Congresso Pd, tempo scaduto per gli aspiranti segretari regionali. Alle 18 di oggi (lunedì), secondo il percorso indicato dalla Commissione per il Congresso regionale, si sono chiuse le candidature.
Nella sede di via Bonazzi – non più per le tasche dem che ha visto decimati i propri uomini e donne nelle varie poltrone istituzionali (con relativi ristorni al partito) ed il conseguente trasferimento a fine novembre a quella di Madonna Alta – come previsto sono arrivate quattro candidature, corredate dalle 250 firme necessarie.
Prima è arrivata la candidatura del sindaco di Gualdo Tadino, Massimiliano Presciutti, corredata da 307 firme.
Poi quelle del sindaco di Narni e presidente di Anci Umbria Francesco De Rebotti (378 firme).
Obiettivo raggiunto anche dal castiglionese Alessandro Torrini, già segretario locale dei Ds, che ha raccolto 318 firme a sostegno della propria candidatura.
Forte di 600 firme il capogruppo dem in Consiglio regionale, Tommaso Bori.
La sfida a quattro
Vista così, sembra partita vera. Da far tacere chi lamentava la ridotta democratica di un partito passato dalle primarie allargatissime al voto dei soli iscritti al 31 gennaio scorso.
Nell’ultimo Congresso, quello che aveva incoronato Giampiero Bocci segretario, in fondo ci fu solo un avversario al candidato del “compromesso storico” con Catiuscia Marini. Quel Walter Verini indicato da Roma commissario (non proprio super partes, avevano mugugnato molti) dopo le dimissioni di Bocci da segretario e di Marini da governatrice umbra a seguito dell’inchiesta Sanitopoli.
Un commissariamento prolungato dall’emergenza Covid. In mezzo, l’accordo delle regionali con il Movimento 5 stelle, primo esperimento del governo giallorosso che ancora sostiene il Conte-bis. E la storia vittoria di Donatella Tesei, prima presidente di destra nell’ex Umbria rossa.
Tutti contro Bori il Predestinato
Questa volta i candidati sono quattro. Ma l’uomo da battere è uno: Tommaso Bori. Eletto al primo colpo in Consiglio regionale scavalcando le gerarchie con i numeri delle urne.
Il Predestinato anche per guidare il Pd umbro in cerca di una nuova immagine. Lui assicura che in caso di affermazione lascerà il ruolo di capogruppo a Palazzo Cesaroni. Ma la sua ascesa gli ha attirato addosso tante invidie. Oltre alla bile di chi, almeno nelle parole di Bori, è stato rottamato o deve esserlo.
Si racconta che l’eccessiva carica ed autonomia con cui ha guidato l’opposizione in Consiglio in questi mesi abbiano portato ad un raffreddamento del rapporto con Verini. In Alto Tevere, però, Bori non ha perso terreno, sostenuto da Bettarelli. Ma a tifare per lui ci sono anche Fancelli e il vice ministro Anna Ascani. Al Trasimeno, dove ha pescato voti un anno fa, la sponda arriva da Simona Meloni. Nonostante la spaccatura del Pd del Lago seguita alla candidatura di Alessandro Torrini.
Insomma, il patto generazionale tiene insieme territori e storie diverse, anche nel recente passato.
Torrini, il guastafeste del Trasimeno
Per molti, la candidatura di Alessandro Torrini serve più per mandare un segnale che per impedire a Bori di arrivare a guidare la segreteria. Una candidatura “di chi vuole testimoniare il profondo disagio di chi ama la politica per la politica, come strumento di trasformazione ed emancipazione”, come l’ha definita l’ex segretario Ds di Castiglione del Lago. Una candidatura per opporsi a chi vuole relegare la politica “a ruolo subalterno, appiattita sulla governance, sempre più spesso a tutela di interessi particolari“.
Oltre che sul sindaco di Castiglione Burico, Torrini trova sponda a Panicale ed a Città della Pieve. Ma da Piegaro a Magione, passando per Passignano, così come a Corciano, la pesca miracolosa al Trasimeno dovrebbe farla Bori. Vista così, sembra più una mossa per un regolamento di conti intorno al lago…
Presciutti, il De Luca dell’Appennino
Si era opposto, invano, al patto Bocci-Marini. Ha poi criticato il commissario Verini, prima che il partito venisse “chiuso”. Invitando il partito, prima delle catastrofiche elezioni di un anno fa, a imitare il modello vincente Fascia appenninica. Nei mesi del lockdown il sindaco Massimiliano Presciutti si è messo a fare il controllore anti contagio nella sua Gualdo. Pronto a farsi prestare il lanciafiamme dal governatore campano De Luca.
Il modello di amministratore-sceriffo anti Covid gli ha dato notorietà, grazie ai social, anche fuori dai confini regionali. Ora, però, votano gli iscritti. Quelli che avevano in tasca la tessera del Pd al 31 gennaio scorso. Pochi, sull’Appennino umbro.
De Rebotti e il Pd da resuscitare
Un altro sindaco al secondo mandato è Francesco De Rebotti. Il suo nome si era fatto anche per un’ipotetica candidatura per le regionali, prima che la ragion di Governo tinta di giallorosso imponesse un candidato senza tessera. Ora la sua candidatura a segretario di quel Pd che, provocatoriamente, aveva chiamato “morto“. Per resuscitarlo, ovviamente.
Il revanchismo ternano, che un anno fa ha portato a riempire il Consiglio regionale dalla seconda provincia umbra come mai era avvenuto prima, riuscirà a coagularsi intorno all’unico candidato del territorio? O magari varrà più la voglia di arginare l’onda green del patto generazionale?
Gli esposti contro Bori
I tre sono accomunati dall’avversione a Bori. Contro il quale hanno presentato nelle scorse ore esposti alla Commissione di garanzia per l’iniziativa di sabato del consigliere regionale, “targata” impropriamente Pd. Censura dagli organi di controllo, ma tutto è finito lì. Così come si è risolta nel nulla la polemica sulla disponibilità degli elenchi degli iscritti.
Gli iscritti al voto
La vera incognita, con meno di 6mila iscritti chiamati al voto nei Circoli per indicare i delegati (stile presidenziali Usa) è se il 7 novembre Bori avrà raggiunto il 50% + 1 dei voti, necessari per essere acclamato dall’Assemblea nuovo segretario del Pd umbro. Altrimenti, si dovranno nuovamente muovere le diplomazie.