(Jacopo Brugalossi)- La “rivoluzione digitale” della Pubblica Amministrazione, voluta dal Ministro Renato Brunetta, ha tra le sue novità già entrate in funzione, quella dei certificati medici telematici. Si tratta di una vera e propria novità, che dovrebbe semplificare la vita del lavoratore in malattia, il quale non è più costretto ad occuparsi in prima persona di far pervenire il certificato medico al suo datore di lavoro.
Il sistema funziona così. Il medico compila il certificato on line accedendo con le sue credenziali ad un sistema informatico gestito dalla Sogei (la società di Information and Communication Technology del Ministero dell'Economia e delle Finanze), grazie al quale il certificato perviene immediatamente all'Inps, che a sua volta lo rende disponibile al datore di lavoro, sia esso pubblico o privato. Il datore di lavoro può consultare la documentazione acquisita dall'Inps tramite Pec (posta elettronica certificata) o direttamente andandola a vedere sul sito internet.
Il nuovo sistema, in uso ai medici già da dieci mesi, è divenuto obbligatorio dal primo febbraio, meno di una settimana fa, con conseguenze, per chi non dovesse allinearsi alle disposizioni, che vanno da sanzioni amministrative più o meno pesanti fino al licenziamento. A livello nazionale, i numeri parlano di oltre 3 milioni di certificati inviati col sistema telematico. Per quanto riguarda l'Umbria, invece, i dati ufficiali registrano oltre 25 mila certificati trasmessi on line. Ma è ascoltando le opinioni dei medici di base, che ci si può render conto di come i numeri raccontino molto meno di quello che c'è dietro alla vicenda.
TO® ha intervistato vari medici di famiglia di Spoleto, potendo constatare una certa uniformità di giudizi sul tema. Nonostante le rassicurazioni della Sogei sul perfetto funzionamento del software in tutta Italia, nella zona dello spoletino il sistema funziona a macchia di leopardo, bene in alcune zone e male – o per nulla – in altre. Inoltre, va anche a intermittenza. Nella giornata “x” del primo febbraio, per esempio, ha funzionato soltanto dopo le 14.
I medici riscontrano problemi di varia natura nella procedura di invio dei certificati. Dal collegamento internet bloccato che non permette di entrare nel sistema, al mancato riconoscimento delle credenziali per l'autenticazione. Inoltre, anche se il medico riesce ad entrare nel sistema e compilare il certificato, può succedere che i dati del paziente non trovino riscontro con quelli in possesso dell'Inps, rendendo così vano il tentativo. Quasi impossibile poter parlare con il numero verde dell'assistenza, poiché le attese possono diventare interminabili, come ha raccontato un medico: “Al momento della chiamata avevo 31 persone in attesa davanti a me. Dopo un quarto d'ora ne avevo ancora 25 e ho dovuto riagganciare”.
E' nelle visite a domicilio che i medici trovano i maggiori disagi. “Per non doversi portare in ambulatorio o a casa il lavoro – raccontano – bisognerebbe compilare il certificato direttamente a casa del paziente, a cui è obbligatorio fornire una ricevuta di invio dello stesso. Ma questo diventa piuttosto complicato quando si visitano persone che non hanno un computer, specialmente anziani, o che abitano in zone non ancora coperte da adsl”. Tutti i medici spoletini intervistati da TO® contestano questo sistema, che comporta degli aggravi burocratici non indifferenti fino a causare un'alterazione del ruolo che un medico di famiglia ha nei confronti del suo paziente. “Dovendo pensare a tutti questi cavilli tecnici – racconta un medico – diventa difficile avere la mente sgombra per dare al paziente quello di cui ha veramente bisogno, oltre ad una cura. Mi riferisco all'ascolto, alla comprensione, al calore umano”.
Ma i medici ascoltati sono contrariati anche per i tempi tecnici scelti dal Ministero. Far entrare in vigore il sistema a febbraio, periodo del massimo picco influenzale, rende il tutto ancora più confuso.
Le conferme sul malfunzionamento del sistema arrivano anche dall'Inps dell'Umbria, che parla di problemi soprattutto informatici, confermando il grave intoppo del primo febbraio in tutta Italia. In particolare nella zona dello spoletino, le difficoltà potrebbero essere maggiori a causa delle varie zone del territorio non ancora servite a Adsl. “Ad ogni modo – fanno sapere – ciò che stiamo riscontrando è la volontà della stragrande maggioranza dei medici umbri di mettersi in linea con le disposizioni ministeriali; anche se è impossibile negare l'evidenza delle lunghe attese per avere assistenza telefonica, dell'informatica non ancora adeguata a gestire un sistema così vasto e, non ultimo, del periodo non proprio tranquillo”.
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