Redditi, sanità, alfabetizzazione digitale: intervista al presidente dei pensionati Confesercenti del Ternano
Il potere di acquisto eroso da caro bollette e inflazione. Un sistema pensionistico che lascia una quota consistente degli anziani a rischio povertà. Una sanità non sempre adeguata, soprattutto nei tempi di erogazione. E una sempre maggiore digitalizzazione dei servizi che ne impedisce l’accesso a chi non ha una sufficiente conoscenza tecnologica. Questi i temi che Sergio Giardinieri, presidente della Fipac provinciale di Terni (la Federazione Italiana Pensionati Attività Commerciali, aderente a Confesercenti) affronta nel rappresentare la condizione degli anziani in Italia e in Umbria. Da un punto di osservazione, quello del territorio ternano, che vede un indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra over 65 e under 14) a quota 252, con punte anche superiori nell’Orvietano, in una regione che, con un indice pari a 217, supera di gran lunga la media nazionale (intorno a 183).
“Questo – è la premessa di Giardini – comporta delle problematiche. Tanto più se si considera che le stime indicano che nel 2050 l’indice di vecchia raggiungerà quota 300. Cioè ci saranno, in Italia, 300 anziani ogni 100 giovanissimi”.
Un trend del quale spesso si parla, ma di cui poi non si tiene conto nella programmazione di molte politiche, ad ogni livello…
“Proprio per questo a maggio il Cupla – il Comitato unitario dei pensionati lavoratori autonomi, che raccoglie 8 sigle dei pensionati dell’artigianato, del commercio e dell’agricoltura – ha presentato un documento nel quale si chiede innanzi tutto il rispetto della persona anziana. E poi, ricordiamo che la persona anziana è anche un utente-contribuente, con le sue potenzialità e difficoltà”.
Questa delicata fase economica rischia di mostrare soprattutto le criticità. Com’è la situazione in Umbria?
“In Umbria ci sono circa 133mila pensionati da lavori dipendente e 95mila autonomi. Questi ultimi ricevono mediamente un assegno inferiore agli 850 euro al mese. Ma c’è anche chi è sotto tale soglia, costretto a vivere con le pensioni minime, che con l’aumento sono arrivate a circa 540 euro. Tenga presente che in Italia viene considerato a rischio povertà chi non raggiunge il 60% del reddito medio, che è di circa 21.500 euro”.
C’è chi propone di portare le pensioni minime a mille euro.
“Mi sembra illusorio. L’Italia, con il suo pesantissimo debito pubblico, non ha quei 37 miliardi di euro annui in più che servirebbero per tale misura…”.
Voi cosa proponete in alternativa?
“Ad esempio, consentire di portare in detrazione l’intero stipendio che si paga a una badante. Sarebbe un modo per recuperare le tasse pagate sulla pensione. Certo, non tutti hanno assunto collaboratori. Ma sono tanti, tra coloro che hanno più di 75 anni e sono in difficoltà, magari perché soli”.
E per i pensionati con i redditi più bassi?
“La soluzione più logica e attuabile mi sembra quella che sia la Regione a venire incontro ai pensionati con i redditi più bassi, prevedendo una fascia di esenzione delle addizionali regionali. Come già fanno molti comuni. Attualmente, nella fascia più bassa, da 0 a 15mila euro, l’addizionale regionale è invece dell’1,23%. Perché la Regione non viene incontro a queste persone in un momento così difficile?”.
I soldi della Regione servono per assicurare un bilancio la cui voce di spesa, in gran parte, riguarda quella sanitaria. Una voce ancora più importante in una regione con una popolazione molto anziana.
“La sanità umbra, nell’ultimo bilancio, ha un saldo attivo di circa 200mila euro tra i servizi pubblici richiesti dagli umbri nelle altre regioni e quelli di coloro che si vengono invece a curare in Umbria. E questo dimostra, d’altra parte, che tutto sommato le cose funzionano…”.
Però?
“Però si può fare meglio, liberando risorse. Ad esempio sulla spesa per i farmaci, una voce molto consistente. Secondo il Rapporto OsMed, in Umbria il livello di costo dei farmaci oncologici è 19.54 a fronte di un incide nazionale di 17.41. La stessa cosa per i farmaci per i diabetici: da noi l’incide è 0.91 contro lo 0.84 della media nazionale. La spesa quindi può essere riequilibrata, agendo soprattutto a livello nazionale”.
Capitolo liste d’attesa.
“Questo è uno dei problemi più sentiti dalla popolazione, soprattutto quella anziana. Ma non sempre è solo un problema di chi governa…”.
Nel Ternano ritiene che sia garantito un adeguato accesso alle strutture socio-sanitarie?
“Rispetto agli ospedali, da tempo è in ballo il progetto dell’ospedale unico di Narni-Amelia. E poi quello per realizzare il nuovo ospedale a Terni. Intanto, bisogna vedere i piani operativi legati al Piano di razionalizzazione appena approvato dalla Giunta regionale e valutarne gli effetti sulla popolazione. Poi, c’è anche il progetto della nuova clinica privata. Onestamente, determinate strutture servono sul territorio. Semmai, occorre valutare i costi del servizio privato in convenzione con il pubblico. Il fatto che il pubblico debba pagare, per far curare un cittadino, più di quanto questo dovrebbe sborsare se ricorresse direttamente al privato non mi sembra corretto per la comunità”.
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E le Rsa?
“Nella speranza di non dover più assistere a fatti di cronaca, come purtroppo ne sono accaduti in tutta Italia, anche nel nostro territorio molte strutture si trovano in difficoltà per gli elevati costi energetici. Eppure sono estremamente importanti, anche per coloro che hanno malattie specifiche. A questo proposito, comunque, mi faccia ricordare un concetto: vivere in una struttura dovrebbe essere una scelta dell’anziano e non essere imposta dai figli”.
Durante la pandemia abbiamo visto l’importanza dei servizi attivabili da remoto. E comunque, molte banche e anche le pubbliche amministrazioni offrono servizi online. Gli anziani umbri riescono ad attivarli?
“Su questo versante siamo messi malissimo. Anche perché, in alcuni settori, come quello bancario che lei cita, i servizi digitali non sono un’alternativa ai tradizionali sportelli, che in molti comuni, specie i più piccoli, vengono chiusi. Addirittura si stanno riducendo anche i bancomat, perché vogliono che tutto si faccia per via telematica”.
Possibili soluzioni per evitare che questo escluda una fascia importante della popolazione anziana da questi servizi?
“Prevedere dei corsi di alfabetizzazione al digitale appositamente previsti per le persone anziane. E aumentare le strutture per aiutarli. Ma non affidandosi ai soli Caf e Patronati, che già fanno fatica ad assicurare i tradizionali servizi con le risorse che hanno. Parlo di strutture di cui si possa garantire un’adeguata apertura e copertura sul territorio. Infine, occorre semplificare le procedure: perché non usare il codice fiscale per accedere a tutti i servizi, anziché prevedere una password o un pin differente per ogni tipo di operazione?”.