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Alla (ri)scoperta di un artista tifernate: de Rigù in mostra a Città di Castello

Redazione

Alla (ri)scoperta di un artista tifernate: de Rigù in mostra a Città di Castello

Dom, 09/06/2013 - 18:05

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Davide Baccarini

Il protagonista dell’evento, Aldo Riguccini, nacque a Città di Castello il 16 luglio 1913 e la mostra festeggia così anche il primo centenario dalla nascita del suo artista.

Pittore e designer, nel corso degli anni sperimentò diverse tecniche come l’incisione su linoleum e la litografia per raffigurare una tematica a lui molto cara: la condizione dell’uomo che porta, sul proprio corpo, i segni della sofferenza e del dolore come conseguenza dell’agire umano. Pur nella diversità di tecniche e generi è comunque riconoscibile l’unicità del segno, che testimonia l’atto creativo caratterizzante tutta la sua produzione artistica. Tale segno, che viene dall’animo, è un gesto sempre consapevole e un movimento interno sofferente e tormentato che dà forma e raffigurazione alla fragilità della condizione umana. Per questo motivo il segno non rimane mai lineare ma finisce per diventare una macchia, perché solo il colore riesce ad esprimere gli intensi movimenti dello spirito.
Questo “gesto” passerà poi dalla pittura alle ceramiche (negli anni ’40) all’arredo, ai tessuti, agli abiti (negli anni ’50). I colori un tempo scuri diventano, in questi campi, accesi e chiari Se l’arte pittorica può prediligere l’immediatezza del gesto, la creazione di manifatture necessita invece di progettazione ed è proprio qui che il percorso creativo di Riguccini inverte la sua rotta: il colore si semplifica, ritorna nei limiti del disegno e diventa semplice segno grafico. Negli anni ’70, i più ricchi di attività, progetta arredi per case private, alberghi e cinema a Città di Castello.
Per molti anni Riguccini ebbe il suo laboratorio e il suo negozio-boutique presso “Palazzo Tommasini”, sede del Museo della Tela Umbra, dei cui tessuti fu grande promotore ed estimatore. Oggi la sede ospita oggi l’esposizione a lui dedicata. L’artista morì il 1° marzo 1992.
L’inaugurazione e le voci – Hanno presieduto il battesimo dell’evento il presidente della Libera Associazione Architetti nell’Altotevere, Rosita Pazzaglia, l’assessore alla Cultura del comune di Città di Castello, Michele Bettarelli, il presidente del Museo Tela Umbra, Luciano Neri, e il curatore della mostra, Luciano Vanni. Di fronte a una vasta platea, nel giardino retrostante la Tela Umbra, hanno presentato la mostra e ribadito l’importanza della sede e dell’artista. Appena dopo sono state aperte le porte dell’esposizione delle opere.
L’architetto Rosita Pazzaglia ha preso per prima la parola: “In occasione dell’allestimento della mostra di Josef Albers (alla Pinacoteca di Città di Castello fino al 19 giugno, ndr), l’assessore Bettarelli ci chiese di pensare ad un evento collaterale, dedicato ad un artista locale, che potesse avere un affinità con l’opera di questo. Abbiamo pensato ad Aldo Riguccini perché è un artista poliedrico e amato dalla città e dai tifernati; inoltre alla base del suo percorso c’era l’artigianato ed è questo il filo conduttore che ci ha fatto pensare ad un legame con Albers. Siamo qui al museo della Tela Umbra perché è un museo-laboratorio dove Aldo ha cominciato e lavorato, abbiamo qui il suo studio e il suo negozio. Importante è per noi la figura di Riguccini come artigiano perché egli, preferendo sempre lavorare con maestri e produzioni locali, ha portato lo stesso artigianato locale al di fuori dei confini umbri.”
L’assessore Michele Bettarelli tiene a ringraziare l’Associazione Architetti perché “Ci hanno messo cuore e professionalità ed hanno avuto l’idea di non fare cose estemporanee ma di creare un percorso che possa coinvolgere le figure chiave della nostra città. E sicuramente de Rigù è uno di questi. Un aspetto che mi preme ribadire è che in questa città si cerca di creare sempre più una rete che ci metta in relazione con altre realtà territoriali”.
Luciano Neri, presidente del Museo Tela Umbra, ha esordito ricordando subito l’ex sindaco di Città di Castello, Giuseppe Pannacci, “Che per Tela Umbra ha fatto molto e ci ha consentito di essere un laboratorio unico al mondo oltre ad una delle espressioni di produzione e di promozione delle culture più significative a livello regionale”. Ha poi ringraziato il gruppo di architetti “Che ha regalato a questa città una esposizione che se fosse stata appaltata ad una ditta privata o a un ente pubblico sarebbe costato, tra grafiche, manifesti, pubblicità, affitto e impiego del personale, tra i 750 e gli 850 mila euro e da questo punto di vista ci hanno fatto un regalo notevole.” Neri ha poi proseguito: “DeRigù ha avuto la sua legittimazione a Firenze e Roma, non solo nel nostro piccolo locale. Non era una persona che si fermava al classico e all’ordinario, era un anticonformista in tutte le sue scelte ma per questo verrà ricordato nel suo eclettismo e nella sua capacità creativa. Per questo, inoltre, oggi è in grado di lasciarci questo patrimonio umano, culturale e artistico prima ancora che artigianale. Noi di Tela Umbra vogliamo e cercheremo di diventare sempre più un settore di promozione culturale”.
Luciano Vanni, curatore della mostra, ha esordito dicendosi “Emozionato di presentare una mostra dedicata a Riguccini dopo anni di ricerche e studi, e di aver rintracciato molti segni e testimonianze da lui lasciate, che per molti anni sono rimaste in un’atmosfera di quasi totale silenzio. Quando fu emanato il decreto legislativo n°42 nel 2004 che tutelava il patrimonio culturale italiano, fu introdotta una parola molto apprezzata ma anche controversa: “valorizzazione”; e questa occasione oltre a riscoprire Aldo Riguccini è anche la realizzazione di questa valorizzazione, perché qui si riscopre l’opera artistica di de Rigù sia come pittore ma anche come grafico, stilista, designer e arredatore. Allo stesso tempo si valorizza la storia della Tela Umbra perché Riguccini ne è stato parte integrante: qui lui ha lavorato e collaborato, ha usufruito delle tecniche e delle capacità dei dipendenti, al piano superiore c’era il suo laboratorio e al piano inferiore aveva il suo negozio”.
Vanni ha proseguito poi delineando un profilo molto dettagliato dell’artista: “Non è stata una mostra facile, perché Riguccini ha prodotto molte opere d’arte. La parola che io contesterò sempre, ogni volta che verrà accostata al nome di deRigù è “eclettico”: egli infatti non lo era, non guardava attorno a sé né ricopiava ma sentiva una forza creativa al suo interno che lo portava a produrre le sue opere. La sua personalità molto controversa, profonda e caratterizzata da una religiosità molto combattuta, lo ha portato ad interessarsi soprattutto ad un aspetto della vita dell’uomo: le difficoltà della sua esistenza, non facili da rappresentare con il disegno. Il suo passaggio alla macchia di colore come esplosione di una potenza drammatica e di sofferenza, lo ha portato quasi completamente a perdere tracce di rappresentazione realistica e alla trasformazione delle opere, appunto, in forti macchie di colore. Nel corso degli anni ’50 questa forza l’ha poi trasmessa anche ad altre produzioni come la ceramica e gli arredi”.

