Presunta frode sul bonus facciate, gip dispone il sequestro preventivo impeditivo di crediti nei confronti di 3 società e 3 persone
Un’altra frode relativa al “bonus facciate” scoperta in Umbria, dopo quella che ad agosto aveva coinvolto 10 società. Questa volta, invece, l’operazione condotta dalla Guardia di finanza di Perugia, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, ha coinvolto 3 aziende ed altrettante persone, con il sequestro di crediti per oltre 9,2 milioni di euro.
Il decreto di sequestro preventivo – emesso dal gip di Perugia – è stato eseguito dalle fiamme gialle appunto nei confronti di 3 società ed altrettante persone fisiche che, sulla base degli elementi probatori emersi dalle indagini preliminari, risulterebbero coinvolte in una frode relativa al cosiddetto “bonus facciate”. Vale a dire l’agevolazione fiscale, introdotta dal Governo per rilanciare l’economia dopo la crisi generata dalla pandemia e consistente nella detrazione d’imposta delle spese sostenute, per interventi finalizzati al recupero o restauro degli esterni degli edifici.
L’operazione trae origine dall’attività di analisi condotta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Perugia finalizzata a contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nei circuiti dell’economia legale nonché l’accesso abusivo e l’utilizzo distorto delle misure agevolative, previste dalla legislazione emergenziale sotto forma di crediti di imposta cedibili a terzi – originariamente, senza limitazione alcuna, attraverso una piattaforma informatica predisposta dall’Agenzia delle Entrate – ed utilizzabili in compensazione per l’assolvimento di debiti tributari, mediante modello F24, o monetizzabili presso banche ed altri intermediari finanziari. In tale contesto, è emersa, in particolare, la posizione di una società, operante nei settore delle costruzioni, con sede legale a Perugia, ma riconducibile a soggetti di origine campana, che avrebbe acquisito la titolarità di crediti artificiosamente creati, in parte, ancora presenti nel proprio cassetto fiscale, in parte, ceduti a soggetti terzi o ad intermediari finanziari e, quindi, monetizzati.
Le evidenti incongruenze fiscali, economico e finanziarie, tanto in capo ai soggetti che hanno generato i crediti quanto alla società cessionaria, risultata priva della benché minima struttura aziendale e di reale operatività, unitamente alle anomalie delle transazioni e dei dati inseriti nella piattaforma web di cessione dei crediti, oggetto anche di numerose segnalazioni di operazioni sospette ai sensi della normativa antiriciclaggio, sono stati ritenuti concreti e sufficienti indizi dell’esistenza di uno strutturato meccanismo fraudolento.
Il G.I.P., valutata la configurabilità delle ipotesi di reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 74/2000, e di truffa (aggravata dalle circostanze di tempo e di luogo, con riferimento alle modalità telematiche della circolazione dei crediti, tali da impedire controlli preventivi in merito alla reale genuinità degli stessi) ai sensi dell’articolo 640, comma 2, n. 2 bis, del codice penale, in accoglimnento della richiesta formulata dal pubblico ministero, ha disposto il sequestro preventivo “impeditivo” dei crediti, attualmente presenti nei cassetti fiscali dei terzi cessionari, pari a 9.241.985,00 di euro.