E’ partito dall’Umbria il progetto artistico “a quattro mani”, le opere che sconfiggono l’individualismo, dell’artista perugino Marco Tamburro, nato dalla collaborazione con tanti artisti internazionali, ha apre uno sguardo nuovo sull’arte e sulla società del terzo millennio.
E’ Palazzo della Penna a Perugia,a fare da cornice a una mostra innovativa in programma fino al 1 dicembre. Si chiama “A quattro mani”, ed è stata ideata e realizzata dall’artista perugino Marco Tamburro. Ma qui il protagonista non è solo l’autore: al centro di tutto ci sono le opere, realizzate ciascuna in collaborazione con un artista diverso, e nate dall’intreccio di visioni e stili apparentante lontani, che si fondono fino a diventare qualcosa in più rispetto all’espressione di una visione individuale. Tutto iniziato ieri la cerimonia di apertura, alla quale ha partecipato, oltre all’artista Marco Tamburro, anche il sindaco di Perugia Andrea Romizi.
Se si dice “a quattro mani”, infatti, la prima cosa che viene in mente è la musica: le composizioni pianistiche pensate per essere suonate da due musicisti, ma anche le storiche collaborazioni che hanno forgiato il sound leggendario degli anni ’70. Difficilmente, invece, si pensa all’arte figurativa, settore in cui l’arte resta legata al singolo artista che l’ha prodotta. Eppure c’è chi ha deciso di rivoluzionare questo modo di vedere le cose: proprio da qui, infatti, e dalla volontà di ripensare l’autorialità dell’opera d’arte, è partito il lavoro del pittore e scultore Marco Tamburro. Nato a Perugia e attivo dagli anni ’80, è un artista noto a livello internazionale, i cui lavori sono stati esposti accanto a quelli di Burri, Rambaldi e De Gregorio. Ma per questo progetto ha voluto mettere al centro qualcosa in più, collaborando con artisti come suo padre Antonio Tamburro, il cubano Ramirez G.G. Roberto, l’israeliano Eliza Lai, il giapponese Tanaka Riku, la spagnola Evita Andujar, lo statunitense Anton Perich della scuola americata post Andy Wharol, Alberto Parres, Salvo Ligama, Mario Sughi, Fabio Giampietro. Ogni opera, dunque, è il risultato di due visioni artistiche differenti che si misurano l’una con l’altra secondo una modalità creativa che mai prima d’ora era stata presentata al pubblico in forma istituzionale.
“Penso sia necessario – ha spiegato l’artista a margine del vernissage – superare l’individualismo e promuovere un confronto culturale e artistico. Riprendere un po’ quello che facevano i gruppi musicali e i cantanti e, perché no?, mettersi anche in discussione”. Una necessità che lui non avverte soltanto nel mondo dell’arte: “Oggi – ha proseguito – viviamo in un’epoca di confusione, con l’arte che sempre di più si trasforma in un business segnato da quotazioni altalenanti e da una poetica che spesso si rivela un bluff. È uno scenario che rispecchia molto il mondo in cui viviamo, dove i processi di globalizzazione sono stati seguiti da una radicalizzazione dell’individualismo e della chiusura, anche umana, verso ciò che è altro da noi. Ecco perché l’arte può indicare un percorso, mostrando l’arricchimento che scaturisce dal superamento della paura e dall’accettazione del confronto con qualcosa di diverso, stilisticamente e pure umanamente”.
Quella di Perugia è solo la prima tappa di un percorso più ampio: Tamburro, infatti, è al lavoro per portare questa mostra in tante altre città italiane, ma anche all’estero. L’obiettivo? Presentare questo approccio al maggior numero di persone possibile: “L’arte – ha concluso – non deve chiudersi nelle nicchie, ma deve poter arricchire chiunque le si avvicini”.