Dopo 15 anni via al restauro del chiostro di San Paolo grazie al Pnrr, a servizio dell'istituto alberghiero. Ma ci vorrebbero altri 6 milioni
Dopo decenni di abbandono e incuria, la città di Spoleto e pronta a riappropriarsi del chiostro del complesso monastico di San Paolo inter vineas. Un primo passo verso l’auspicato completamento del recupero dell’ala adiacente alla bellissima chiesa romanica, la parte che manca dopo che una ventina di anni fa è stato ristrutturato il resto del complesso (che dopo l’unità d’Italia divenne “ricovero di mendicità”, casa di riposo e sede del reparto di neuropsichiatria dell’ospedale) per ospitarvi l‘istituto alberghiero “De Carolis”.
Stanno partendo in questi giorni infatti i lavori di restauro del chiostro di San Paolo, affidati dalla Provincia di Perugia ad un’azienda di Matera e progettati dalla ProRest di Spoleto. Un momento importantissimo per l’istituto alberghiero, come ha osservato la dirigente scolastica Roberta Galassi, ma anche per tutta la città. “Oggi celebriamo questo momento concreto, di avvio di ristrutturazione parziale di questi spazi, una giornata storica per l’intero territorio, perché il chiostro del San Paolo è un bene nostro, della nostra città” ha detto la dirigente, durante l’incontro di presentazione dell’avvio del cantiere. Un’occasione per ripercorrere la storia dell’antico complesso monastico, risalente al X secolo ed al centro di una donazione, nel 1002 dal vescovo Lupo (come attesta il più antico documento custodito nell’Archivio di Stato di Spoleto), alla badessa Berta delle monache benedettine di un terreno che potesse garantire l’autosostentamento dello stesso monastero di San Paolo inter vineas.
Diversi gli esperti che si sono avvicendati al microfono, con tanto di immagini storiche, per raccontare appunto la storia e l’importanza del complesso oggi gestito dalla Provincia di Perugia (come tutti gli istituto superiori cittadini) ed i dettagli architettonici del chiostro e degli “stecconi” intorno. Come la professoressa Emanuela Valentini Albanelli, che ha parlato di un’attesa lunga 15 anni, dopo che l’11 aprile 2007 per la prima volta ha suonato la campanella d’inizio delle lezioni in questo edificio. Ricordando anche l’impegno – nella sensibilizzazione al restauro di questa ala (che necessiterebbe di circa 6 milioni di euro fu stimato all’epoca) – della compianta professoressa Aurora Gasperini. Tra gli interventi anche quello della direttrice dell’Archivio di Stato di Perugia, Cinzia Rutili, e dell’architetto Bruno Gori della ProRest, che hanno magistralmente ripercorso la storia del monastero e del chiostro. A portare i saluti del Comune di Spoleto ci hanno pensato gli assessori Luigina Renzi e Giovanni Angelini Paroli.
Il dettaglio dell’intervento è stato invece illustrato dall’ingegner Andrea Moretti, dirigente dell’Area gestione e manutenzione edilizia della Provincia di Perugia, che ha portato i saluti della presidente Stefania Proietti e della consigliera delegata Erika Borghesi. “L’intervento di recupero del chiostro di San Paolo inter vineas – ha detto – è un intervento di 330mila euro, finanziati con il Pnrr. I lavori stati già consegnati e si prevede un completamento entro quest’anno”. L’ingegner Moretti ha ricordato anche gli altri interventi della Provincia per le scuole superiori di Spoleto sia relativi al Pnrr che agli interventi post di ricostruzione sisma 2016. Tra questi i lavori all’istituto d’arte (gli spazi della “Trinità”, quelli a San Domenico, la palestra), la ricostruzione del liceo scientifico in vicolo San Matteo, altri interventi nell’attuale sede dell’alberghiero e poi la demolizione e ricostruzione dell’Itcg “Spagna”.
La relazione più attesa della mattinata è stata quella del professor Bruno Toscano. Che per primo, negli anni ’50 – come ricordato da lui stesso – si occupò del complesso di San Paolo inter vineas. “Per me era una passione giovanile” ha osservato, con ironia anche sulla possibile chiusura di un cerchio con l’avvio ora del restauro del chiostro. Ha quindi raccontato come all’epoca il rosone della chiesa era “vuoto”, con gli elementi centrali conservati in pinacoteca: furono a quell’epoca allora rimessi insieme i pezzi per ricostruirlo, mentre durante i lavori nella chiesa, sempre negli anni ’50, furono rubate le 9 pale d’altare che c’erano all’interno, visto che il cantiere era incustodito. Da parte dell’illustre storico c’è stato anche spazio per una riflessione più in generale sulla città. Ha ricordato infatti che “quello di San Paolo è stato un caso fortunato, non è stato distrutto nulla, l’istituto alberghiero è stata la soluzione giusta”, facendo invece un confronto con altri beni che nel 1860 furono confiscati alla Chiesa dallo Stato, come San Simone, Sant’Antonio di Monteluco e anche San Salvatore. Citando invece quello del complesso di San Nicolò come un restauro esemplare. “La situazione – ha detto Bruno Toscano parlando della città da un punto di vista architettonico – non è male rispetto agli anni ’50, il problema è che ad essa non è corrisposto un progresso della città dal punto di vista sociale ed economico. Spoleto è sempre più evoluta ed ammirata dal punto di vista dell’aspetto, dal punto di vista del suo ruolo sociale ed economico c’è stato un abbassamento molto grave e continuo, che ha un riscontro anche nella dimensione della popolazione e soprattutto del centro storico. Siamo arrivati a 4mila residenti mentre il quartiere di San Nicolò ne ha 10mila, la città qual è allora oggi? Bisogna interrogarci su questo”.