Una comunità sotto choc; il ritrovamento del neonato morto, abbandonato in una busta nei pressi di un supermercato, ha destato grande impressione nella città di Terni, non abituata a fatti di cronaca tanto cruenti come quelli che si sono registrati negli ultimi anni. In particolare, il giallo di ieri, ha lasciato un grande dolore e una ferita profonda nel tessuto sociale della città, sensibile ai valori umani dell’amore universale che la nascita di un bimbo nobilita, ogni volta.
Analisi dei reperti raccolti dalla Polizia Scientifica, visione dei filmati registrati dalle telecamere di sorveglianza, testimonianze raccolte in loco dagli agenti della Questura (in attesa dell’esame autoptico che rivelerà dettagli importanti sulle circostanze della morte), si indaga a tutto campo per cercare di ricostruire un giallo sul quale le forze dell’ordine stanno producendo il massimo sforzo per una rapida soluzione.
“Non sembra essere stato abbandonato da una madre” – queste le impressioni degli agenti intervenuti sul posto che, per primi, hanno visto il corpicino privo di vita nella busta, ancora avvolto da frammenti di placenta; circostanza che lascia supporre l’immediatezza dell’orribile gesto rispetto al parto. Si pensa che una madre non avrebbe mai abbandonato un figlio in quelle condizioni, ma, al momento, ogni pista rimane aperta, anche se tutto lascerebbe supporre a una storia drammatica nell’ambito della quale anche la mamma potrebbe essere una potenziale vittima.
Sul caso è intervenuta anche la capo ostetrica dell’ospedale “Santa Maria” di Terni, Maria Antonietta Bianco: “al di là di quanto emergerà dalle indagini in corso, coglie l’occasione per ricordare che la legge italiana garantisce il diritto della donna di partorire in anonimato, consentendo alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’ospedale dove è venuto alla luce (DPR 396/2000, art. 30, comma 2) affinché sia assicurata l’assistenza e la tutela giuridica sia della madre sia del bambino.
“Siamo naturalmente molto addolorati sia per la mamma, probabilmente lasciata sola nella disperazione, – commenta la dottoressa Bianco – sia per il neonato, che poteva salvarsi e vivere in una famiglia. Purtroppo ancora troppe donne non sanno che in ogni punto nascita italiano è possibile partorire in anonimato perché la legge tutela sia loro sia i propri figli. Rispetto alla nostra esperienza le donne che hanno fatto questa scelta sono pervenute al nostro ospedale talvolta seguite dai servizi sociali ed altre volte spontaneamente. L’ultimo caso lo abbiamo avuto nel 2016”.
In Italia oltre alla possibilità di lasciare i neonati eventualmente non nati in ospedale nelle culle termiche (in Umbria sono presenti all’ospedale di Città di Castello e al residence Chianelli presso l’ospedale di Perugia), la normativa vigente garantisce la tutela dell’anonimato della partoriente in ogni ospedale del territorio nazionale.
“In particolare – spiega la dottoressa Bianco – l’ultimo DPR 396/2000 Art. 20 comma 3 (dichiarazione di nascita) prevede che la mamma può non riconoscere il proprio figlio e lasciarlo in ospedale affinché siano assicurate l’assistenza e la tutela giuridica ad entrambi. La procedura che si attiva è la seguente: al momento della redazione dell’attestato di nascita l’ostetrica scrive ‘donna che non consente di essere nominata’ e si attivano tutte le procedure attraverso la direzione sanitaria che, a sua volta, segnalerà l’evento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni affinché si possa aprire il procedimento di adottabilità”. Al neonato viene così garantito il diritto di vivere, crescere ed essere educato, mentre il nome della madre resterà sempre segreto nel rispetto della sua volontà.