Cinque anni fa il Marini-bis: una legislatura breve, con una coda lunga

Cinque anni fa il Marini-bis: storia di una legislatura breve, ma con una lunga coda

Massimo Sbardella

Cinque anni fa il Marini-bis: storia di una legislatura breve, ma con una lunga coda

Dalla vittoria su Ricci alle dimissioni per il caso Sanitopoli: in mezzo tanti duelli nel Pd
Lun, 01/06/2020 - 20:27

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Cinque anni fa iniziava in Regione il Marini-bis. Tirato un sospiro di sollievo dopo i timori del sorpasso da parte dell’allora alfiere del centrodestra Claudio Ricci, il centrosinistra si preparava a governare per altri 5 anni con la presidente Catiuscia Marini.

Il giorno prima, il 31 maggio 2015, 391.210 umbri si erano recati alle urne. La governatrice uscente aveva raccolto 159.869 voti (il 42,78%); Claudio Ricci 146.752 (39,27%). Il candidato del Movimento 5 stelle, Andrea Liberati, 53.458 voti (14,31%).

Il centrosinistra

Eventi nazionali avevano modificato quel centrosinistra che si apprestava a governare in Umbria rispetto a quello che aveva retto la Regione nei 5 anni precedenti. Molti gli elementi di continuità (a cominciare, appunto, dalla presidente). Ma anche le discontinuità. E soprattutto un Pd locale che si è dimostrato sin da subito lacerato dalle divisioni interne.

Nodo sanità: la “cattività” di Barberini

Ad appena un anno dalle elezioni si è consumato, all’interno del Pd, un violento braccio di ferro sulla gestione della sanità. Che ha portato alla “cattività”, per diversi giorni, dell’assessore Luca Barberini. E ad alcuni cambi dei manager.

Il congresso Pd

La tregua tra la governatrice Marini e Gianpiero Bocci, culminata con il trionfo di quest’ultimo al Congresso regionale nel dicembre 2018, sembrava consentire finalmente una fine legislatura meno turbolenta. Anche perché c’era da rintuzzare gli attacchi del centrodestra ora a guida leghista.

Il cappotto di marzo

Che l’aria (politica) sia cambiata il Pd se ne accorge alle elezioni politiche, con il cappotto subito dal centrodestra: 5-0 nelle sfide dei collegi uninominali. L’Umbria “rossa” non è più tale.

Lo tsunami Sanitopoli

Ad aprile 2019 arriva il colpo di grazia per il Pd umbro e per il governo della Regione, travolti dall’inchiesta sulla Sanitopoli perugina. I pm che indagano su presunti concorsi pilotati ottengono gli arresti domiciliari, tra gli altri, del segretario umbro del Pd Bocci e dell’assessore Barberini. La governatrice Marini si dichiara parte lesa e pronta a collaborare con gli inquirenti. Poi un’intercettazione (e successive testimonianze nel corso degli interrogatori) la chiamano in causa per uno dei concorsi finiti sotto la lente della Procura.

I commissariamenti

La Regione chiede “aiuto” al Governo (è ancora quello gialloverde) nell’indicazione dei commissari delle Aziende sanitarie per sostituire i manager finiti nell’inchiesta.

Il segretario nazionale del Pd, Nicola Zingaretti, commissaria il partito umbro decapitato, nominando reggente il deputato Walter Verini. Proprio l’avversario sconfitto quattro mesi prima da Bocci al Congresso. Una scelta che fa storcere la bocca a molti, che avrebbero preferito una figura super partes.

L’Umbria nel ciclone

La pressione mediatica è sempre più forte. Il caso umbro sale alle cronache nazionali. Marini, sotto la pressione dei vertici nazionali del suo partito, si dimette, scegliendo però una formula che mette di fatto il destino della legislatura nelle mani della maggioranza in Consiglio regionale.

