Una fine poco onorevole per il prestito sociale d’onore. Lo strumento istituito nel 2007 avrebbe dovuto “agevolare l’accesso al microcredito (nella forma del prestito sociale d’onore) dei cittadini umbri che versano in situazioni di temporanea difficoltà economica, contingenti o legate a momenti di criticità del ciclo di vita familiare”. Ma le cose sono andate diversamente.
Cos’è e come funziona
Non si tratta di un contributo a fondo perduto ma di un vero e proprio prestito, senza interessi, “che deve essere restituito secondo un piano definito con l’istituto di credito convenzionato e, comunque, entro il termine massimo stabilito dalla legge”. La relazione elaborata dalla giunta regionale sul funzionamento del prestito sociale d’onore specifica che esistono contorni ben definiti per l’erogazione del prestito “quali, per esempio, l’importo massimo del prestito, il termine massimo per la restituzione, il limite minimo e massimo dell’Isee necessario per accedere all’intervento” e che “la gestione amministrativa e contabile del fondo è in capo a Gepafin spa sulla base di una apposita convenzione con la Regione ed è effettuata secondo un criterio di separazione tra l’importo per l’abbattimento totale degli interessi derivanti dall’erogazione di prestiti e l’importo a garanzia dei prestiti sociali erogati. I prestiti sociali d’onore sono erogati da istituti di credito convenzionati con Gepafin spa”.
Quindi, la Regione individua le risorse che poi vengono gestite da Gepafin per abbattere gli interessi dei prestiti erogati e come garanzia degli stessi. I bandi vengono invece gestiti dai Comuni capofila delle zone sociali. Per cui: “Il cittadino presenta la domanda per accedere al prestito sociale agli uffici della cittadinanza del Comune di residenza ed i competenti uffici comunali verificano il possesso dei requisiti, mentre alla Gepafin spettano la stesura della graduatoria mensile, tenendo conto delle priorità di punteggio, la gestione amministrativa e contabile del Fondo e l’attivazione dei rapporti convenzionali con gli Istituti di credito. A questi ultimi compete la erogazione del prestito e la definizione del piano di rientro”.
I risultati
Il primo bando risale al 2011, quando già emergono alcune criticità, soprattutto connesse alla “effettiva erogazione del prestito da parte degli istituti di credito convenzionati rispetto alle domande ammissibili in base ai requisiti di legge, per mancanza di affidabilità circa la ragionevole capacità di rimborso del prestito da parte del soggetto ammesso al beneficio, la cui ultima valutazione rimane agli istituti bancari (gli unici, fra l’altro, che possono accedere ai dati per effettuare la effettiva valutazione di tale capacità)”.
Il campanello d’allarme fa correre ai ripari la Regione che, dunque, introduce una forma di garanzia, destinando parte del fondo proprio a questo scopo. Il correttivo serve però a poco: “I problemi evidenziatisi prima della modifica sono, in parte, rimasti anche con l’inserimento della garanzia – spiega la relazione di Palazzo Donini – in quanto, proprio perché l’intervento consiste in un ‘prestito’ la garanzia non è pari al 100% del prestito”. D’altra parte, “è evidente che una garanzia totale snaturerebbe l’intervento determinando ‘irresponsabilità’ da parte dei beneficiari dello stesso”.
Quindi, il bilancio dice che i prestiti effettivamente erogati sono stati 209 a fronte di uno stanziamento complessivo della Regione di 480.000 euro. Di questi, circa 76.000 euro sono stati utilizzati per l’abbattimento degli interessi, mentre le garanzie complessive ammontano a 31.250 euro a fronte di finanziamenti bancari per 62.500 euro.
L’analisi
“Le difficoltà operative riassunte – dice Palazzo Donini – hanno determinato prima una diminuzione e poi un non rifinanziamento del fondo per il prestito sociale d’onore. La emanazione di un nuovo avviso per l’utilizzo delle risorse tutt’ora disponibili (oltre 293.000 euro, ndr) rende necessaria una revisione della misura con l’introduzione di correttivi volti ad evitare il crearsi di situazioni in cui la concessione del prestito viene negata nella fase finale da parte degli istituti bancari. Questi ultimi, essendo gli unici in condizione di accedere ai dati utili a valutare la effettiva capacità di restituzione (affidabilità) nella maggior parte dei casi hanno negato la concessione del prestito, benché, fra l’altro, con un atto amministrativo formale (approvazione della graduatoria ad esito dell’avviso) nel soggetto fosse insorta una legittima aspettativa ad ottenerlo”.