“LuciSorgenti”, manifestazione d’arte contemporanea, inaugura un’edizione straordinaria dal titolo: Il corpo_ impermanente/paesaggio a cura di Miriam Montani. Giovani artisti emergenti sono stati invitati ad esporre opere ispirate al Corpo-Paesaggio, legate ai luoghi umbri e alle riflessioni estetiche e filosofiche più attuali. Sara Baggini, Elisa Bertaglia, Giulia Filippi, Gabriele Grones, Federica Montesanto, Paolo Romani: artisti che, con modalità e tecniche diverse, hanno affrontato con il loro lavoro in ugual misura tematiche sul Corpo e il Paesaggio. Un corpo che per la maggiore va a disgregarsi, un corpo effimero sul paesaggio “eterno”.
Vediamo, nelle immagini ricorrenti di Elisa Bertaglia una figura umana immersa nel paesaggio. Questa figura, come dice lei stessa, sta a simboleggiare, non un unico corpo, ma il corpo universale. Nel tentativo di far riflettere, rispecchiare l’umanità nelle sue condizioni più spoglie. Nei lavori iperrealisti di Gabriele Grones abbiamo invece una mappatura del corpo, come se esso stesso divenisse paesaggio. Proprio dove l’immagine sembra apparire più dettagliata e puntuale, l’individuo diventa simile a tanti altri suoi simili così, per assurdo si confonde, si scompone. L’essere umano si mostra per quello che è realmente, una infinitesima parte di un macrocosmo. Anche nei dipinti di Paolo Romani, abbiamo un corpo, delle teste, immerse nel paesaggio. Che diventano in modo totalizzante paesaggio. Figure altamente evocative, vibranti apparizioni, trattate con elevata e fragile pittura volta, chissà, a sospendere lo sguardo.
I lavori in gesso di Sara Baggini riflettono sul tema dell’autoritratto e il paesaggio. Infatti lei stessa sottolinea, che “questi corpi prendono forma dal contatto con la sua pelle nuda”. Nonostante l’artista tenti di evocare il mare, attraverso i colori cangianti e mutevoli del gesso, le Alpi di Sondrio -sua città natale- riaffiorano sempre come sul pelo dell’acqua; ma continua a cercare il mare, fino a far innalzare una voce, la sua, “come fosse l’eco delle conchiglie marine”. Mentre, i piccoli dipinti di Federica Montesanto evocano la ferita. Pelle lacerata, che diventa passaggio dal mondo visibile del corpo a quello invisibile, che sta al di dentro, al di là del corpo. Così forse l’uomo, guardando attraverso le sue viscere più profonde, si rivela. Prende coscienza di sé e del suo essere al mondo e attinge alla salvezza. Questi lavori assumono il peso simbolico della reliquia: fermare una traccia del sacro.
Non si può propriamente parlare di Corpo invece nei lavori di Giulia Filippi, ma piuttosto della sua Assenza. Qui abbiamo a che fare con un corpo abitato più che abitante e mutante. Nel panorama del visibile percepiamo solo la traccia di un vissuto o una traccia in divenire. Questa viene percepita immediatamente come un campo sensibile.