Il secolare Palazzo Leti Sansi, nel cuore del centro storico di Spoleto, tra via Arco di Druso e Piazza del Mercato, accoglierà un museo di particolare prestigio, dedicato all’esposizione di una corposa serie di armi d’epoca medioevale perfettamente conservate e visionabili in tutta la loro possente struttura. L’interessante iniziativa è organizzata dal manager della cultura Salvo Nugnes, presidente di “Spoleto Arte”. L’inaugurazione è prevista per sabato 29 agosto 2015 alle ore 18.30.
L’organizzatore Salvo Nugnes racconta in proposito: “Il campo delle armi è talmente vasto e multiforme che su di esse si è da sempre concentrata l’inventiva umana. Nell’evoluzione dell’uomo, l’arma ha rappresentato lo strumento per eccellenza; la necessità di difendersi e di cacciare trasformò lentamente l’ominide in un essere, che poteva afferrare oggetti, usarli per percuotere, scagliarli e che doveva procedere eretto per poter usare gli arti anteriori per questi movimenti. Nel corso de millenni si è gradualmente perfezionato e migliorato l’uso dei materiali di fabbricazione delle armi, che hanno acquistato un fascino tutto speciale, tanto da diventare spesso oggetto di preziose collezioni“.
E proseguendo sottolinea: “Le armi proposte all’interno di questa esposizione museale trovano la loro collocazione temporale nelle prime tre decadi del 1300. Lo scopo principale di questa mostra è quello di fare conoscere i vari tipi di armi manesche risalenti ai primi del 1300, la cui forgiatura era effettuata ad opera dell’esperta e abile manualità lavorativa degli artigiani fabbri locali. La loro opera spesso consisteva nella copiatura di armi del passato, che venivano, per così dire, rimodellate e le cui radici si potevano trovare nei comuni attrezzi da lavoro agricoli. Non esistevano delle produzioni di tipo seriale né in consistente tiratura, poiché non si era più nella fase epocale, come quella ad esempio dell’Impero Romano. I segreti di produzione degli acciai rimanevano gelosamente custoditi in ambito locale e non sono mai volutamente stati tramandati ai posteri, come in passato è accaduto anche per gli acciai di Damasco, considerati non replicabili e non riproducibili“.