La Corte dei Conti dell’Umbria ha posto la parola fine – dopo anni – ad una vicenda riguardante premi “non dovuti” ai vigili urbani, che ha coinvolto un ex comandante della Polizia Municipale di Città di Castello.
Danno erariale complessivo da 45mila euro
La Procura regionale ha chiamato in giudizio il dirigente (allora facente funzioni), accusandolo di aver contribuito ad un danno erariale complessivo di 45mila euro, derivante – si legge in sentenza – “dall’erogazione indebita di premi di produttività per turni festivi e notturni a favore dei dipendenti del Corpo“, nel 2017/2018.
Nell’elenco degli “aventi diritto” ai premi anche il nome del comandante
Dopo la segnalazione all’autorità giudiziaria da parte del nuovo comandante nel 2022, la magistratura contabile – acquisite le buste paga degli agenti – ha contestato all’imputato di aver sottoscritto il piano di lavoro della Polizia municipale 2017 “senza essere competente a farlo, in quanto non ricopriva il ruolo di dirigente, indispensabile per valutare le performance dei dipendenti e delle assegnazioni dei relativi premi, includendo peraltro anche il proprio nominativo nell’elenco degli aventi diritto, ledendo così il principio di eterovalutazione che ispira l’intero sistema di misurazione delle prestazioni dei dipendenti pubblici”.
Maggiorazioni non dovute tra il 10 e 50% in più al mese
Ma l’elemento più rilevante sollevato dalla Corte dei Conti attiene alla “antigiuridicità sostanziale della condotta tenuta dal dirigente, il quale ha avallato una prassi illecita da tempo in uso all’ufficio di Polizia municipale tifernate, secondo cui venivano conteggiati e poi liquidati ai vigili urbani compensi fissi – e ‘a pioggia’ – di 30 euro per ogni turno domenicale o notturno, di 100 euro per i turni dei giorni festivi speciali (Natale, Capodanno e così via) e di 14/18 euro per i festivi infrasettimanali“. Tutte indennità incompatibili e in contrasto con il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (Ccnl), con maggiorazioni tra il 10 e il 50% in più al mese corrisposte agli operatori secondo la tipologia di turno.
In tal modo – sempre secondo la Procura – “è stato indebitamente utilizzato il fondo decentrato stanziato nel bilancio comunale, che avrebbe dovuto finanziare solo il personale impiegato in progetti, compiti e attività di miglioramento della performance organizzativa ed individuale, sulla base di meriti effettivamente dimostrati, misurati e valutati sul campo”.
La condanna con il rito abbreviato
Di fronte a tali accuse, l’ex comandante – che si è difeso dicendo di aver soltanto “attuato un meccanismo introdotto negli anni precedenti, che riteneva corretto” – ha proposto istanza di accesso al rito abbreviato, che consente la definizione del giudizio pagando una quota ridotta (in questo caso del 35%) del danno erariale contestato di oltre 45mila euro (circa 23mila euro a testa per lui ed un secondo funzionario indagato). La Corte ha accettato la richiesta, stabilendo il versamento di 8.000 euro a favore del Comune di Città di Castello. Il Collegio, accertato il pagamento, ha poi chiuso il procedimento concluso ma, oltre alla somma versata, ha condannato l’ex dirigente a rimborsare anche 243 euro di spese di giudizio.