Francesco de Augustinis
Circa una cava su due, nella provincia di Perugia, è risultata “irregolare” a seguito di due mesi di controlli svolti su tutto il territorio dal Corpo Forestale dello Stato dell'Umbria. Delle 155 cave attualemente attive in tutta la regione per l'estrazione in genere di inerti e calcari destinati al “ciclo del cemento”, il Corpo Forestale si è dedicato all'ispezione di 71 siti, riscontrando in 33 casi degli illeciti amministrativi e in 11 casi degli illeciti penali.
L'attività di controllo si è focalizzata sulla sola provincia di Perugia dove, a differenza del territorio di Terni, l'attività estrattifera è sostanzialmente non monitorata. Le aree particolarmente interessate dall'attività delle cave, e dunque dei controlli, sono i territori di Perugia, Spoleto, Todi, Foligno, Marsciano e del Lago Trasimeno.
Le modalità di apertura, gestione e chiusura delle cave sono regolate da una legge regionale del 2000, che prevede dove e in che modo possano essere aperte senza ledere l'ambiente e il territorio e in che modo debbano essere “riqualificate” dopo la dismissione.
I 33 illeciti amministrativi contestati riguardano soprattutto l'inosservanza delle prescrizioni relative alla tutela dell'ambiente idrico -ovvero delle falde- e alla modalità di escavazione, la mancata comunicazione di inizio lavori di ricompensazione ambientale o l'esecuzione incompleta della stessa riqualificazione. In questo caso complessivamente sono state emesse sanzioni per circa 158 mila euro.
Negli 11 casi più gravi, dove si è riscontrato l'illecito penale, il corpo ha constatato la realizzazione di depositi illeciti di materiale inerte in terreno agricolo in zona Spoleto, l'attività di gestione rifiuti non autorizzata e l'alterazione di bellezze naturali -con la distruzione di circa mille metri quadri di bosco- in zona Todi e il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi in zona Foligno. In quest'ultimo caso, in particolare, nell'area della cava è stato rilevata la presenza di fusti metallici contaminati da olio minerale per mezzi meccanici, taniche contaminate da olio idraulico, batterie al piombo e filtri d'olio motore. Tutti materiali finiti sotto sequestro.
PAESAGGI MUTILATI Il tema delle cave è di particolare importanza in tutta Italia, in quanto dalla loro corretta o scorretta gestione spesso può dipendere la sorte paesaggistica di interi territori e distese naturali. In Umbria, secondo le osservazioni del Comandante regionale della Forestale Guido Conti, la legislazione è abbastanza efficace nel tutelare alcune aree di pregio, ma ha forse dei limiti nel difendere le aree boschive.
“Secondo la nostra normativa, la creazione di cave è vietata ovunque vi sia la presenza di boschi di alto fusto. Il problema è che l'80 per cento dei boschi umbri sono boschi cedui, dove dunque la presenza degli alberi non impedisce l'apertura della cava”, ha osservato Conti, constatando come questo sistema esponga dei “paradisi naturali di questa regione, come Spello o Campello sul Clitunno”, alla creazione di cave. Sempre secondo la legge regionale che regola l'attività estrattifera sono previsti degli incentivi e dei vincoli per riqualificare e ripristinare la vegetazione boschiva nelle aree di estrazione esaurite. Secondo Conti, però, subentra un'altra criticità: oltre alla difficoltà oggettiva a piantare alberi sul fondo roccioso con cui si ricoprono le cave, il comune interessato dagli incentivi può deliberatamente decidere di disporre per la realizzazione di altre opere, trascurando il ripristino del territorio e del paesaggio.
LE CAVE IN NUMERI “La regione Umbria -si legge nel rapporto del Corpo forestale- se si considera la piccolezza del territorio, è tra le regioni interessate da maggiore quantità estrattiva”. Nella sola provincia di Perugia, lo scorso anno, sono stati estratti 1.453 metri cubi di marna, per una produzione totale mineraria della provincia di 4.581 metri cubi.
Nello stesso anno, i comuni interessati maggiormente dall'attività di escavazione sono stati Spoleto (445.710 volumi estratti), Foligno (440.999), Nocera Umbra (315.785), Perugia (294.403), Todi (238.574) e Marsciano (215.173).
Il canone di concessione richiesto in Umbria è di pochi centesimi di euro a metro cubo (0,375 per sabbia, ghiaia e argilla, 0,525 per il calcare), molto più basso rispetto a regioni come l'Emilia Romagna (fino a 4 euro per ghiaia e sabbiam 0,80 per argilla, 0,52 per il calcare) o alle tariffe di sfruttamento applicate all'estero.
Sempre in confronto all'estero, risulta schiacciante il paragone delle quantità di inerti e scarti da demolizione riutilizzati per la produzione di nuovo materiale edile al posto di materiale “vergine” delle cave, con l'Italia ferma al 9 per cento, contro persi come l'Olanda e il Belgio che riciclano il 90 e l'87 per cento degli inerti, o la Gran Bretagna che ne ricicla il 45 per cento.