Il Laboratorio di Scienze della Terra è un museo didattico scientifico creato dal Comune di Spoleto intorno alla Collezione Toni, realizzata dallo spoletino Francesco Toni tra il 1867 e il 1892. La Collezione è ricca di oltre 6000 reperti tra rocce, fossili, minerali, materiali archeologici e campioni biologici; tra questi ultimi si annovera una piccola collezione di pesci del lago Trasimeno e dei corsi d'acqua tra Spoleto e Trevi, dono a fine Ottocento di Giuseppe Frizzi, preside del Regio Istituto Tecnico Vittorio Emanuele di Perugia. In questa collezione, sono presenti alcuni campioni biologici di estremo pregio e unici nel loro genere che hanno destato l’interesse della dottoressa Livia Lucentini, del Laboratorio di Biodiversità Animale e Biotecnologie Naturalistiche dell’Università di Perugia.
Questo gruppo di ricerca ormai da molti anni svolge analisi genetiche mirate alla conservazione della Biodiversità, con particolare attenzione alla fauna regionale, e per questo le collezioni museali acquistano un valore unico ed inestimabile perché consentono di comparare il DNA dei campioni attuali con quelli del passato, fornendo dei dati altrimenti perduti ed irrecuperabili. La portata delle informazioni ricavabili dai materiali biologici museali è stata spesso sottovalutata, pensando che i reperti potessero fornire poche informazioni di scarsa utilità. In realtà, lo sviluppo delle tecniche biomolecolari consente di recuperare informazioni basilari per la ricostruzione delle relazioni filogenetiche fra specie e fra le popolazioni del passato e le attuali. Tali tecniche forniscono informazioni che sarebbero state impensabili fino a qualche decennio fa e consentono di documentare aspetti che potrebbero sembrare definitivamente perduti e non più recuperabili in un esemplare conservato.
Si deve immaginare – dice la dottoressa Lucentini – che l’analisi dei reperti museali sia come ottenere una “fotografia” del DNA presente nell’individuo nel momento in cui è stato fissato. Analizzare questo DNA consente, quindi, un confronto unico e preziosissimo fra l’assetto popolazionale attuale e quello del passato, che per molte specie corrisponde al periodo antecedente le azioni di ripopolamento massicce, operate a partire da materiale di origine incerta. Certo, la conservazione del DNA delle specie non ne previene la scomparsa, ma di certo può compensare la grande perdita di conoscenza che accompagna l’estinzione delle specie animali. Immaginiamo le enormi potenzialità di analizzare il DNA dei reperti…possiamo catalogarli, collocarli nella scala filogenetica, analizzare tutti quei frammenti di DNA che danno tante informazioni sulla specie, sull’individuo, sulle sue parentele, sulla sua provenienza,….. Pensate quante curiosità potrebbero essere soddisfatte confrontando il DNA dei campioni museali con quello degli esemplari attuali… Del resto, il DNA contiene gli elementi genetici essenziali e può fornire ai ricercatori informazioni uniche sulla biochimica, fisiologia, ecologia ed evoluzione delle specie.
È quindi chiaro come le collezioni naturalistiche abbiano un valore intrinseco inestimabile, basato non solo sulla loro portata evocativa, ma sulla reale possibilità di analizzare il DNA dei reperti museali rendendo il museo non solo come diceva Pomian alla fine degli anni ’80 “il luogo dove avviene la comunicazione fra il reale e l’invisibile”, ma un luogo unico di incontro fisico fra l’assetto genetico del passato e quello attuale dove i ricercatori possono confrontare dati altrimenti inavvicinabili fra loro e dove i visitatori possono soddisfare delle curiosità in chiave più “moderna” di quella derivante dalla sola osservazione del reperto. È così che un “archivio” zoologico, come quello conservato all’interno del Laboratorio di Scienze della Terra di Spoleto, diventa significativo: non limitandosi alla conservazione del bene, ma interessando livelli di conoscenza specifici, coadiuvando discipline scientifiche nel fornire risposte ai quesiti più disparati, …. o, semplicemente, insegnarci a capire cosa ci circonda… ed è per questo che questa collaborazione assume un’importanza particolare, soprattutto dopo il 2010, proclamato dall’ONU “Anno Mondiale della Biodiversità”, e non solo per valorizzare la Collezione del Conte Toni di Spoleto.