Potrebbero fornire importati novità anche per ricerca medica le scoperte sulla necropoli di Villa Gramignano (Lugnano in Teverina) dove sono iniziati i nuovi scavi che andranno avanti per un mese. Lo ha reso noto stamattina il sindaco di Lugnano, Gianluca Filiberti, presentando alla stampa i risultati della campagna di scavi 2016 insieme al capogruppo di maggioranza, Alessandro Dimiziani, al direttore del Museo Civico di Lugnano, Sonia Trenta, al responsabile del cantiere e rappresentante della sovrintendenza dell’Umbria, Roberto Montagnetti, a David Nickel, della Stanford University e a Jamie Inwood, della Yale University che insieme all’Università dell’Arizona e con il coordinamento del professor David Soren, stanno eseguendo le indagini archeologiche.
Nella necropoli dei bambini, così conosciuta al mondo scientifico, l’equipe di Soren aveva scoperto la presenza di numerosi bambini morti a causa di un ceppo di malaria, il plasmodium falciparum che provocò numerosi decessi in poco tempo. “Quelle fatte a Poggio Gramignano sono scoperte eccezionali – ha detto Filiberti – che, in particolare per la malaria, potrebbero essere utilizzate in futuro anche in medicina. Ciò che gli archeologi stanno cercando è una maggiore e definitiva certezza su ciò che si è già trovato per un sito che potrebbe essere stato molto importante anche a livello storico.
La presenza di questa vasta area infestata da malaria potrebbe infatti aver costituito uno dei motivi principali che arrestarono l’avanza di Attila verso Roma. Sono naturalmente ancora teorie storico-scientifiche sulle quali si sta lavorando per cercare di approfondire tutti gli aspetti e trarne un quadro definitivo”.
La campagna di scavi 2016 ha proseguito il lavoro avviato sul sito tra la fine degli anni ‘80 e il 1992. I primi scavi portarono alla luce i principali ambienti abitativi di una villa di epoca romana riutilizzata come necropoli a partire dalla metà del V sec. d.C., da cui emersero i resti di 47 infanti morti probabilmente a causa di un’epidemia di malaria provocata proprio da plasmodium falciparum.
I nuovi scavi hanno indagato una sezione della necropoli scavata solo parzialmente durante le passate campagne, corrispondente ad una serie di ambienti. La ripresa delle indagini ha permesso di applicare le nuove tecniche d’avanguardia, basate sull’isolamento dell’emozoina, nelle analisi degli antichi resti osteologici rinvenuti, per individuare più facilmente le prove di malaria. Oltre ai materiali fittili e ceramici e ai resti delle strutture murarie crollate, gli strati scavati hanno restituito un’abbondante presenza di ossa animali. L’analisi preliminare su questi reperti mostra una popolazione animale composta in ampia misura da animali domestici, allevati per la carne, specialmente il maiale e il pollo, e individui giovani o quasi adulti. Sembra inoltre interessante la presenza di resti di cane fra cui risultano ossa di cucciolo, forse correlati in qualche modo alle sepolture rinvenute nei precedenti scavi archeologici.
Selvaggina e volatili selvatici, al contrario, sono presenti in maniera marginale e spesso eccezionale. Meno numeroso, invece, è risultato il rinvenimento di ossa umane. Tutti i resti umani rinvenuti erano elementi scheletrici isolati di individui non in situ. Nessuna sepoltura in situ è stata individuata. Le analisi antropologiche condotte in laboratorio su tali ossa hanno individuato diverse manifestazioni di patologia come ad esempio indicatori di consistente malnutrizione oltre a lesioni da porosi.
La campagna di scavi del 2017 continuerà sul progetto in itinere dallo scorso anno con la speranza di poter trovare sia ulteriori insediamenti relativi alla villa, sia per quanto riguarda la necropoli di bambini alla quale potrebbe aggiungersi quella degli adulti vista la terribile epidemia malarica che causò la morte dei piccoli. Inoltre nuovi progetti sono in cantiere sotto la supervisione del professor David Soren. Oltre agli scavi si sta preparando un’altro importante progetto che coinvolge anche finanziatori americani per la ristrutturazione della Chiesa di Sant’Andrea, di proprietà comunale, che ospiterà il museo archeologico.