Orvieto, scontro tra poteri all’ombra del Duomo. Un braccio di ferro, quello sulla conduzione dell’Opera del Duomo, culminato con le dimissioni dei cinque membri nominato dal Ministero dell’Interno.
Uno scontro di potere che troverebbe la sua ragione formale in una o più norme statutarie dell’Opera. La prima, che prevede che il vescovo nomini due membri sui sette del Consiglio e venga “sentito” sulle nomine prefettizie. La seconda, da alcuni considerata anacronistica ma ancora formalmente in vigore, che impone ai membri nominati il requisito della residenza a Orvieto o nei comuni del circondario. E, a quanto pare, due dei neo consiglieri laici avrebbero la residenza fuori Orvieto, uno a Terni ed uno a Roma.
Le scintille d’agosto all’ombra del Duomo
La polemica, in realtà, inizia in agosto quando i due membri “curiali” nominata in Consiglio prendono posizione contro le nomine laiche ministeriali. Perché, secondo i ben informati, non avrebbero rispettato gli accordi assunti con il precedente presule. In pratica i membri nominati dal Ministero non sarebbero stati quelli concordati con il precedente vescovo.
Fatto sta che i due membri nominati dalla Curia non partecipano al Consiglio e non votano la nomina del presidente.
Il presidente viene ugualmente nominato, con la riconferma dell’ex prefetto Bellesini. Ma le polemiche, pur sotterranee, non si placano.
Nel frattempo il Ministero dell’Interno, non si sa se e da chi sollecitato, non ratifica la nomina di Bellesini e ciò fa degenerare la situazione fino alle recenti dimissioni dei cinque membri laici.
Il requisito della residenza
Ma la situazione è piuttosto controversa, in quanto sia tra la componente ecclesiastica che tra la componente laica di gradimento del nuovo vescovo vi sarebbero componenti anch’essi privi del requisito della residenza.
Inoltre, a quanto pare, anche il precedente consiglio d’amministrazione aveva al proprio interno consiglieri non residenti ad Orvieto – o nel circondario – senza che ciò causasse le polemiche oggi in essere.
Il conflitto appare, ad oggi, sempre più aperto, poiché, all’evidenza, il dato formale appare più come un pretesto che un effettivo problema. Anche perché, evidenziano in molti, i due esterni nominati (ed oggi dimissionari) e non residenti ad Orvieto avevano curricula di particolare livello.
La riforma dell’Opera del Duomo
Su tutto incombe la procedura di riforma dell’Opera che, dall’attuale configurazione dovrebbe essere collocata nel Terzo Settore, con tutte le conseguenze che la legge impone in tal senso. Nonché con un formale e sostanziale adeguamento statutario che dovrebbe eliminare ogni ipotesi interpretativa.
I lavori per la Cattedrale
L’opera del Duomo è sorta alla fine del XIII secolo intorno alla Cattedrale in costruzione. Passando da una gestione vescovile (fino al 1295) a una «cogestione tra vescovo, capitolo e comune» (fino al 1421), a una gestione comunale (1421-1866), oggi l’Opera è una Fabbriceria.
Un organico preposto al funzionamento del cantiere risultava formalmente stabilito in un capitolo di un frammentario statuto del comune databile al 1315. Tale assetto, con alcune variazioni soprattutto in merito alla durata delle cariche, conservò a lungo la stessa fisionomia, confermata dallo statuto della Fabbrica redatto nel 1421. Dal testo si evince che gli ufficiali erano nominati dal Comune, precisamente dai conservatori della pace e da una rappresentanza di cittadini sempre scelti dalle magistrature comunali. L’organico era composto da quattro soprastanti, un camerario, un notaio del camerario, un dottiere (ufficiale deputato al controllo delle maestranze), un custode della cera, un venditore delle candele, un ‘temperatore’ dell’orologio, un banditore, avvocati e procuratori. La massima carica era costituita dai soprastanti, scelti a rappresentanza di ogni quartiere cittadino.
Nel 1553, con i Capitoli dell’offitio del Camerlengo della Fabbrica veniva introdotta la figura del cassiere, incaricato di custodire la cassa e di occuparsi dei registri contabili.
Il Regno d’Italia e il periodo fascista
L’assetto istituzionale rimase sostanzialmente immutato fino alla metà del XIX secolo. I principali cambiamenti si verificarono pochi anni dopo l’annessione di Orvieto al Regno d’Italia.
Nel 1929, con l’applicazione degli accordi Lateranensi, si avvia la trasformazione dell’Opera del Duomo in Fabbriceria, con la definitiva attribuzione all’ente delle competenze sull’amministrazione del patrimonio e sulla manutenzione della cattedrale “senza alcuna ingerenza nei servizi di culto”. Nel 1932 la vigilanza sull’amministrazione venne trasferita al Ministero dell’Interno.
Le ultime riforme istituzionali
Dal 1985 è classificata come Fabbriceria maggiore, ossia di chiesa cattedrale. Di conseguenza, l’organo di gestione è un Consiglio composto da sette membri in carica per tre anni: due nominati dall’ordinario diocesano e cinque dal ministro dell’Interno, sentito il parere del vescovo.
Da questa norma deriva che la maggioranza e il controllo dell’ente sono prerogativa laica del Ministero dell’Interno, dunque dello Stato. Dal 1987 l’Opera del Duomo di Orvieto gode del riconoscimento della personalità giuridica e civile con il presidente legale rappresentante. Dal 1987 l’Opera gode del riconoscimento della personalità giuridica e dal 1998 ha ottenuto la qualifica di onlus che, come è stato osservato, in base al d.lgs.460/97 può essere rivestita solo da soggetti giuridici privati.