Di Carlo Vantaggioli
Al Jarreau è vivo e lotta con noi. Jarreau ieri (11 luglio ndr.) al Santa Giuliana-Main Stage, ha fatto cantare e ballare una platea entusiasta per il ritorno a Perugia di un beniamino di Umbria Jazz. E ci perdonerà il lettore se in questo articolo si noterà anche un dialogo di natura personale con questo gigante della musica, un uomo di grande spessore, un musicista unico nel suo genere e soprattutto, la cosa ci conforta, di una longevità artistica assoluta. Conosciamo Jarreau da tantissimi anni e come tutti i suoi fans in giro per il mondo non c’è nota che lui abbia prodotta che non sia rimasta impressa nella nostra mente.
Il primo incontro, del tutto casuale, fu nel lontano 1980 ad Heidelberg, Germania, dove chi scrive seguiva un corso di lingua tedesca. Jarreau era da poco stato in concerto da qualche parte ed i negozi di dischi esponevano il suo primo album del 1975 dalla inconfondibile copertina verde, We got by, il disco che lo lanciò definitivamente al successo. Da allora non c’è stata incisione di Jarreau che ci sia sfuggita, una lunga storia di passione per un genere che nel tempo ha subito anche molti cambi di natura musicale. L’unica cosa rimasta intatta ed inconfondibile e la vocalità di questo artista, un “marchio” di fabbrica che lo ha accompagnato per quasi 50 anni di attività. Al Jarreau è stato molto male recentemente, e la malattia lo ha segnato nel fisico, ma non nella voce e nella mente. Ieri a UJ, l’uomo Jarreau si spostava lentamente per il palco ed aveva continuo bisogno di appoggio. L’eloquio, con quei caratteristici dialoghi che percorrono ogni suo concerto, era appena impastato. Ma proprio l’uomo, prima ancora che l’artista, ha vinto una battaglia decisiva, quella della mente, e si è messo nella condizione di poter far “suonare” la voce come ha sempre fatto. Certo qualche difficoltà si nota nelle note alte, ma chi conosce Jarreau sa che quello non è stato mai un cavallo di battaglia.
Ma è bastato l’attacco L is for Lover e di Mornin, per capire che non è cambiato molto di tutto il resto. C’è la passione, il mestiere, la forza d’animo ed anche un po’ l’amplificazione e una band rodata al millimetro che lo segue come un ombra sia con i cori che con la musica, come del resto è giusto che sia per un artista come Jarreau che viaggia verso le 72 primavere. A Perugia con lui doveva esserci a duettare anche Lucio Dalla. Questo era il progetto speciale ideato da UJ prima della prematura scomparsa del cantante italiano. E Jarreau ha cantato anche per Dalla ierisera. Un successo, applausi e tanti spettatori che intonavano i suoi pezzi, vere hit. Il concerto, per la cronaca, ha visto anche un bis con Roof Garden, tratto dal celeberrimo Breakin’n Away, tanto per far capire che a casa di jazzisti si usa cortesia. Che Dio ce lo conservi ancora Al Jarreau.
Ma UJ ieri sera riservava un altro grande ed atteso spettacolo, il concerto di Erykah Badu. Apertura con una dj-set che ha finito di scaldare la platea a suon di reggae e poi l’arrivo sul palco della Badu. Nel tempo l’artista è cambiata ma alcuni tratti inconfondibili rimangono, come la classica capigliatura voluminosa, un tempo vera e propria cofana con turbante. L’entrata in scena è molto applaudita perché la Badu sembra proprio somigliare a Audrey Hepburn- Holly Golightly in Colazione da Tiffany. Spolverino con mantellina, pettinatura uso chignon e movenze modaiole anni’60. Inconfondibile il tono della voce di questa cantante che nella sua carriera, iniziata nel 1997, ha anche trovato il tempo di vincere 4 Grammy. L’artista è definita la regina del “Neo-Soul”, anche se l’impronta del R&B è molto forte unitamente ad un certo gusto per le atmosfere jazzy. I suoi testi sono sempre molto impegnati, come lei stessa del resto, in tematiche sociali. Sezione ritmica poderosa e due giocattoloni elettronici (campionatori ndr. )a disposizione della Badu fanno si che con una padronanza indiscussa l’artista guidi tutta la sua esibizione come un classico direttore d’orchestra.
Nella scaletta molto richiamo al lavoro del 2000, Mama’s Gun, con riarrangiamenti che quasi trasformano il pezzo originale in qualcosa di nuovo, e comunque molto interessante. Stop and go continui della musica, com’è nello stile di questa cantante, fanno impazzire i più giovani del Santa Giuliana che urlano e ballano senza freno il loro gradimento. Fino al momento in cui la “divina” torna sulla terra e fa entrare sul palco due bambine, immaginiamo le figlie. La più piccola diventa per 2 minuti la protagonista del concerto avendo a disposizione il microfono dal quale canta una nota con discreta intonazione, ed il giocattolone elettronico della mamma sul quale picchia un paio di note che rimettono in marcia la band. In verità il gioco le deve essere piaciuto perché poi la piccolina non se ne voleva andare e mamma Badu è costretta a chiamare un gigantone dello staff che la prende in braccio e la fa uscire di scena. Siparietto edificante di come una mamma moderna a volte è costretta a portarsi le figlie sul lavoro, o mossa furbetta? Fatto sta che la show prosegue e la musica, bisogna ammetterlo, è adatta alla serata.
Tolto lo spolverino alla Tiffany, Erykah Badu, aumenta il ritmo della performance e in crescendo il concerto va a chiudere una giornata importante dell’edizione 2012 dedicata alle sonorità “sorelle” del Jazz. Ma da stasera si torna al classico: di scena Pat Metheny Unity Band. I più esperti dicono “da non perdere”.
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Video TO-Nicola Palumbo