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Inquinamento urbano in Umbria. La ricetta di Legambiente

Redazione

Inquinamento urbano in Umbria. La ricetta di Legambiente

Gio, 26/01/2012 - 11:23

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Lettera di Legambiente Umbria

Sull'inquinamento dell'aria delle città umbre si sa molto. Addirittura su Terni e la Conca ternano-narnese esistono dati (ed anche indagini epidemiologiche che studiano gli effetti dell’inquinamento sulla salute dei cittadini) che fotografano lo stato e l’evoluzione dell’inquinamento, indicando, con buona approssimazione, le principali fonti, la misura e la caratteristica di tali inquinamenti: i camini delle fabbriche, i camini delle case, gli scarichi delle automobili. Ma nel resto della regione la rete di rilevamento dell'ARPA ci fornisce sufficienti informazioni: se prima la scarsa qualità dell'aria era il solo problema di Terni e Perugia, ora le centraline collocate in varie zone sensibili della regione (quelle fisse di Gubbio, Foligno Spoleto, Terni, Narni, Perugia, Orvieto, ma anche quelle mobili a Città di Castello, Assisi, Corciano) hanno rilevato in alcune giornate il superamento dei limiti previsti dalla legge.

La scorsa settimana è uscito il Dossier di Legambiente “Mal'aria in città 2011” il quale riconferma le principali cause delle emissioni degli inquinanti che compromettono la qualità dell'aria: l'industria e i trasporti restano le fonti principali di sostanze inquinanti in atmosfera, nonostante l'adozione graduale di politiche di ammodernamento di impianti obsoleti e l'adeguamento a standard più alti per quelli di nuova generazione. L'industria siderurgica e petrolchimica rilasciano in atmosfera il 75,5% degli SOx, il 31,5% degli IPA, il 28,8% del PM10. Ma sono i trasporti su strada ad alimentare la cronicità della scarsa qualità dell'aria nelle nostre città, emettendo il 34,7% del PM10, il 55,5% del benzene, il 51,7% degli ossidi di azoto, il 43,1% del monossido di carbonio. A questo aggiungiamo le emissioni che derivano dai riscaldamenti domestici (il 18,7% delle polveri sottili e il 46% degli idrocarburi policiclici aromatici) e il quadro delle cause della scarsa qualità dell'aria è completo.

Una situazione così grave che Commissione Europea da due anni ammonisce il nostro Governo per farci rispettare i limiti imposti dalla normativa comunitaria già dal 2005. Al punto che nel novembre scorso è arrivata la definitiva comunicazione della Commissione sul deferimento del nostro paese alla Corte di Giustizia per il non rispetto della Direttiva Europea sulla qualità dell'aria in particolare rispetto ai limiti del PM10. Un provvedimento che ci costerà caro sia dal punto di vista economico, per l'ennesima multa che colpirà l'Italia, ma anche e soprattutto in termini di rischi per la salute umana, visti anche i termini del problema.

In questi tempi di gravissima crisi dell’economia e del lavoro (sebbene la crisi ecologica sia altrettanto rilevante se non peggiore) è difficile obbligare le fabbriche a ridurre le proprie emissioni inquinanti ammodernando i propri camini, come pure è avvenuto in passato come ad esempio alla Acciaieria di Terni.

Sicuramente si devono ripensare la città e la pianificazione di nuovi insediamenti urbani nell’ottica della mobilità sostenibile, e intervenire anche nel settore energetico e nella riqualificazione degli edifici in senso più efficiente.

In tutta Italia, ma soprattutto in una regione come l'Umbria con il tasso di motorizzazione più alto d'Italia (media è di 69 macchine per 100 abitanti), occorre cominciare immediatamente promuovendo forme di mobilità alternativa come il car sharing o il car pooling, ma anche la cosiddetta “mobilità dolce”, ovvero quella ciclabile e soprattutto quella pedonale.

