Conclusa l’edizione primaverile dei “Dialoghi in città”, iniziativa culturale dell’Archidiocesi di Spoleto-Norcia. Lunedì 20 giugno presso l’auditorium della Scuola di Polizia della città moltissime persone si sono adunate per ascoltare il Cardinale Stanislaw Dziwisz, Arcivescovo di Cracovia e per oltre quaranta anni segretario di Giovanni Paolo II. Ma c’è stato un cambio di programma.
Domenica 19 giugno intorno alle ore 22.00 il Cardinale ha chiamato l’Arcivescovo Renato Boccardo per informarlo circa la sua impossibilità di essere a Spoleto. Il Porporato, infatti, ha una forte bronchite che gli ha provocato un’infezione ai polmoni, con conseguente innalzamento della temperatura corporea. Cosa fare? L’Arcivescovo e i suoi più stretti collaboratori hanno preferito non annullare l’incontro, in quanto un comunicato stampa che avesse annunciato ciò, considerato il poco tempo a disposizione, avrebbe raggiunto solo una parte delle persone che erano presenti alla Scuola di Polizia. Il Card. Dziwisz ha fatto sapere che manterrà fede al suo impegno e in una dei prossimi viaggi in Italia sarà a Spoleto. Come procedere? Considerando che mons. Boccardo è stato per anni uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II, sapendo che in occasione della beatificazione di quest’ultimo è stato chiamato in varie parti d’Italia e d’Europa a parlare del Papa polacco, si è pensato che potesse raccontare la sua “vita con Karol”. E così è stato.
L’Arcivescovo ha scelto di parlare di Giovanni Paolo II attraverso sei immagini, come si stesse sfogliano un album di foto ricordo: la preghiera, i viaggi, i giovani, il mondo del lavoro, il dialogo ecumenico, la sofferenza. Ha presentato la vita del Papa aprendo il cassetto dei moltissimi ricordi personali che ha di e con Giovanni Paolo II.
Il Papa in preghiera. «Fin dalle prime volte che ho avuto occasione di essere vicino a lui, sono stato colpito dalla sua capacità di entrare in dialogo con Dio. Anche quando si trovava in mezzo a un milione di persone, che cantavano, urlavano, applaudivano, il Papa si metteva in ginocchio e pregava come se fosse stato solo. Intorno a lui il mondo scompariva, lo si vedeva in dialogo con Dio. Credo che questa sia stata la sua caratteristica fondamentale, alla radice di tutte le altre. Molte volte, durante i viaggi, bisognava rispettare il programma e allora, dopo un po', osavamo avvicinarci e dirgli sottovoce: “È ora di andare”. Più di una volta, egli guardandoci diceva: “un momento”. Doveva terminare la preghiera, che era la cosa più importante».
Pellegrino del mondo. «I viaggi del Papa sono stati una sorpresa per la Chiesa e per il mondo. Giovanni Paolo II non si è fermato di fronte a viaggi difficili. Quando una certa prudenza umana e anche ecclesiale avrebbe suggerito di rimanere a Roma, a causa della possibile strumentalizzazione – pensiamo al viaggio in Cile, con il presidente Pinochet, oppure a Cuba, con Fidel Castro – il Papa non si è fermato, perché affermava: “È mio dovere andare dove la gente mi aspetta”».
Con i giovani. «Giovanni Paolo II ha inventato le Giornate Mondiali della Gioventù partendo da una convinzione molto chiara: scrive nel suo libro Varcare la soglia della speranza che fin da giovane sacerdote ha compreso l'importanza della giovinezza nella vita della persona umana. Spiega che la giovinezza non è semplicemente un tempo di passaggio dall'adolescenza all'età adulta, ma è un tempo di grazia dato ad ogni persona, il tempo delle “fondamenta”. Il successo o il fallimento di una vita dipendono da qualche sì e qualche no che si è capaci di dire quando si è giovani. Allora la Chiesa non può essere assente da questo processo fondamentale, perché essa ha qualcosa da offrire ai giovani: il vangelo di Gesù! Certo, la passione di Giovanni Paolo II per i giovani rimane una delle eredità più ricche e più feconde per la Chiesa. Le Giornate Mondiali della Gioventù non hanno risolto tutti i problemi, non hanno evangelizzato tutto il mondo giovanile, ma sono state un contributo, una novità introdotta per sottolineare quanto siano importanti i giovani per la Chiesa».
Il Papa operaio. «Nella sua giovinezza, Karol Wojtyla aveva lavorato nelle cave di pietrisco vicino a Cracovia: portava le pietre dalla cava ai camion con un giogo di legno sulle spalle. Anche da seminarista (clandestino, poiché gli eserciti che avevano occupato la Polonia avevano chiuso i seminari e deportato i sacerdoti) aveva lavorato nelle officine Solway, alle porte di Cracovia. Avendo condiviso la vita degli operai, è sempre stato sensibile alla loro condizione, tanto da farsi il paladino dell'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, richiamando senza sosta la dignità dell'uomo e del lavoro, ricordando come ogni progetto politico ed economico deve avere al centro la persona umana».
Dialogo ecumenico e pace. «Assisi, 27 ottobre 1986. Nella città di san Francesco, il Papa convoca i rappresentanti delle diverse religioni del mondo, invitandoli a pregare per la pace. Una iniziativa mai vista fino ad allora. Sappiamo bene che spesso la sua è stata la voce che grida nel deserto. I Capi di Stato non lo hanno ascoltato; anche se tutti hanno proclamato di essere d'accordo con lui, hanno continuato a portare avanti i loro progetti. Rimane tuttavia, come eredità di Giovanni Paolo II, questa grande voce contro ogni forma di guerra e in favore della pace».
Il Papa malato. «Il Papa che abbiamo conosciuto come l'atleta di Dio, l'uomo forte, energico, indipendente, è stato ridotto dalla malattia alla dipendenza e alla fragilità. Credo che sia stato per lui un esercizio di povertà e di umiltà. Quanto gli deve essere costato apparire in pubblico ormai limitato nella sua autonomia! All'uomo che ha fatto della parola e del gesto una delle caratteristiche peculiari del suo pontificato, il Signore ha tolto la facoltà di parlare e di muoversi. Ma il Papa anziano, malandato, sofferente, non torna indietro. Non si è tirato indietro; diceva: “La vita vale la pena di essere vissuta fino alla fine”».
L’Arcivescovo Renato Boccardo ha concluso il suo intervento, disponibile integralmente nel sito internet della Diocesi www.spoletonorcia.it, con queste parole: «Giovanni Paolo II per molti è stato il Papa della giovinezza, per altri il Papa della maturità, per tutti è diventato con gli anni il Papa tout court. E così lo ricordiamo, con affetto e nostalgia…». A questo punto si è levato un lunghissimo applauso dei presenti. È seguito un dialogo tra mons. Boccardo e le persone intervenute, rimaste comunque entusiaste per aver sentito, alcuni per la prima volta, il “loro” Vescovo parlare con tanta familiarità e commozione di Giovanni Paolo II. Meglio, del Beato Giovanni Paolo II.