Umbria, che è partita oggi dall’ospedale di Spoleto e proseguirà nei prossimi giorni in tutto il resto della regione, per ribadire il grande senso di responsabilità e l’impegno straordinario che quotidianamente gli operatori della sanità pubblica mettono nel proprio lavoro, ma anche tutte le lacune di una politica regionale assolutamente deficitaria.
Questa mattina, una delegazione sindacale di Fp Cgil, Fp Cisl e Uil Fpl insieme alle rispettive confederazioni, ha presidiato l’ingresso dell’ospedale di Spoleto, San Matteo degli Infermi, struttura convertita in Covid Hospital in pochi giorni e senza le necessarie garanzie e protezioni, come denunciato da lavoratrici e lavoratori che hanno preso parte al presidio.
“C’era tutto il tempo per organizzarsi e invece si è smantellato un ospedale in una settimana, mettendo in grave difficoltà non solo noi dipendenti, ma l’intera comunità di Spoleto e della Valnerina – ha detto uno di loro – Noi non abbiamo paura del Covid e lo affronteremo a testa alta come sempre, ma abbiamo paura della disorganizzazione”.
“Per gli infermieri, specie quelli del Pronto Soccorso, ci sono troppi rischi – ha aggiunto un’altra lavoratrice del San Matteo – ci si cambia proprio davanti all’isolamento, dove vengono effettuati i tamponi. Inoltre, in rianimazione c’è carenza di mascherine Ffp3 e di presidi come tute e camici adeguati”.
“Soldi e decreti c’erano, ci si poteva preparare per tempo quest’estate – hanno ribadito i rappresentanti dei sindacati della sanità umbra – invece siamo qui di nuovo al fianco dei lavoratori a denunciare come tutto ricada sulle loro spalle. Noi chiediamo subito assunzioni a tempo indeterminato per alleggerire questa pressione enorme e garantire la sicurezza di chi lavora e della cittadinanza”.
In presidio accanto ai lavoratori della sanità c’erano anche quelli degli appalti del trasporto sanitario, che hanno subito, contro la loro volontà, un cambio di contratto che comporta, nel bel mezzo dell’emergenza, una riduzione di stipendio di quasi 500 euro lorde al mese.
“È un fatto di gravità inaudita – hanno rimarcato i sindacati – che anche nel pubblico si apra la strada a contratti pirata, siglati da organizzazioni non rappresentative, al solo scopo di abbattere il costo del lavoro e ridurre i diritti.
Oggi ancor più di ieri – hanno rimarcato i sindacati – abbiamo bisogno di una legge regionale che regoli gli appalti e dia maggior valore alla qualità del servizio ed alla sicurezza. La concorrenza non può essere sulle spalle di chi lavora”.