Carlo Vantaggioli
Diciamolo chiaro, non siamo grandi appassionati di Tribute o Reunion in campo musicale. Il motivo è quasi sempre legato alla memoria della musica “che fu”. Indelebile il suono originale o la successione delle note così come scritte in prima battuta, ma anche il sound o gli arrangiamenti fanno la loro parte in quello che è il bagaglio “sentimentale” dell’appassionato di musica o del critico. E poiché noi, come sempre teniamo a specificare, non ci reputiamo critici militanti, vogliamo parlare da appassionati del Tribute to Miles (Davis ovviamente), visto ieri sera a Umbria Jazz 11.
Dire che questo concerto era forse uno dei più attesi dagli amanti del Jazz, è cosa semplice o forse ingiusta per i grandi nomi in scaletta nei prossimi giorni. Ma su Tribute to Miles, l’attenzione era davvero alta. Era da un po’ che tre calibri del genere di Marcus Miller, Herbie Hancock e Wayne Shorter, tutti a vario genere parte di quella straordinaria avventura musicale che è stata la vita di Davis, non si ritrovavano insieme per suonare con lo spirito rivolto al guru, al mentore Miles. Insomma un bella cena apparecchiata al Santa Giuliana strapieno come non mai e certamente più della serata inaugurale con Caro Emerald. E tanto per non farsi mancare gli appetizer, ad aprire la serata c’era la brava Chihiro Yamanaka, succoso anticipo della scuola giapponese (che vedrà esibirsi questa sera la scatenata Hiromi) che in trio ha deliziato e scaldato il Santa Giuliana con una serie di standards rielaborati alla sua maniera. Tecnica invidiabile, e melodia sono due degli elementi che hanno attratto l’attenzione del pubblico soprattutto durante l’esecuzione di una Take Five, tutta giocata sul salto di registro e con richiami ad alcuni stilemi “brasilian” alla Eliane Elias.
Emozione invece ai primi giri di basso di Marcus Miller, al momento in cui è iniziata l’esibizione del “dream team” davisiano, a cui si sono aggiunti per la sezione ritmica il batterista Sean “the Rick” Rickman e il trombettista Sean Jones. A Jones toccava il non invidiabile compito di coniugare tra loro spirito e suono della ”buonanima” Miles. Ma Sean Jones è un professionista splendido e di grande tecnica, così che non è incorso nella poco consona emulazione del guru, suonando da par suo con autentico stile e brio.
Il gruppo si è riunito su progetto di Marcus Miller, un musicista passato attraverso diverse fasi, ma che ha sempre messo in ogni suo lavoro quell’imprinting alla Davis, che ne ha fatto il grande artista che è. E ieri sera è stato Miller a tenere in mano il concerto, aiutato dal sorprendente Rickman e dalle incursioni di Jones.
Su Hancock e Shorter, va fatta una premessa. La grande capacità tecnica e soprattutto l’esperienza dei due giganti del Jazz non può essere messa in discussione per un concerto. Tuttavia ieri sera i due sono sembrati un po’ appannati, poco divertiti persino. Hancock molto preso dalla tastiera elettronica con la quale ha giocato abbondantemente, meno interessato al classico Fazioli sul quale si è speso in qualche assolo che al di là della tecnica esecutiva, sul tema dell’improvvisazione doveva essere sostenuto continuamente dal vocione del basso di Miller. Shorter, invece appariva stanco e più di una volta, nel momento in cui si doveva lanciare nel suo solo, si fermava poco dopo alla ricerca dell’inserimento di Jones.
La premessa sopra è proprio funzionale a quanto ora raccontato. Herbie Hancock è quel vorticoso musicista che tiene in ballo la sua Cantaloup Island per ben più di 10 minuti di esecuzione, senza mai ripetersi per una sola nota, e questo solo lo scorso anno proprio ad Umbria Jazz.
Wayne Shorter, è il fraseggiatore impareggiabile dei Weather Report, quello delle lunghe tirate con il tenor saxphone su un album della memoria come Tale Spinnin’.
Questa maledetta memoria che ha fatto si che non si apprezzasse appieno la blanda esecuzione di ieri.
E per fortuna che c’era Marcus Miller che ha puntellato senza mai fermarsi un intero concerto durato circa due ore, dove il bassista ha sfoggiato la tecnica ma anche il feeling giusto per ricordare Davis.
Nel complesso una serata buona, ma decisamente non memorabile. Nous attendons Hiromi…
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(le foto sono di Stefano Dottori per Tuttoggi.info)