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AL VIA LE CELEBRAZIONI PER SANTA CHIARA DELLA CROCE. L'OMELIA INTEGRALE DI MONS. FONTANA

Redazione

AL VIA LE CELEBRAZIONI PER SANTA CHIARA DELLA CROCE. L'OMELIA INTEGRALE DI MONS. FONTANA

Mar, 10/06/2008 - 18:31

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Sono partite questo pomeriggio, con la celebrazione eucaristica presieduta dall'arcivescovo Riccardo Fontana, le celebrazioni in occasione del settecentesimo anno dalla morte di Santa Chiara della Croce.

Con la messa di oggi, presso la chiesa che custodisce il corpo della santa, Montefalco ha dato avvio ad un grande anno di festeggiamenti, di studi e di riflessioni sulla mistica dell'ordine agostiniano, vissuta tra il XIII e il XIV secolo (1268-1308). Il centenario si concluderà il 17 agosto 2009.

Con l'arcivescovo di Spoleto – Norcia c'era anche quello di Orvieto-Todi, mons. Giovanni Scanavino (agostiniano), il generale degli agostiniani, padre Robert Prevost, il provinciale d'Italia del medesimo ordine, padre Gianfranco Casagrande e numerosi sacerdoti diocesani. Presenti, oltre alla comunità monastica di Montefalco, erede del messaggio di Chiara, delegazioni di monache dei chiostri agostiniani dell'Umbria, una rappresentanza di religiose del monastero di Lecceto (Siena) e moltissimi fedeli. La data del 10 giugno per questo importante evento ecclesiale non è stata scelta casualmente. Nel 1290, proprio il 10 giugno, il vescovo Gerardus spoletanus concedeva la regola di S. Agostino a Chiara, a sua sorella Giovanna e alle altre giovani. In questo anno ‘clariano' teologi, professori universitari, storici e religiosi cercheranno di mettere in luce la figura di Chiara come donna innamorata del Signore. Si farà emergere la grandezza della santa nel suo messaggio spirituale: una lettura teologica di questa donna gioiosa, pasquale, mai contrita.Monsignor Fontana nella sua omelia ha definito l'avvio del settimo centenario della morte di S. Chiara della Croce un bivio. “E' certamente possibile, ha detto, riempirci di parole, di riti, di solennità. E' però ancora possibile per noi seguire la via di S. Chiara e di fare, nel nostro cuore, spazio alla croce di Gesù. Se non sapremo trovar rimedio alle sofferenze della gente del nostro tempo, non ci sarà per noi la benedizione di Dio. Cristo è ancora coronato di spine nei malati terminali che le case delle nostre famiglie non sono più capaci di accogliere. Quanta sofferenza nella solitudine dei vecchi, nelle paure degli adolescenti, nell'insicurezza di questa civiltà che ostenta potenza e mostra suo malgrado inaudita fragilità! Chiara, donna delle opere di misericordia, grande pacera dell'Umbria, ci aiuta a vedere nella gente del nostro tempo – nei suoi problemi, nelle sue difficoltà, nei suoi dubbi sulla fede e sulla vita – la passione di Cristo, che non è ancora terminata”. Per rispondere a queste esigenze e per dare concretezza al messaggio di S. Chiara a Montefalco nascerà un'opera di carità, per far sì che i poveri possano trovare risposte credibili, come Chiara fece per quelli del suo tempo. Torni questo monastero, ha detto mons. Fontana, e con esso tutta Montefalco, un centro della vita spirituale, un “castello interiore” della carità, in questa Regione dell'Umbria che ha la vocazione d'essere di riferimento ai molti, al milione di pellegrini in cerca di spirito, che ogni anno si avventurano per le nostre valli bellissime. La Chiesa sa ancora dire parole di verità: le renderà credibili solo con il Vangelo della carità. La Santa dal grande cuore, ci aiuti a ritrovare un po' d'amore, a umanizzare questa società, con la luce di Cristo e la speranza cristiana”.

Ecco il testo completo dell'omelia dell'arcivescovo Fontana.