La mostra interamente concentrata nel Museo della Tela Umbra è strutturata secondo tematiche che individuano i generi pittorici e le tipologie di produzioni artistiche: opere a stampa; natura morta, paesaggio e nudo; il ritratto; raffigurazioni religiose; l’arte di arredare; l’arte di vestire. Ogni categoria è in una stanza a sé. Ovviamente non è stata reperita la totalità dei lavori anche se Vanni ha ribadito: “Un grande ringraziamento va a tutti i prestatori delle opere, perché questo patrimonio è stato conservato e non disperso, dando modo di poterlo mostrare alla cittadinanza”.
L’evento include anche un percorso cittadino, volto a riscoprire in alcuni edifici di prestigio opere pubbliche alquanto significative: su tutti, le decorazioni delle Cappelle Monti-Torrioli e dei Volontari al Cimitero Monumentale e la fonte battesimale a Madonna delle Grazie. Tali opere rappresentano gli attimi più controversi della produzione di deRigù, in quanto testimoniano il suo fondamentale contributo nel rinnovamento e modernizzazione dell’iconografia religiosa di Città di Castello nella prima metà del ’900. Furono queste le opere più contestate perché interrompevano, con la loro inquietudine, una lunga tradizione di immagini sacre ispirate a una religiosità rassicurante.
Chi è alla fine Aldo Riguccini? Oltre a essere un tifernate, è stato un uomo che aveva una convinzione per la quale ha sempre combattuto: la convinzione estetica. Non sono mancati gli ostacoli, anche da parte della cittadinanza. La sua era un’idea chiara: perseguire il bello, crearlo e far si che la bellezza dell’opera permanesse nel tempo.
Non esiste comunque parola o descrizione tanto pertinente da poter descrivere l’evento o l’opera di Aldo Riguccini. Il modo migliore per poter godere e, perché no, entrare in simbiosi con le opere e gli ideali dell’artista è venire al museo e vedere l’esposizione.
Per far questo c’è tempo fino al 29 giugno, la mostra è ad ingresso gratuito.

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