LA CULTURA PIENA. Quando FRATELLI D’ITALIA mi ha contattata per
correre con loro in questa tornata elettorale, mi sono presentata nella nuova sede del Partito adiacente al Conad con molte perplessità: non sono una politica, e non vengo dalla politica; non ho mai avuto tessere di partito; la precedente esperienza amministrativa ha sicuramente alimentato nelle persone, me compresa, un profondo senso di sfiducia e amarezza verso ogni futuro governo cittadino; non appartengo a club, a gruppi o ad ambienti ricchi di voti possibili.
Così mi sono chiesta, e ho chiesto loro, perchè proprio io e in che modo potessi apportare un valore aggiunto ad una squadra già così forte e ricca, con una presenza femminile del cinquanta per cento. Mi hanno risposto in maniera disarmante: “Non vogliamo chi ha tanti voti e basta, vogliamo te, per l’apporto che potrai dare a noi e alla Città in ambito culturale”.
Davanti a queste parole, non ho potuto che rimboccarmi le maniche, certa che non si ha il diritto di lamentarsi se prima non si è fatto tutto quello che si può in termini personali.
Così mi sono all’istante venute in mente le parole di Pier Paolo Pasolini, che
risuonano in me da molto tempo: “Il contadino che parla il suo dialetto è
padrone di tutta la sua realtà”. (Pier Paolo Pasolini, Dialetto e poesia popolare, 14 aprile 1951). Ecco, io credo che a partire da questa felice espressione, si possa sintetizzare perfettamente ciò che per me è la cultura, “LE RADICI DI UN POPOLO CHE DIVENGONO CONSAPEVOLEZZA SOVRANA”.
In quest’ottica, dunque, mi preme sottolineare che per Fratelli d’Italia, le periferie, tanto quanto il centro storico, non sono i mantra della campagna elettorale, che si inceppano ad urne chiuse, bensì i luoghi delle nostre radici, dentro i quali, e intorno ai quali, siamo tutti cresciuti, dove viviamo, lavoriamo e ci relazioniamo. Dunque non c’è pienezza di cultura dove ci sono caste elitarie – magari mascherate ad hoc dietro sigle ormai vuote di ogni contenuto – e il resto del popolo lasciato al suo destino a pochi chilometri dal centro (tanto è grande la nostra Spoleto).
E vorrei citare anche un altro artista, dopo Pasolini, a noi molto più vicino e caro: Gian Carlo Menotti. Egli scriveva, nel 1998 (anno peraltro in cui volle invitarmi ufficialmente al suo Festival): “Per me è sempre stato penoso sentirmi ai margini della società, e ho sentito il bisogno di convincere almeno una piccola comunità come Spoleto che l’artista è altrettanto utile e necessario quanto il medico, l’avvocato o l’ingegnere. Ci vuol pazienza per dimostrare ai concittadini che l’uomo civile vive d’arte senza neppure accorgersene”. (Gian Carlo Menotti, Spoleto Festival, 1998).
Quindi le periferie ci offriranno i luoghi della pienezza culturale di Spoleto, ove appositi centri, resi vivaci dagli Autori, spazieranno dalla performance teatrale a quella cinematografica, dalla danza alle arti figurative.
Cristina Bonucci.