Correva l'anno 1290 quando, proprio il giorno 10 di giugno, il vescovo mio predecessore, Gerardus spoletanus, concedeva la Regola del Santo Padre Agostino alle monache di questo monastero. Si avviò un percorso di santità, di cui il primo e altissimo fiore fu la nostra S. Chiara. La Chiesa spoletana nei secoli ha mantenuto viva la memoria della Santa di Montefalco, che ancor oggi invoca tra i suoi patroni. Con amore e ammirazione il vescovo di Spoleto Giovanni Maffeo Barberini, poi Papa Urbano VIII, costruì questo santuario. Papa Leone XIII lo riscattò con il suo patrimonio personale e canonizzò, tra i Santi, la prima grande agostiniana. Papa Giovanni Paolo II impreziosì il culto a Dio, per intercessione di S. Chiara della Croce, concedendo a questo luogo benedetto gli stessi favori spirituali che il suo antico predecessore, Onorio III, aveva destinato alla Porziuncola, per il perdono di Assisi.

1. Contemplare il modello della compagnia degli Apostoli

Chiara di Damiano e le sue sorelle, con senso di libertà e allegrezza grande, contemplano la vicenda di quelle donne di Gerusalemme che hanno visto Gesù risorto e provano a fare altrettanto, preferendo alla civiltà cortese e festosa del Medioevo umbro, una festa più grande: “Non se po salire, Segnore, se non chi è enflammato d'amore…bel gli è, bel gli è, bel gli è vita eterna!”. E' una esperienza davvero alternativa che da venti secoli si ripropone nella Chiesa del Signore, a quanti si fanno attenti alla Parola di Dio, con la volontà di far spazio al Signore dentro di noi, perché ci trasformi. La Grazia rende la Parola non solo efficace, ma creatrice. Riesce a fare di noi uno strumento della sua pace: costruttori del Regno. Con gli occhi rivolti alla prima originaria comunione di vita, ogni mattina, per chi ne fa esperienza, si rinnova la meraviglia. Il Vangelo è possibile a viversi; dà sapore e gusto all'esistenza di ogni persona. Pur tutti figli, ciascuno di noi è diverso; manifesta l'originalità di Dio, che mai si ripete. Ciascuno di noi è un capolavoro della Grazia. Ma Dio, che pur si interessa di ognuno, ha pensato agli uomini e alle donne della terra come ad un'unica famiglia, la sua famiglia.

Come ci insegna la Scrittura, nel cuore dell'uomo vi sono germi di tentazione: un pregiudizio orgoglioso tende a farci competere l'uno all'altro; l'illusione di risolvere con la forza le divergenze ci fa diventare violenti; abbacinati dai sensi, crediamo che sia felice l'uomo che soddisfa i propri istinti. Ci insegna il vescovo di Ippona: “che vuol dire: entrare nella tentazione, se non «uscire dalla fede»?”

Dio ci ha chiamato per nome, ci ha aggregati al suo popolo, ha affidato alla sua Chiesa d'essere lo strumento che riunisce il genere umano. Come insegna il Santo Padre Agostino, lo Spirito Santo è la nostra tenerezza reciproca. La Chiesa che annunzia il Vangelo dell'unità di tutto il genere umano è chiamata a dare il segno di come vivere in comunione di vita. Tocca a noi mostrare al mondo che è possibile costruire la “civiltà dell'amore”.

