(Jacopo Brugalossi) – Identità unitaria e sentimento nazionale sono concetti ancora presenti nel dizionario emotivo degli italiani, per lo meno della maggior parte di essi. I festeggiamenti del 17 marzo in tutta la penisola ne sono stati un esempio lampante. Nonostante i tentativi di boicottaggio della politica più campanilista, il messaggio di patriottica speranza veicolato dalla festa dei 150 anni dell’Unità d’Italia ha fatto breccia nel cuore di tante persone. Tutte quelle che hanno appeso il tricolore fuori dalle finestre, tutte quelle che hanno allestito vetrine verdi, bianche e rosse nei propri esercizi commerciali, tutte quelle che hanno cantato l’Inno di Mameli davanti alla televisione, insegnandolo ai propri figli ancora troppo piccoli per pronunciare correttamente le parole. Tutte quelle, infine, che hanno voluto essere presenti ai festeggiamenti nelle piazze, inneggiando alla bandiera e a Garibaldi insieme alle proprie famiglie, sotto l’egida di una famiglia ancora più grande, l’Italia.
“C’è la crisi, non si possono tener chiusi uffici e industrie il 17 marzo” sono state le motivazioni avanzate dagli esponenti di quella fazione politica che del tricolore accetta solo il verde. “I costi dei festeggiamenti del 17 marzo sono uno spreco di denaro pubblico”, hanno aggiunto. Ma, come ha ricordato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano “Se l’Italia fosse rimasta divisa negli 8 stati che componevano il puzzle del territorio dello stivale prima del 1861, sarebbe stata spazzata via dalla storia”. Ed ecco che, 150 anni dopo quel fatidico 17 marzo, i cittadini italiani, scevri da ogni residuo campanilista, si sono stretti intorno al ricordo di coloro che combatterono a costo della propria vita per raggiungere il sogno più grande di tutti, quello di un’Italia unita.
Anche gli spoletini, nel loro piccolo, sono stati un esempio di spirito nazionale. L’appello lanciato qualche giorno fa dal sindaco Benedetti affinché il tricolore sventolasse fuori da ogni abitazione è stato accolto con entusiasmo da buona parte della cittadinanza. Impossibile non scorgere una predominanza di verde, bianco e rosso in città. Anche i commercianti hanno aggiunto del loro, componendo delle particolarissime vetrine tricolori con capi d’abbigliamento, oggettistica, dolci di pasticceria, libri. Non mancavano, inoltre, fotografie storiche del risorgimento e originalissimi ritratti di Garibaldi in stile pop art. Il tutto accompagnato dalle note dell’Inno di Mameli e de “La bandiera tricolore” (diffuse dagli altoparlanti posti lungo le vie del centro storico) e, in un altro caso, da incisioni originali di musiche degli anni 40, 50 e 60. L’ipotetico premio “trionfo tricolore” sarebbe andato senza dubbio a Via Minervio, dove si camminava tra due file di palloncini verdi, bianchi e rossi, con un “lenzuolo” tricolore a dominare dall’alto tutta la via.
Il cuore dei festeggiamenti, però, è stata Piazza Campello, dove è stata deposta una corona ai Caduti per la liberazione di Spoleto e dove la banda musicale “Città di Spoleto” ha eseguito le canzoni che hanno scandito i momenti salienti dell’unità nazionale. Insieme agli amministratori comunali e provinciali e alle autorità religiose, erano presenti centinaia di persone, di tutte le età, che non volevano perdere quest’occasione per “sentirsi italiani, come tutti i giorni. Ma forse oggi un po’ di più”.
