Un principe Etrusco sepolto con i suoi familiari? Nell’ipogeo recentemente scoperto a Città della Pieve uno dei sarcofagi riporta un’incisione sulla quale si concentrerà il lavoro degli studiosi.
Ad un primo esame sembra che tra le parole scritte con grafia destrorsa ci sia “Laris”, un nome proprio, quello del defunto probabilmente, che l’antico popolo soleva riportare sulle sculture funerarie insieme alla descrizione della provenienza, del periodo di vita o della morte e al patronimico. Una sorta di necrologio ante litteram, uno degli strumenti più preziosi per comprendere a distanza di almeno duemila e duecento anni a chi sia stato destinato l’ipogeo di San Donnino Fondovalle.
La camera del corredo funebre. L’apertura che si è formata da una frana del terreno è a circa 270 metri di altitudine, ma questo non è un particolare dirimente, piuttosto si cerca il dròmos, il vero accesso alla tomba che di solito veniva orientato verso est e che consiste in un corridoio di accesso alla tomba che porta alla camera dove sono conservati i sarcofagi e le urne e che che di solito porta accesso anche al luogo dove veniva alloggiato il corredo funebre, che almeno per ora non è stato trovato nella tomba di “Laris”.
C’è stata profanazione? Uno dei punti da approfondire è se l’ipogeo sia stato o meno profanato e in che epoca questo sia avvenuto. Non è raro infatti che tombe simili a queste siano stato oggetto di “visita”. Del resto sembrerebbe che tra il coperchio e la base delle urne filtri della luce, ma se pure è valida questa teoria d’altro canto la parte franata all’interno della camera potrebbe nascondere ancora qualche sorpresa agli occhi degli archeologi.
Le prossime fasi. Da questa mattina tecnici del Comune e volontari supervisionati dagli archeologi della Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Umbria metteranno in sicurezza la tomba e i sarcofagi (due larghi 62 cm e lunghi circa due metri sono appoggiati alle parete e non hanno coperchi con rappresentate figure umane, in queste strutture i corpi dei defunti venivano inumati) e le urne misurano rispettivamente 48×78 e 92×52 (dove venivano conservate le ceneri dei defunti che venivano cremati). Sarà necessario scavare per fare uscire le opere, ma si potrà farlo solo dopo aver appurato che si tratti di una tomba isolata, non facente parte di un gruppo e che quindi non ce ne siano altre collegate.
Uno stato di conservazione perfetto della tomba che contiene due sarcofagi e due statue raffiguranti due uomini, probabilmente intenti in una scena di banchetto. La rappresentazione del banchetto è uno dei temi più frequenti nella documentazione figurativa Etrusca. Lo schema tipico del banchettante prevede una figura semisdraita sul letto conviviale (kline), con il gomito sinistro appoggiato a uno o più cuscini. Entrambi offrono dalla mano destra una “patera” (il piatto per le offerte agli Dei). La pregiatezza del marmo con cui le opere sono state realizzate è uno degli aspetti che spinge gli esperti a ritenere che si si trovi difronte ad un rinvenimento di grande rilievo storico.
“Ritrovamento di interesse culturale archeologico. E’ assolutamente vietato l’accesso ai non autorizzati”. Recita così il cartello affisso dall’amministrazione nella zona coinvolta dal ritrovamento. Perché se le ipotesi fin qui fatte fossero confermate, non solo saremmo al più rilevante ritrovamento etrusco effettuato in zona, ma potrebbe anche essere solo una parte di quanto nascosto sotto terra. Il Comune di Città della Pieve ha mostrato subito grande sensibilità, mobilitando immediatamente chi di competenza e provvedendo alla messa in sicurezza dell’area grazie all’intervento della polizia municipale del comandante Giuseppe Padricelli e della compagnia dei carabinieri di Città della Pieve che ha piantonato l’area anche nella notte. Il foro che aprendosi ha dischiuso il “tesoro” è stato coperto al fine di evitare che la pioggia potesse danneggiare i reperti.
Massima attenzione allo scavo. Sul posto del ritrovamento, da lunedì presidiato giorno e notte dai carabinieri, ieri mattina per il sopralluogo sono arrivati gli archeologi della Soprintendenza, il sindaco di Città della Pieve Fausto Scricciolo e l’assessore alla cultura Carmine Pugliese, la polizia municipale, i carabinieri del nucleo operativo e della locale stazione, i tecnici del Comune. L’intenzione sembra essere quella di procedere al più presto alla messa in sicurezza della tomba e dei reperti. “Speriamo fin da ora – spiega il sindaco – che queste bellezze restino a Città della Pieve e siano al più presto offerte agli occhi del pubblico”.