L'eco della Pioggia" per raccontare la carità - Tuttoggi.info

L’eco della Pioggia” per raccontare la carità

Redazione

L’eco della Pioggia” per raccontare la carità

In un rinnovato Teatro San Carlo, l'ultimo lavoro dell'associazione ProTe[M]us
Dom, 26/04/2015 - 13:54

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Grande successo di pubblico al teatro San Carlo per la prima dello spettacolo “L’eco della pioggia”, realizzato da ProTe[M]us, progetto teatrale e musicale della Diocesi di Foligno, e in particolare dal maestro Michele Pelliccia e dal giovanissimo attore e regista Giacomo Nappini.

La prima è andata in scena venerdì 24 aprile, in occasione dell’inaugurazione del teatro San Carlo, dopo gli interventi di manutenzione funzionale al palcoscenico ed all’impianto illuminotecnico, voluti dalla Diocesi folignate e realizzati grazie al prezioso contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno. Presenti al taglio del nastro il vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi, il numero uno di palazzo Cattani, Alberto Cianetti, ed il vicesindaco della città della Quintana, Rita Barbetti. A seguire, come detto, lo spettacolo “L’Eco della pioggia”.

Sul palco 120 ragazzi tra attori, musicisti, cantanti, ballerini e giocolieri che hanno saputo trascinare ed emozionare il pubblico, non solo spettatore ma parte integrante della messa in scena. L’interazione creata dai giovani protagonisti dell’opera ne ha fatto l’attore in più di uno spettacolo che si è caratterizzato per le suggestive scenografie e l’utilizzo di luci molto particolari, completamente bianche. La tecnica utilizzata è stata quella del “total white”, grazie alla quale sono state creati veri e propri scenari, come la gabbia che ha visto imprigionati prima gli attori e poi gli stessi spettatori. A fare da sfondo alla vicenda, che vedeva protagonisti degli studenti, sono state le atmosfere degli anni Trenta a cui si sono andate ad affiancare con il passare dei minuti quelle di un futuro molto lontano. L’opera, infatti, è stata strutturata su due diversi livelli temporali, il cui passaggio è stato segnato dal verificarsi di un colpo di scena. Alla quiete ed alla tranquillità dei primi minuti si è infatti sostituito un clima di terrore, paura e pregiudizio instaurato da una preside e da insegnanti non proprio umani. Ed è proprio contro queste inquietanti figure che i giovani studenti hanno combattuto la loro battaglia, grazie anche alla presenza di una figura misteriosa che li ha spronati a conoscere la sofferenza e ad agire nel nome dell’amore, ristabilendo l’equilibrio iniziale della storia.

Un amore che, come l’acqua, simbolo dell’opera, è riuscita a rompere gli argini e a lavare via le ferite, concretizzando quel concetto di carità, su cui di fatto verteva l’intero spettacolo. “La carità – ha spiegato il regista – altro non è che il saper ascoltare il dolore dell’altro e cercare di intervenire, facendo qualcosa”. In scena, infatti, a far da padrone non sono state tanto le parole, quanto le azioni messe in campo dai protagonisti, azioni che hanno permesso loro di vincere una guerra in cui alle armi si sono sostituti puri gesti d’amore, segno che, come nelle migliori tradizioni, il bene non può che avere la meglio sul male.

Il tutto in novanta minuti di spettacolo, uno spettacolo dalla struttura circolare. Il finale dell’opera, infatti, è coinciso con l’inizio del primo dei tre atti della trilogia firmata Prote[M]us, dal titolo “Nei mesi di vento”, andato in scena nel 2013 e seguito l’anno successivo da “Sogno”. Tre messe in scena che hanno saputo indagare ed affrontare con grande maestria le tre virtù teologali. Dopo la fede e la speranza, “L’eco della pioggia”, infatti, ha voluto essere un omaggio alla carità.

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