2. La “Regola” risponde al quesito come si costruisce una comunità d'amore

Il tempo della Chiesa è tempo di cammino. Vi è un progetto, c'è una meta. Occorre costruire il regno in mezzo a noi e, attraverso questa esperienza, avviarci verso la Gerusalemme del Cielo. Come compiere questo cammino, come dare consistenza a questo progetto d'amore? Secondo Agostino, due sono le credenziali dell'amore vero: la dedizione totale al Signore Iddio e la dedizione totale all'uomo. La Regola ci dice che, perfino la via della croce va ravvivata con la certezza della speranza. “Canta e cammina”, non sentirti un viandante senza meta. Cristo ha fatto sgorgare nel tuo cuore e nella tua storia una canzone nuova. Una canzone d'amore e di pace con Dio, con te stesso, con tutti gli uomini della terra: “il nuovo è nell'amore” . Ci affascina, dopo secoli, misurarci con la bellezza. La vita cristiana recupera l'armonia della creazione; la fraternità tra le persone, salva il mondo dall'orrore del peccato e dall'abisso del non senso: “il Signore vi conceda di osservare questa regola con amore, innamorate della bellezza interiore”. Una vita regolata rende più “facile a chi ha trovato per primo la verità condurvi gli altri senza fatica”. La proposta è fondata non su un volontarismo umano, su una costruzione fatta con le proprie forze, ma sul lasciarsi incantare dalla divina Grazia: “mira dentro di te la fonte da cui scaturisce l'amore del prossimo: ci vedrai, in quanto ti è possibile, Dio”.All'amore di Dio si arriva attraverso l'amore per il prossimo. Ci inchiniamo di fronte al progetto di Dio, che anche attraverso di noi vuole rinnovare il mondo. Abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”.Una Chiesa dove, sul modello degli Atti degli Apostoli, vi sia davvero “un cuor solo ed un'anima sola”: nella condivisione dei beni della terra e di quelli del Cielo, nella letizia, nell'umiltà, senza orgoglio. Nel secondo libro delle Cronache si racconta di come il cardo mandò a dire al cedro del Libano: “dai in moglie tua figlia a mio figlio. Ma una bestia selvatica del Libano passò di là e calpestò il cardo”. Il Santo Padre Agostino ci sconvolge: “l'avversione di Dio per i superbi è così forte, che gli piace di più l'umiltà nelle azioni cattive, che non la superbia nelle buone”. “Difendete ad ogni costo l'unanimità e la concordia e rendete reciprocamente in voi onore a Dio, del quale siete diventati dimora”, recita la Regola. Una preghiera articolata ci sostenga per la formazione del cuore, che è l'uomo interiore, dove l'altezza, la profondità, lo spessore si ottengono facendo risuonare la parola creatrice.

Di Chiara della Croce il popolo ancor oggi ricorda come, attraverso la penitenza, sia arrivata alla libertà; nella mortificazione della cenere abbia acquisito la sapienza dei Santi: nell'austerità, nella semplicità, nell'autonomia dalle cose. “Nel regno dei cieli, non si terrà conto delle tuniche indossate, ma farà da veste, a ciascuno, lo splendore della sua giustizia”. La santità della consacrazione ci farà temere di non piacere a Dio, come un dono all'amato, a lui restituendo ciò che abbiamo ricevuto: “tu sposi il Re, da Lui hai ricevuto la dote, da Lui sei stata abbellita, da Lui riscattata, da Lui risanata. Tutto ciò che in te fa piacere a Lui, da Lui l'hai avuto”. Una Chiesa ideale si incarna nella realtà, con l'impegno vicendevole ad aiutarci, per avanzare nel cammino di perfezione, “sempre amando le persone; è il vizio che va odiato”. La comunità cristiana deve imparare a lavorare per il bene comune, deve porre attenzione nei bisogni degli altri: il Santo Padre Agostino dice a quanti hanno responsabilità che “servano i fratelli con gioia”. Il perdono si combini con l'umiltà: l'obbedienza non faccia mai venir meno la stima e l'amore: “innamorati della bellezza interiore, emanate dalla santità della vostra convivenza il buon profumo di Gesù Cristo”, nella verifica continua di una sempre più radicale autenticità.

3. Cosa c'è nel cuore di S. Chiara

Scrive l'Apostolo Giacomo: “come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta”. Bérenge de Saint-Affrique avvia la sua testimonianza su Chiara da Montefalco proprio dalla fama che si era diffusa sui contenuti del cuore di Chiara: “io ajo Jesu Cristo mio crucifisso entro lo core mio”. Come è noto, appena morta, le monache di Montefalco chiesero di aprirne il petto e, strappatone il cuore, all'interno vi trovarono i segni della passione del Signore.

