Per la scuola pubblica, la qualità del sapere e il diritto allo studio effettivo per tutte e tutti, aderisco allo sciopero della Scuola indetto per domani 5 maggio dai sindacati unitariamente con l’adesione delle organizzazioni studentesche. Condivido le ragioni, le preoccupazioni e le proposte che hanno portato alla mobilitazione volta a modificare sostanzialmente il ddl su “La buona scuola” in discussione attualmente alla Camera dei Deputati.
Investire nella scuola, nell’istruzione pubblica per tutti e tutte è una misura fondamentale per costruire solide basi e ridare slancio allo sviluppo democratico, economico, sociale e culturale del nostro paese e per creare ben-essere. Questo dobbiamo fare come governo nazionale così come a livello regionale per ciò che ci compete.
La riforma della scuola da tanto attesa deve avere connotati chiari e adeguati ad affermare davvero il diritto allo studio fin dall’infanzia, al di là della estrazione sociale , in termini di accesso ai saperi e all’effettivo pieno sviluppo delle capacità di ognuno, all’acquisizione di quel sapere critico che permetta a ragazzi e ragazze di essere cittadini consapevoli nella contemporaneità, artefici della propria vita, in grado di inserirsi, di intraprendere e stare al passo in un mondo del lavoro in continuo mutamento, attori e attrici loro stessi di innovazione e creatività.
L’attuale disegno di legge governativo di riforma denominato “la buona scuola” non garantisce a pieno il perseguimento di questi obiettivi. Non si fa “una buona scuola” se si svuotano di poteri gli organi collegiali, se si accentra tutto nelle mani del Dirigente Scolastico, sovraccaricandone la funzione e riducendo la rassicurazione sulla didattica, sull’autonomia della stessa e sulla sua coerenza con i principi costituzionali. Non si fa “una buona scuola” senza la solidità e la preminenza della scuola pubblica, che richiede risorse finanziarie significative non solo per il funzionamento, ma in modo sostanziale per la progettualità interdisciplinare e nel rapporto con il contesto territoriale, socio-economico e culturale. Progettualità che non possono essere affidate solo all’eventuale intervento di sponsor privati, penalizzando le zone prive di tali risorse e gli indirizzi scolastici e i progetti utili alla formazione dei ragazzi ma non appetibilialtrimenti.
Non si fa “una buona scuola” se non si investe sulla valorizzazione del personale insegnante, andando oltre la formazione obbligatoria, riguardando ruoli e competenze. Non si fa “una buona scuola” se non si investe sul personale di assistenza tecnica, per far funzionare veramente i vari laboratori come parti integranti dei percorsi formativi e dell’alternanza scuola lavoro o progetti come la “scuola digitale”.
Non si fa “una buona scuola” senza investire sul personale ATA in termini anche di dotazione organica delle scuole, in grado di far funzionare le sedi e i servizi in modo efficiente e in sicurezza, garantendo le dislocazioni territoriali degli istituti scolastici e il rapporto tra scuola-territorio-comunità di riferimento.
Una “buona riforma” deve tenere al centro studenti e studentesse, la qualità della loro istruzione e della loro formazione. Deve coinvolgere e corresponsabilizzare nelle decisioni, rapide ed efficaci, tutte le componenti della scuola attraverso organi collegiali rappresentativi e deliberanti sul Piano dell’Offerta Formativa, sulla valutazione della qualità didattica e dei percorsi, esaltando in questo quadro l’autonomia. Deve attivare un rapporto con il territorio, sul piano culturale ed economico, per sostenere ed innovare istruzione e sviluppo. Deve investire prioritariamente sul diritto allo studio contrastando gli effetti su bambini e bambini della povertà economica e culturale dei contesti di provenienza, consentendo i percorsi di studi corrispondenti ai talenti e alle propensioni di ragazzi e ragazze e non in base alle possibilità economiche familiari. Deve investire sull’orientamento scolastico (secondo le linee nazionali già approvate ) e post scolastico, e su una vera alternanza scuola-lavoro preservando l’obbligo formativo fino a sedici anni senza fuorvianti utilizzi para-lavorativi.
Deve investire sul personale docente, sulla sua formazione e qualificazione, riconosciute e esercitabili, anche con una politica di immissioni che riconosca il lavoro precario fin qui svolto estendendole anche ai docenti di II fascia. Deve prevedere un organico funzionale appropriato che consenta di ridurre la dimensione delle classi, permetta di seguire i ragazzi e le ragazze anche rispetto a problematiche di disagio o di disabilità attestata, di modulare insegnamenti e percorsi integrati.
Deve investire sul personale tecnico e del personale ATA con immissioni e riconoscimenti di ruolo per assicurare il funzionamento di laboratori, dei servizi , delle sedi.
Alle Regioni, anche nell’ambito della riforma costituzionale incorso, vanno mantenuti e rafforzati il ruolo e la funzione rispetto all’autonomia nella definizione del Piano dell’offerta formativa e il dimensionamento scolastico, che permetta di mantenere un efficace rapporto tra scuola-territorio-comunità. L’esperienza della Regione Umbria ci permette di testimoniare l’utilità di un tale assetto e del suo rafforzamento, considerando la positività della concertazione tra le componenti scolastiche e gli enti locali, e la necessità di promuovere ancora di più progetti su vari indirizzi educativi, didattici e formativi, da sostenere e costruire insieme con le scuole e le sue componenti.
Il ddl n.2994 di riforma detto “La buona scuola”deve essere rivisto e reimpostato su vari aspetti, accanto ad innovazioni positive che in alcune parti contiene.
Ci vuole più coraggio per innovare e affrontare la sfida della ristrutturazione e del consolidamento della scuola pubblica e dell’universalità del diritto allo studio.
Foligno, 4 maggio 2015 f.to Rita Zampolini
Candidata al consiglio Regionale dell’Umbria nelle elezioni del 31 maggio 2015