Tira brutta aria a Palazzo Murena, sede del Rettorato dell’Università degli Studi di Perugia, e questa volta proprio non si sa a chi dare torto. Il risultato pare sarà comunque un taglio di 20 milioni di euro, con una riduzione del 17,5% dei finanziamenti statali a favore dell’università. All’origine la riforma Gelmini, alcune delle cui leggi verranno applicate per la prima volta quest’anno. Un provvedimento che andrebbe a premiare atenei come quelli di Chieti e Pescara, primo di una classifica uscita negli ultimi giorni sul quotidiano nazionale Il Sole 24 Ore e sul sito del Miur, in grado di intercettare maggiori fondi. Il regalo per questo 2015 fatto alle Università sarà inoltre tutto dedicato agli studenti, in particolare ai fuori corso: alla base di uno dei “punti organici” della riforma c’è infatti la distribuzione del 20% della quota del Fondo di Finanziamento Ordinario per ciascun ateneo. Va da sè che tanto sarà il denaro percepito nelle casse dell’università, ugualmente la sua possibilità di investire in ricerca e docenze.
Una testa un voto? Non più – Per calmierare la distribuzione dei fondi, però, ci penserà il numero degli iscritti: nel conteggio infatti, gli studenti frequentanti regolarmente varranno un punto, i non frequentanti o lavoratori la metà, quelli fuori corso zero. Dal Miur il calcolo farà riferimento ai docenti strutturati e a quelli a contratto, dunque precari. Bisogna poi aggiungere i costi per esperti linguistici e collaboratori, specialisti di alcuni corsi di laurea magistrale, numero di tutor. In sostanza saranno due le direttive per il calcolo dei fondi da destinare ai singoli atenei: la qualità della ricerca, definita anche “quota premiale”, e i costi base riferiti all’attività didattica e al numero di studenti, con relativa quota di laureati e voti, anche detti “costi standard”. Da un primo calcolo, effettuato sempre da Il Sole 24 Ore, vanno bene Torino e la Bicocca di Milano. Male Napoli, ma anche l’eccellente Alma Mater di Bologna e la Statale di Milano. Insomma quelli che in tanti hanno definito dei “comodi parcheggi” per studenti un pò svogliati. E nel calderone finisce anche Perugia, che ad oggi si ritrova con più di 15mila studenti in corso, ripartiti per il 15,4% per l’area medico-sanitaria, il 40,2% per l’area scientifico-tecnologica e il 44,4% per l’area umanistico-sociale. Colpisce poi l’ammontare della busta paga di un professore ordinario, pari a 118.882 mila euro all’anno, calcolato anche in base al costo standard di formazione per studente.
“Esami difficili” – Arriva immediata la replica del Rettore Franco Moriconi, che, dopo il tentativo di innovare e dare una spinta a un Ateneo un pò “seduto” vittima di una pesante emorragia di studenti, e dopo l’arrivo dei commissari dell’Anvur, si ritrova con un’altra patata bollente tra le mani: prima di tutto il Rettore tranquillizza che non ci saranno tagli ai servizi, e che piuttosto i tagli avvengono a fronte di “esami seri e difficili”, motivo dal quale scaturisce, a detta del Magnifico, un numero alto di fuori corso. E fa sapere di voler andare avanti, proseguendo con la ricerca per un Ateneo di eccellenza.
La replica – “Il taglio dei fondi all’Università degli studi di Perugia, conseguente all’applicazione dei nuovi criteri di riparto previsti dalla riforma Gelmini che porterà il trasferimento da 112,9 miliardi a 93,1, va colto anche come un’occasione per attualizzare e rendere più competitiva l’offerta formativa proposta dall’Ateneo”. A suggerirlo è la deputata di Scelta civica e segretario delle politiche dell’Unione Europea, Adriana Galgano commentando la notizia.
“Le risorse verranno attribuite non più facendo riferimento alla “spesa storica” ma piuttosto al “costo standard per studente in corso” – evidenzia la parlamentare – e, considerando che all’Università degli studi gli iscritti sono 15.756, si sostiene che sarebbero i ‘fuori corso’ a penalizzare l’ateneo, precipitato al 48° posto a livello nazionale quanto a sostegno statale. A questo proposito – aggiunge Galgano – sono d’accordo con quanto sostenuto dal rettore Moriconi rispetto alla necessità di non cedere alle cosiddette ‘promozioni facili’ per risolvere il problema, perché si andrebbe a minare la serietà che contraddistingue l’Università di Perugia”.
“Se però vogliamo davvero rilanciare l’Università degli studi, per attrarre risorse pubbliche e private, è sull’innovazione che dobbiamo puntare – suggerisce Galgano – servono nuovi corsi che possano diventare il fiore all’occhiello dell’offerta formativa e che siano incentrati su materie fortemente avanzate, come ad esempio, le nuove tecnologie, e rispondenti alle nuove competenze richieste per eccellere”.
“Corsi che – conclude la parlamentare – sono indispensabili per formare laureati capaci di progettare il futuro e di incidere positivamente sull’economia della nostra regione e del Paese ma che sono fondamentali anche per lo stesso Ateneo che potrebbe così diventare molto più attrattivo anche a livello internazionale”.
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