E sicuramente, in tempo di crisi, è più facile agire sul traffico, limitandolo, penalizzando l'uso del mezzo privato, favorendo quello pubblico e cominciando a rendere ciclabili città come Terni e Foligno, Città di Castello, Umbertide, ma anche molte frazioni di Spoleto e soprattutto di Perugia, a cominciare da Ponte San Giovanni – perennemente aggredita dal traffico e dallo smog – sostanzialmente pianeggianti. Non crediamo sia così difficile fare in modo che la maggior parte dei cittadini, per la maggior parte dei propri spostamenti, usi piedi e biciclette. Progettare un incremento, anche radicale, degli spostamenti a piedi e in bicicletta si fa meglio con dei sostanziosi budget ma molto si può fare anche in tempi di crisi “copiando” le buone pratiche che da anni sono state adottate nel nord Europa ed in molte città italiane , anche qui quasi tutte al nord.

La prima regola, ovunque, è rallentare il traffico per aumentare la sicurezza di pedoni e ciclisti. Rallentare il traffico, nonostante un diffuso pregiudizio, lo fluidifica e diminuisce i tempi di percorrenza, limita l’inquinamento e porta sicurezza per tutti.

Allo stesso modo occorre aumentare le zone a traffico limitato e le isole pedonali – non come quelle ridicole istituite a Spoleto – che, con buona pace dei commercianti, aumentano invece le vendite dei negozi potendo i cittadini, potenziali clienti, bighellonare in santa pace soffermandosi davanti alle vetrine, che è poi l’unica chance che hanno i commercianti dei centri storici di limitare la concorrenza “spietata” ed imbattibile dei centri commerciali e dei loro grandi parcheggi. Ci sono molti esempi che dimostrano che la pedonalizzazione aumenta gli affari dei commercianti. Si tratta solo di avere pazienza ed accompagnare il cambio di abitudine necessario con un’adeguata promozione “culturale”.

Il bike-sharing, che pure a Terni c’è, va però potenziato e soprattutto va reso più facile aderire all’iniziativa: molti cittadini ci hanno interpellato in passato, non so se nel frattempo è cambiato qualcosa, denunciando il fatto che ci volevano dai tre ai quattro giorni lavorativi solo per iscriversi.

Magari poi bisognerebbe smetterla di costruire parcheggi in centro, sopra e sotto terra, pubblici o privati, e predisporre più parcheggi periferici di scambio dove lasciare la propria auto e salire su bus navetta e biciclette magari attrezzate per lo shopping, ecc.

Molte altre cose si potrebbero ancora fare (piste ciclabili, dissuasori di velocità, zone 30, corsie preferenziali per i bus, car-sharing, car pooling, tasse d’ingresso, piedi bus, domeniche senz’auto, ecc.) e molte di queste cose si possono fare anche con costi ridotti addirittura prossimi allo zero.

A proposito di targhe alterne: le targhe alterne servono a poco. Questo è innegabile ma è ancor più innegabile che quando si superano i limiti di inquinamento dell’aria esse sono un atto dovuto per scongiurare un pericolo ed un danno immediato, così come sono atti dovuti i blocchi totali del traffico quando ne ricorrano le condizioni. Queste sono però decisioni impopolari tanto che i nostri amministratori sono sempre più propensi a chiudere non uno ma tutti e due gli occhi e a tapparsi pure il naso, magari con l’alibi “fasullo” di effimeri miglioramenti della qualità dell’aria in seguito ad un acquazzone o a un po’ di vento che spostano l’inquinamento un po’ più in là o lo deposita momentaneamente per strada fino a ché le prime ruote ce lo rimetteranno sotto il naso.

A proposito di impopolarità delle misure di contenimento del traffico non possiamo non lamentare una certa sostanziale accondiscendenza (quando non vera e propria complicità) da parte di molti cittadini, ed è così che su tutte le strade dell'Umbria è normale assistere allo sconsolante spettacolo della quasi totalità delle auto che girano in città col solo guidatore a bordo e allo spettacolo ancor più imbarazzante e certamente diseducativo dei genitori che vogliono scaricare i propri figli fin dentro la scuola causando ogni giorno degli ingorghi pazzeschi ed inquinanti sotto gli occhi impotenti dei vigili urbani. Giusto per fare qualche esempio.

Ma il comune cittadino, forse, e sottolineiamo forse, ha anche il diritto di ignorare qualcosa ma chi governa ed amministra ha sempre il dovere di educare e permettere l’auto educazione della cittadinanza a quel cambio di testa, di abitudini che è ormai ineludibile. A meno di rassegnarsi all’idea di vivere, e far vivere i nostri figli, in questa sorta di camera a gas dove oltretutto siamo noi ad aprire il rubinetto.

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