Le foto del volto erano vere, prese dai suoi profili social. Solo che poi venivano utilizzate per creare profili fake ed addirittura finta iscrizioni su siti di incontri.
Quando la ragazza, una 28enne barista perugina, è riuscita a risalire all’uomo che le aveva rubato l’identità digitali gli ha scritto, intimandogli di smetterla e di cancellare il tutto. Ma la risposta è stata ancora peggiore: l’uomo, sfruttando programmi di Intelligenza Artificiale, ha utilizzato le foto del suo volto per creare fotomontaggi (legandole a corpi nudi presi da altre immagini pescate sul web) creando deepfake che poi sono finite anche su siti hard.
La ragazza ha presentato nel tempo quattro denunce alla polizia postale. E si è affidata all’avvocato Alfredo Maccarone, che ha raccontato la vicenda alla Trg dell’Umbria, con l’obiettivo non soltanto di consentire alla sua assistita di ottenere giustizia e con essa di ritrovare serenità, ma anche che si accendano i riflettori su un fenomeno sempre più preoccupante. Perché postare proprie foto, normalissime, sui profili social può trasformarsi in un incubo. Dal quale, alla luce delle normative e delle procedure nazionali e internazionali, spesso è lungo e difficile uscire. E gli aguzzini senza scrupoli possono essere ex compagni (come nei casi di revenge porn, reato sempre più frequente anche tra i giovanissimi), sconosciuti che usano questi mezzi per ricatti o comunque per averne un vantaggio economico, ma anche insospettabili mariti o familiari, come nel caso dei gruppi social emerso negli ultimi giorni su cui stanno proseguendo le indagini.