Omicidio di Perugia, i Menenti rinviati a giudizio - Tuttoggi.info

Omicidio di Perugia, i Menenti rinviati a giudizio

Redazione

Omicidio di Perugia, i Menenti rinviati a giudizio

Lun, 03/02/2014 - 16:12

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Sara Minciaroni

Rinviati a giudizio. Alle 15.30 di lunedì 3 febbraio è arrivato il primo verdetto a carico di Riccardo e Valerio Menenti accusati di essere l'esecutore materiale ed il mandante dell'omicidio di Alessandro Polizzi. Dopo tre ore di camera di consiglio, il giudice per l'udienza preliminare Lidia Brutti, si è pronunciato rigettando anche la richiesta che per Valerio venisse revocata la misura cautelare del carcere. Niente domiciliari quindi per il giovane tatuatore che come il padre resterà dietro le sbarre in attesa del processo come richiesto dal pm Antonella Duchini. Secondo il magistrato titolare delle indagini infatti la richiesta andava rigettata ricorrendo il rischio di inquinamneto delle prove.

Il processo. La prima udienza è già stata fissata per il 15 maggio prossimo davanti alla Corte d'assise di Perugia. Il primo ad uscire dall'aula oggi è stato il fratello di Julia: “Rinviati a giudizio e restano in carcere”. Con queste poche parole ha manifestato il suo sollievo rispetto alla preoccupazione che il giudice potesse accogliere la richiesta della difesa di concedere a Valerio gli arresti domiciliari. Massimo Tosti, padre di Julia ha continuato: “Confidiamo nella giustizia. Ora aspettiamo il processo”. Ha invece preferito non parlare il padre di Alessandro che con la moglie si è avviato verso l'uscita dopo l'abbraccio con Julia.

Il dolore. “Adesso inizierà un lungo e doloroso processo – ha spiegato la ragazza superstite e testimone del massacro avvenuto la notte tra il 25 ed il 26 marzo scorso – Ho fede nei giudici ma so che sarà dura. Mi manca Alessandro e ogni volat che sento pronunciare il suo nome il dolore è immenso, ma sarò forte”. Gli imputati, Riccardo e Valerio Menenti, padre e figlio, 55 anni il primo e 27 il secondo, non presenti in aula, verranno avvisati della decisione del gup dai loro avvocati, Manuela Lupo e Giuseppe Tiraboschi.

Le impronte e i filmati. Ad indizi della colpevolezza di Riccardo Menenti ci sarebbero però elementi precisi: l’impronta di scarpa e almeno due filmati di telecamere. Per quanto riguarda le scarpe un’orma impressa sul sangue, fotografata dalla scientifica nell’appartamento di via Ettore Ricci, sarebbe compatibile con un tipo di scarpa particolare indossata dallo stesso Riccardo. Dalle telecamere invece è stato immortalato un furgone bianco simile a quello di proprietà di Riccardo Menenti. Il veicolo alle 3.19 ha percorso lo svincolo di Prepo in direzione Roma alle 3.22 è arrivato allo svincolo di Ponte San Giovanni e si è diretto verso Todi. E ancora nel furgone di Menenti la scientifica avrebbe trovato delle tracce di sangue. Forse della stessa vittima. Sulla Beretta calibro 9 modello 34 addirittura il dna della vittima e del suo carnefice si sarebbero mescolati. Gli esperti anche qui avrebbero trovato tracce sia di Alessandro Polizzi che di Riccardo Menenti. E a tradire l'artigiano originario di Roma potrebbe essere stata proprio quella ferita alla fronte che la polizia aveva già descritto e fotografato la mattina seguente il delitto e che era stata spiegata come un piccolo infortunio avvenuto durante i lavori di giardinaggio. Per non trascurare il fatto che agli esami seguenti l' omicidio Menenti padre era risultato positivo all'esame dello stub.

Le chiavi di via Ricci. Secondo le testimonianze, Valerio aveva avuto, e forse aveva ancora, le chiavi di casa di Julia. Almeno quelle del portone principale, quello che infatti non è stato forzato. Perché del portone dell’appartamento, quello buttato giù a calci, la serratura era stata cambiata dopo la fine della relazione. Inoltre sia Valerio che il padre, sempre secondo l'accusa, conoscevano bene l’appartamento. Anche Riccardo. Avrebbe più volte accompagnato il figlio.

La difesa. Hanno sempre negato ogni coinvolgimento padre e figlio , almeno fino a quando Riccardo ha chiesto di rilasciare nuove dichiarazioni dal carcere spiegando che la sua voleva essere soltanto una spedizione punitiva, una “lezione” contro quel ragazzo che aveva più volte mandato in ospedale suo figlio. Nel suo racconto la pistola non l'avrebbe portata lui, ma sarebbe stata estratta dalla vittima. Un altro punto cruciale dell'inchiesta su cui si basa l' elemento di premeditazione. Una versione alla quale però gli inquirenti non hanno mai sembrato dare credito. Valerio dal canto suo ha sempre dichiarato di non essere a conoscenza delle intenzioni del padre. Ma contro di lui lo ricordiamo c' è la testimonianza della commessa del compro oro che dichiarò di avergli sentito dire “La pagheranno, ma non ti preoccupare, tanto io sarò in ospedale”.

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