di Sergio Grifoni (*)
Ritengo sia opportuno che l’ASE venga chiusa quanto prima. Non certo per i recenti avvisi di garanzia che, fino a prova contraria, non sono indicatori di colpevolezza ma di sola indagine e, quindi, senza emettere sentenze personali, occorrerà attendere il lavoro della magistratura.
Deve chiudere perché, così com’è, non ha più ragione di esistere. Già lo scorso anno sollevai il problema in Consiglio Comunale, senza ovviamente essere preso in considerazione, visto che la proposta veniva dai banchi dell’opposizione, a dimostrazione che conta non ciò che si dice, ma chi lo dice.
L’ASE fu costituita a suo tempo per due finalità ben precise: snellire le fasi operative del Comune e, cosa più importante, creare una società di puri servizi utile, non solo per Spoleto, ma per il territorio che spazia da Giano dell’Umbria a Norcia. Il Comune, nel tempo, ha perso tantissime competenze su mirati servizi, delegati per praticità ed economicità all’esterno. L’ASE non è mai riuscita, per l’evolversi del riordinamento istituzionale, a diventare il punto di riferimento operativo dei vari Comuni dei Comprensori vicini.
Allora chiedo: a che serve? Sarebbe più razionale e conveniente chiuderla e far assorbire dal Comune i pochi servizi rimasti (tra l’altro in gran parte gestiti in affidamento ), insieme ai dipendenti.
La responsabilità del coordinamento dovrebbe essere demandata all’ingegnere capo comunale e sfruttare così le sinergie proprie dell’ufficio tecnico, tra l’altro particolarmente affollato di personale. Oltre ad una maggiore visione d’insieme delle necessità territoriali, si risparmierebbe non poco! Non avremo più un Consiglio di Amministrazione da remunerare insieme al Collegio Sindacale; andremo ad economizzare sicuramente sulle varie gare di appalto (compresa l’IVA); semplificheremo di non poco le varie procedure burocratiche. Capisco che, così com’è, potrebbe essere un buon serbatoio per accontentare chi, grazie al proprio impegno in campagna elettorale, si è visto escluso da ogni “spartizione” istituzionale.
Però ritengo che non sia più il tempo dei giochi e giochini. Lo richiede il particolare momento di difficoltà economica; lo richiede il crescente fenomeno di disaffezione alla politica; lo richiede soprattutto il buon senso.
(*) Consigliere comunale Udc-Terzo Polo