Il 30 novembre è stato varato ufficialmente il “Distretto dell'Appennino Umbro Marchigiano”, frutto dell' intesa firmata nel monastero di Fonte Avellana da 23 Comuni e 2 Comunità Montane. Nel corso dell'incontro, la città di Gubbio è stata eletta all'unanimità per i prossimi tre anni nuovo Coordinatore del Distretto. Gubbio subentra a Fabriano che aveva guidato la fase costitutiva negli anni precedenti, in questa fase a coordinare sarà il Commissario straordinario, vice prefetto Maria Luisa D'Alessandro. E' il primo distretto interregionale in Italia su un lembo di terra grande 2.532 chilometri quadrati ed abitato da più di 150.000 persone.
La vera innovazione sta nel suo scopo e nelle sue modalità organizzative. Unendosi, i Comuni marchigiani di Fabriano, Genga, Arcevia, Sassoferrato, Cerreto d'Esi, Serra San Quirico, Frontone, Serra Sant'Abbondio, Fratterosa, San Lorenzo in Campo, Piobbico, Acqualagna, Apecchio, Cagli, e quelli umbri di Gubbio, Sigillo, Scheggia e Pascelupo, Valfabbrica, Costacciaro, Montone, Gualdo Tadino, Nocera Umbra, Fossato di Vico, e le Comunità Montane Catria Nerone ed Esino Frasassi, a cavallo dei monti del Nerone, del Catria, dello Strega e del Cucco, hanno voluto dare una dimensione culturale alle loro politiche di sviluppo. Ossia fare di ogni paese un nodo di una rete di economie basate sulla valorizzazione delle risorse locali. Il Distretto diventa per le amministrazioni il mezzo per condividere e concertare progettualità e priorità ottimizzando le risorse culturali, professionali e finanziarie. Partendo dalle varie e ricche identità dei luoghi, e nel pieno rispetto delle vocazioni locali di ogni comunità, i Comuni dell'entroterra umbro-marchigiano stanno cercando di far emergere quell'appeal che fa la differenza per la nuova economia del turismo e del tempo libero, ma anche di creare una forma di 'capitalismo' culturale per scongiurare l'abbandono delle terre dell'Appennino.
“Il Distretto è una strategia che deve obbedire non tanto alla moralità che si basa sui precetti, ma all'etica perché è responsabilità di ciascuno” – ha aggiunto il monaco avellanita don Salvatore Frigerio, che per primo, con il problema della sopravvivenza del monastero di Fonte Avellana, denunciò la condizione dell'Appennino, considerato zona depressa e lo promosse da problema a opportunità con la carta di Fonte Avellana. Il Distretto inoltre vanta anche un'altra differenza: quella di essere un mezzo voluto dalla società civile poi proposto agli enti locali. “Siamo tutti gente di montagna, figli di una cultura contadina e dunque tenaci. Gente che privilegia il fare e osa altri percorsi –
completa Piero Chiorri, presidente dell'Associazione culturale per lo sviluppo dell'Appennino, il braccio operativo delle strategie ideate dai firmatari – Caratteri che sono nel Dna di quest'intesa”.
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