Questa Chiesa diocesana, ma anche l'Ordine di S. Agostino e le monache di questo monastero, sono chiamati a misurarsi ancora oggi con questa vicenda. Anzi, l'anno sette volte centenario che oggi apriamo è l'occasione propizia per chiederci se ancora noi sapremo trovare nel cuore di Chiara i segni della passione. L'Apostolo Paolo ci insegna che il Signore è ancora crocifisso nelle sofferenze dei suoi fratelli, nel peccato che sfigura la bellezza del mondo, nella indifferenza di molti verso chi è nella prova e nel dolore. Dal Medioevo ci giunge fortissima la provocazione a spaccare ancora una volta il cuore, per contemplare, come Santa Maria che “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. Abbiamo scelto di misurarci ancora una volta con l'esperienza agostiniana: “Dio non ti chiede le parole, ma il cuore. Dio cerca il cuore, scruta il cuore, nel tuo intimo ti è testimone”. Il cuore di Chiara evoca il nostro cuore, cioè il nostro uomo interiore o lo spessore della nostra fede: “vedo dove il corpo è prostrato, cerco dove vada volteggiando il cuore”. Siamo posti all'avvio di quest'anno di fronte ad un bivio. E' certamente possibile riempirci di parole, di riti, di solennità. Anche per noi c'è il rischio di diventare come quella gente che, “pur gridando con la voce, è muta col cuore”. Vi è però ancora possibile per noi di seguire la via di Chiara della Croce e di fare, nel nostro cuore, spazio alla croce di Gesù, pellegrino nel tempo, che torna a chiederci dove poter piantare l'albero della sua croce. Se nel cuore di questa Chiesa, all'inizio del terzo millennio, non sapremo far spazio e trovar rimedio alle sofferenze della gente del nostro tempo, non ci sarà per noi la benedizione di Dio. Cristo è ancora coronato di spine, nei malati terminali che le case delle nostre famiglie non sono più capaci di accogliere. La colonna della flagellazione è il diffondersi nel nostro territorio del cancro e dall'AIDS. La lancia trafigge ancora il costato di Cristo, ogni volta che i nostri giovani si allontanano dal Signore e le nostre famiglie si infrangono. Quanta sofferenza nella solitudine dei vecchi, nelle paure degli adolescenti, nell'insicurezza di questa civiltà che ostenta potenza e mostra suo malgrado inaudita fragilità! Chiara, donna delle opere di misericordia, grande pacera dell'Umbria, ci aiuta a vedere nella gente del nostro tempo – nei suoi problemi, nelle sue difficoltà, nei suoi dubbi sulla fede e sulla vita – la passione di Cristo, che non è ancora terminata. Mentre si alza la preghiera venga in nostro soccorso lo Spirito della carità e ci doni ancora tenerezza verso il popolo che guarda a questo monastero, per vedere se la Chiesa ha ancora un cuore. Io vi chiedo fratelli, sorelle e figli carissimi che questo anno che oggi avviamo, sette volte centenario del pio transito della “Beata Chiara”, sia innanzitutto tempo di conversione, per tornare, nella logica del Cantico, a quel “sigillo sul tuo cuore” che fa riconoscere nella nostra esperienza religiosa la presenza di Dio. Vi chiedo miei fratelli di seguire l'esempio di Chiara di Damiano, dando via del nostro per offrire ai poveri di oggi un segno significativo di carità. La Chiesa diocesana intende vendere qualcuno dei suoi beni per realizzare questo progetto. Invito tutti a fare altrettanto, perché i poveri che si affacciano non già alle grate del monastero, ma nel villaggio globale di questo mondo, reso minuscolo dal sistema informatico, possano trovare risposte credibili, come Chiara fece per i poveri del suo tempo. Torni questo monastero, e con esso tutta Montefalco, un centro della vita spirituale, un “castello interiore” della carità, in questa Regione dell'Umbria che ha la vocazione d'essere di riferimento ai molti, al milione di pellegrini in cerca di spirito, che ogni anno si avventurano per le nostre valli bellissime. La Chiesa sa ancora dire parole di verità: le renderà credibili solo con il Vangelo della carità. La Santa dal grande cuore, ci aiuti a ritrovare un po' d'amore, a umanizzare questa società, con la luce di Cristo e la speranza cristiana.


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