di Giampaolo Emili e Francesco Corrias
“A volte ci sono dei silenzi assordanti, dei vuoti che si aprono davanti a noi con, verrebbe da dire, “inaudite” forza e potenza. Uno di questi silenzi è il vuoto lasciato dalla scomparsa di Gian Carlo Menotti il 1 febbraio di otto anni fa. Ossia, la scomparsa di colui che ha creato Spoleto nel mondo, perché se Spoleto c’era da secoli e continuerà ad esserci, non c’era però il suo alto valore simbolico di fucina delle arti e della musica, luogo privilegiato della creazione e dell’incontro del nostro tempo.
Se il Festival dei Due Mondi è un patrimonio dell’umanità e la memoria di tutte le esperienze realizzate è parte integrante della storia delle arti e del pensiero degli ultimi 56 anni, Gian Carlo Menotti ha dato in particolare a Spoleto un sogno. Ha dato alla città una possibilità formidabile, quella di essere unica e di rappresentare un faro per la cultura italiana e mondiale, rinnovando nel campo delle arti un fasto che era stato solo del lontano passato storico. Ha dato anche una ipotesi di presenza al mondo, da grande spirito visionario che era: talmente visionario da creare un sogno concreto, quello di una città che si muove intorno al suo festival e che a quello collabora con unità di intenti. Far sì che un artista si senta necessario ed anzi utile ad una società, promuovendone la crescita sia umana,morale che economica: questo era il sogno. E quel sogno è ancora nostro. Il sogno di una città che -sembra così assurdo non riconoscerlo- possa vivere unicamente delle sue risorse culturali e artistiche.
Il confronto con la situazione odierna è desolante. Oggi la commemorazione o il semplice ricordo sono assenti, oppure quando vi sono dànno il più delle volte l’impressione dell’improvvisato, del raffazzonato, del “qualunque cosa sia” dell’ultimo minuto. Persino negli ambienti che dovrebbero essere più debitori alla figura di Gian Carlo Menotti sembra di avvertire una certo imbarazzo e una chiusura che giudichiamo incomprensibili. Spesso nel silenzio cui questa città nel tempo ci abituro.
Ma Menotti ci ha lasciato eredità che va coltivata, cresciuta, curata.
Sta a noi decidere cosa farne. A volte le idee non sono così chiare e ci si dimentica di quel grande spirito che fu il Maestro. Noi di Anno Menottiano non lo dimentichiamo e lo indichiamo quale figura ideale e allo stesso tempo assolutamente reale di realizzazione della nostra città.”