“Quanti sacrifici abbiano fatto gli operai della Minerva in quasi 40 anni della vita dell'azienda lo possono raccontare solo loro e chi, noi sicuramente, gli sono stati a fianco, almeno dal 1974, per difendere il loro diritto al lavoro. Eppure non sono serviti a niente, e a niente serviranno seppure, e lo speriamo vivamente, lo stabilimento meccanico di Santo Chiodo riuscirà a riaprire i battenti. Chi ha lavorato nella Minerva si è sacrificato quando si è trattato di trasferire lo stabilimento dalla Flaminia ( l'attuale sede della SSIT ) a Santo Chiodo. Si sono sacrificati quando in più di un'occasione si sono trovati di fronte al baratro della chiusura. Sono stati sacrificati quando perdendo, pezzo dopo pezzo, i loro diritti, si sono trovati per gran parte a dipendere contrattualmente da ditte appaltanti a condizioni precarie per tutti gli aspetti, durata del lavoro, salario, sicurezza. Tanto che molti ragazzi che sono entrati a lavorare alla Minerva, hanno scelto di andarsene. Ne conosco molti usciti dalla scuola in cui insegno, che mi hanno raccontato cose incredibili, di un lavoro molto pericoloso, di tredicesime negate dalle dittarelle da cui dipendevano, di umiliazioni pesanti e molto altro. Così c'è chi ha preferito tornarsene al sud da dove proveniva e chi si è cercato un altro lavoro, magari precario ma meno rischioso.
Se ci fosse un grafico dei diritti dei lavoratori, quello degli operai della Minerva darebbe luogo ad una linea continua in picchiata verso il basso. Perché? Perché tutto questo? Chi sono i responsabili? Ce ne sono tanti, come nomi, la storia è lunga almeno 40 anni. C'è un Sindacato che non c'è, c'è una FIOM qui da noi che meno FIOM non può essere, concertativi come pochi, sempre debole con i padroni da far paura; che ha tenuto sempre all'oscuro la città, secondo un modo di pensare che bene seppe illustrare il suo massimo esponente territoriale, quando in una riunione che metteva in agenda le problematiche della città, ebbe a rimproverare i presenti che avevano osato invadere il campo del lavoro, per lui terreno di iniziativa esclusivo del sindacato. Degli altri sindacati inutile dire essendo assolutamente in linea con se stessi, più vicini come sempre, agli interessi dell'azienda che a quelli dei lavoratori. C'è il Comune e i suoi Sindaci che hanno operato aiuti secondo logiche clientelari nel senso vero e romano del termine, fino ad appaltare il verde della città all'establischment dello stabilimento come fece la prima Giunta Brunini perseverando il fatto nel tempo. Ci sono infine i primi e veri responsabili di quello che accade oggi e di quello che hanno vissuto gli operai fino ad oggi, gli imprenditori, quelli che noi Comunisti chiamiamo secondo il punto di vista operai, padroni. Ne sono passati più di uno alla Minerva, tutti carichi di promesse e tutti hanno lasciato la stessa situazione, piani industriali fallimentari, investimenti zero o quasi, operai senza lavoro. Tutto secondo le “regole” del capitalismo italiano fatto di Imprenditori straccioni e cinici allo stesso tempo, di Amministrazioni locali complici e in affari con le aziende, di Sindacati concertativi e servili. C'è un'altra strada, la sola possibile per gli operai per conquistare e difendere il lavoro e i propri diritti, quella del sindacalismo di classe e dell'autonomia politica dei lavoratori. Fino a che la maggioranza degli operai non sceglierà questa strada e sarà conquistata dalle sirene di un sistema che vive sulle loro spalle, tragedie sociali come quella della Minerva continueranno ad esserci e nessuno avrà la forza di opporvisi.
Aurelio Fabiani Consigliere Comunale
Associazione Culturale Casa Rossa
Coordinamento per l'Unità dei Comunisti”