Appello omicidio Polizzi, colpo di scena sulla pistola "bisnonno Valerio era un ufficiale" - Tuttoggi.info

Appello omicidio Polizzi, colpo di scena sulla pistola “bisnonno Valerio era un ufficiale”

Sara Minciaroni

Appello omicidio Polizzi, colpo di scena sulla pistola “bisnonno Valerio era un ufficiale”

Il procuratore Razzi trova conferme alla tesi accusatoria sull'arma che ha ucciso Alessandro e ferito Julia
Lun, 27/06/2016 - 15:46

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Per il sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Perugia Dario Razzi, le condanne formulate con la sentenza di primo grado contro Riccardo e Valerio Menenti sono da confermare. Così al termine di una lunga udienza, la seconda davanti alla Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Massei, la pubblica accusa ha formulato la sua richiesta, poi sostenuta anche dalle parti civili. Una giornata non priva di colpi di scena per il processo a carico di padre e figlio considerati esecutore materiale e mandante per l’omicidio di Alessandro Polizzi e per il tentato omicidio della fidanzata Julia Tosti, avvenuto la notte tra il 25 e il 26 marzo del 2013.

La pistola, spunta il bisnonno “veterano”. Se uno dei nodi cruciali del processo di primo grado è sempre stato quel possesso di una pistola antica, senza matricola, trovata sulla scena del delitto e secondo l’accusa portata da Riccardo Menenti. I più ricorderanno che Julia Tosti (super testimone del delitto scampata al massacro) nelle fasi del processo raccontò che più volte Valerio (suo ex fidanzato) le aveva parlato di una pistola antica di proprietà del nonno. La famiglia Menenti ha sempre smentito questa ricostruzione. Ma oggi il pg Razzi ha portato in aula una nuova prova. Secondo l’accusa il bisnonno di Valerio era un ufficiale dell’esercito e poteva essere in possesso di quel tipo di pistola. Ecco che allora tutta la ricostruzione accusatoria troverebbe un riscontro sull’arma, la stessa che Riccardo Menenti ha sostenuto di non aver portato nell’appartamento di via Ricci. La stessa che secondo l’uomo già condannato all’ergastolo in primo grado aveva Alessandro sul comodino. La stessa che gli uomini della squadra mobile di Marco Chiacchiera trovano sotto un mobiletto immersa nel sangue con sopra le tracce di Dna di Alessandro e di Menenti. La nuova pista (questo elemento non si era affacciato nel primo grado del processo) sarebbe partita da alcune foto antiche trovate nel casale di Todi nelle quali appunto si trovato il bisnonno ritratto in alta uniforme.

Riccardo parla in aula. Un silenzio di tomba in aula, quando al termine dell’intervento delle parti civili, dopo che gli avvocati Luca Maori e Donatella Donati avevano appena terminato la loro arringa parlando di come “se Riccardo avesse voluto veramente proteggere suo figlio avrebbe dovuto confessare il suo crimine e non cercare di nasconderlo”, Menenti senior chiede la parola per pronunciare frasi che già si erano udite in primo grado “ero uscito fuori di testa, quando ho visto che mio figlio era stato picchiato e ho pensato che potesse morire, per questo ho fatto quello che ho fatto, ma la pistola non l’ho portata io”. Stessa ricostruzione alla quale i giudici la prima volta non hanno creduto.

Si torna in aula domani, quando a parlare saranno le difese. Poi le repliche e la Corte dciderà se ritirarsi in camera di consiglio già il 29 oppure il 30. Questione di ore dunque ormai per la sentenza. 

La Corte d’assise d’appello di Perugia aveva infatti già rigettato la richiesta delle difese di Riccardo e Valerio Menenti che avevano puntato a una riapertura dell’istruttoria chiedendo nuove perizie. Le difese puntavano su una serie di richieste probatorie poi respinte: una superperizia per stabilire con certezza la distanza del colpo sparato, sulla balistica capace di escludere la premeditazione, la crudeltà e i futili motivi. Poi un’altra perizia sul portone della casa di via Ettore Ricci e la possibilità di risentire in aula Julia. Tutto rigettato.

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