A Terni la cosiddetta “fase 2” è iniziata con almeno 15 giorni di anticipo a causa delle “forzature” messe in campo da Ast. A denunciarlo è la Fiom Cgil di Terni.
“Noi abbiamo preso atto – spiega il segretario generale Alessandro Rampiconi – così come le altre organizzazioni sindacali, del nullaosta del prefetto di Terni all’azienda. Tuttavia, abbiamo espresso forte preoccupazione e denunciato con nettezza il pericolo che stiamo correndo. Anche se, come auspichiamo – prosegue il segretario – non ci dovessero essere contagi all’interno del sito, questo pericolo non doveva comunque essere corso, perché i profitti di Thyssen devono venire molto dopo la salute dei lavoratori e dei cittadini”.
“Molte attività non garantiscono le distanze di sicurezza”
La Fiom ricorda comunque di essere riuscita insieme agli altri sindacati, anche attraverso gli scioperi, a contrastare la volontà aziendale di continuare la produzione a prescindere, garantendo 2 fondamentali settimane di fermo produttivo nel momento più critico dell’emergenza. “In un sito complesso come quello di viale Brin – prosegue Rampiconi – anche se si fa tanto per ridurre il rischio di contagio, questo può non bastare, perché sono molteplici le attività che non garantiscono le distanze di sicurezza e che sono già esposte a pericoli in una condizione di normalità, figuriamoci quando al rischio di farsi male si somma quello di contagiarsi”.
Aumentato anche il traffico
“Come spesso ci capita – prosegue il segretario Fiom – siamo rimasti soli come sindacato ad evidenziare queste criticità: le istituzioni locali e regionali non hanno infatti preso posizione, nonostante le evidenti ripercussioni che le scelte di Ast possono determinare anche al di fuori dei cancelli, nel rapporto fabbrica-città. Tutte le evidenze scientifiche – continua Rampiconi – ci dicono che il COVID-19 si combatte fermando la mobilità, ma a Terni la mobilità è determinata in larga parte da Ast, basti guardare il traffico che si è ricreato con la riapertura della fabbrica”.
Problematica la chiusura delle docce
Quello che la Fiom chiede in questa “fase 2”, forzatamente anticipata è che almeno si rispetti la dignità di chi lavora. “In questi giorni e probabilmente nei prossimi mesi i lavoratori saranno costretti ad enormi sacrifici – afferma ancora Rampiconi – Se si può sopportare ancora per un po’ la chiusura della mensa, risulta problematica quella delle docce, che per alcuni lavoratori, sia diretti che in appalto, sono essenziali”.
Il rischio, per la Fiom, è che siano solo i lavoratori con questi sacrifici a pagare la volontà di produrre a tutti i costi: “In questa situazione – conclude Rampiconi – nonostante la contrazione dei processi democratici determinati dall’impossibilita di fare assemblee nei luoghi di lavoro, noi siamo e saremo in campo per rappresentare i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici con i mezzi classici che abbiamo: la contrattazione e la mobilitazione”.