Duelli sull’asse Roma-Perugia

Tra correnti e personalismi si apre un doppio confronto, a Roma e a Perugia, all’interno del Pd. Tra chi vuole proseguire la legislatura fino al termine del mandato (i cosiddetti “resistenti”) e chi chiede di azzerare tutto, seguendo la linea Zingaretti-Verini.

In una doppia seduta carica di tensioni il Consiglio regionale chiede alla presidente Marini di revocare le dimissioni. La scelta di Leonelli obbliga la Marini a votare lei stessa la mozione, con un voto a quel punto determinante. E la distanza con la segreteria nazionale diventa incolmabile.

L’affondo di Zingaretti

In questo clima surreale l’Umbria arriva alle elezioni europee ed all’appuntamento con il voto in importanti città.

Alla Sala dei Notari Zingaretti, giunto per sostenere Camilla Laureti e il candidato del centrosinistra al Comune di Perugia Giubilei, usa parole di fuoco verso Marini (senza citarla in questo caso) e gli altri amministratori coinvolti nell’inchiesta. Concetto che poche ore prima aveva espresso in tv intervistato da Lucia Annunziata.

Salvini in comizio a piazza Italia si prepara a “liberare l’Umbria“.

La fine della legislatura

Arrivano le dimissioni di Catiuscia Marini, questa volta irrevocabili. Il Consiglio regionale può solo ratificarle. Il vice presidente Paparelli dovrà reggere la Regione Umbria fino alla data (ancora incerta) delle elezioni.

La fine del Governo gialloverde (con il Pd che sostituisce la Lega nell’alleanza con il M5s) pare non estraneo ai tempi della gestione della crisi politica in Umbria. E il Pd locale si lacera ancora, con una fronda (i “104”) che arriva a minacciare il ricorso alle vie legali.

L’ultimo stillicidio è dato dai vari candidati presidente della neo alleanza giallorossa (trasferita da Roma a Perugia) che vengono bruciati uno dopo l’altro. Ne fa le spese anche Andrea Fora, il civico su cui sembrava aver già puntato il Pd.

Tentativi che non cambiano le sorti del voto: la candidata del centrodestra (sempre più a trazione Lega, ma con FdI rampante) Donatella Tesei trionfa. Ancora una donna alla guida dell’Umbria, dopo Maria Rita Lorenzetti e Catiuscia Marini.

I sassolini di Marini

Quest’ultima, tornata al suo lavoro in Legacoop, in attesa di potersi difendere dalle accuse che le vengono mosse dalla Procura (che ipotizza l’associazione a delinquere) segue (e commenta, via social) le ultime vicende che riguardano il Pd nazionale (le alleanze, il garantismo) e la magistratura. Vicende che si uniscono nella figura di Zingaretti, finito nelle intercettazioni dell’ex consigliere Csm Luca Palamara, su cui sta indagando la Procura di Perugia.

E commenta un’intervista in cui Verini (che l’emergenza Covid ha mantenuto commissario del Pd umbro) spiega che il Pd è contro “il populismo giustizialista e contro il garantismo a corrente alternata. E l’uso politico di questi“. Il dibattito nazionale è sul caso del ministro Bonafede. Marini bolla così le parole di Verini: “Senza pudore!!!! Un anno fa in Umbria fece ben altro…“.

Piccini e quaquaraquà

E oggi, nel giorno in cui, cinque anni fa, iniziava il suo secondo incarico alla guida della Regione, finito con un anno di anticipo rispetto al termine naturale, Marini posta un articolo di Mattia Feltri (“Quei piccini del Pd”). E commenta: “Nel periodo aprile maggio 2019 due ‘piccini’ del Pd usando dei quaquara’ umbri superarono ogni regola non solo di Bon Ton (che in politica come disse Formica è sostituita da sangue e merda) ma anche di rispetto delle regole democratico costituzionali … abbiate pazienza perché per questi piccini l’uso politico delle inchieste vale per gli avversari esterni ed interni ma non per gli amici ….. Piccini piccini piccini …..“.

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