L’empatia che si crea, quella che aiuta la buona riuscita di una seduta, è da subito al massimo: il papà di Susan è un mio caro amico che viene con la figlia per un problema diagnosticato come colonna in iper-cifosi dorsale, nota come “gobba”. Tiene subito a precisare che la causa è sicuramente la separazione dalla moglie perché ha notato che Susan ha iniziato ad incurvarsi da quando sono cominciate le discussioni in casa.
La ragazza ha un bel viso, sorridente quando è in colloquio, ma appena la conversazione s’interrompe, il capo e le spalle si appoggiano al dorso curvo, il peso del corpo grava sui talloni sfiancando la volta plantare. L’idea è quella di un sacchetto di patate che si appoggia al muro. Il tutto rimanda alla rassegnazione del dispiacere, come se volesse poggiare le proprie difficoltà a un sostegno.
Leggo i referti delle radiografie e dei medici e chiedo al papà di non usare più i termini negativi che utilizziamo noi addetti ai lavori: “scoliosi, iper-cifosi, gobba”, non aiutano la soluzione, bensì aggravano il problema.
Quello che per gli specialisti è una diagnosi, per il ragazzo è spesso un’etichetta in negativo che si porterà dietro tutta la vita. Ancora oggi incontro persone che attribuiscono la causa del proprio mal di schiena alla scoliosi diagnosticata quando erano giovani. Ebbene lo stesso sintomo lo hanno numerose persone senza scoliosi o, addirittura, molte hanno una scoliosi ben più grave e non soffrono di mal di schiena.
La valutazione della qualità del movimento della colonna mira a comprendere se essa può muoversi anche in apertura, estendersi. Questo è il dato su cui si fonda il nostro lavoro con una ragazza di 13 anni: ripristinare prima possibile la fisiologia della colonna. Questo per lei èpossibile, riesce in molteplici modi, coordinandosi bene.
Di sicuro, il momento critico che una persona vive reca sempre con sé un messaggio, in parte già ben chiaro, in parte da scoprire: noi aspettiamo che questo avvenga, non tutte le risposte sono immediate, l’importante è accogliere anche le incertezze e il limite del sapere e del comprendere.
La nostra proposta è un percorso in cui la ragazza possa creare personali competenze di movimento che le permettano di affrontare la vita scegliendo “come” usare il proprio corpo.
Padre e figlia contribuiscono a rendere estremamente reale questa proposta di aiuto. Non è nulla di eccezionale, si tratta di rendere quotidiano il movimento corretto e ciò è raggiungibile quando ripetiamo i gesti in forma adeguata per un tempo idoneo.
Potrebbe esserci il rischio di rendere noioso il tutto, ma gli esercizi creati ad hoc sono oltre 250 e spaziano dal passare lo straccio al sollevare pesi, dal camminare all’essere seduti attivamente. E per essere sicuri che siano proposti in modalità e sequenze idonee abbiamo realizzato un apposito software che ne garantisce la miglior qualità.
Per saperne di più www.officinedelmovimento.it
Nel frattempo grazie Susan, grazie papà!
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