Detenzione in “condizioni inumane e degradanti”, diritti fondamentali violati e gravi criticità nell’accesso alla giustizia. Sono le denunce contenute nell’atto formale inviato dagli avvocati di Davide Pecorelli – i legali Andrea Castori e Massimo Brazzi – al ministro degli Esteri Antonio Tajani, in difesa del loro assistito Davide Pecorelli, l’ex imprenditore di San Giustino estradato in Albania lo scorso 8 maggio, dove si trova tuttora in attesa di processo.
Il 50enne – che nel 2021 aveva finto la sua morte in Albania, ritrovato naufrago 9 mesi dopo su un gommone al largo dell’isola di Montecristo – è oggi detenuto nella prigione 313 di Tirana, dopo la concessione dell’estradizione da parte del Ministro della Giustizia Carlo Nordio su richiesta della magistratura albanese. Le accuse nei suoi confronti vanno dalla truffa alla profanazione di tombe, fino alla distruzione di beni con incendio. Il processo d’appello è fissato per il prossimo 18 settembre.

Ma secondo i suoi legali, le condizioni in cui versa l’ex imprenditore umbro sarebbero ben lontane dagli standard minimi previsti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU): “Il nostro assistito condivide una cella di 16 metri quadri con altri sette detenuti, è privo di acqua corrente e conviverebbe con la presenza di topi nel bagno – scrivono i legali – una realtà che smentisce clamorosamente il ‘quadro positivo’ dipinto nei rapporti ufficiali internazionali”.
Non solo. Sempre secondo la difesa, l’accesso alle tutele legali sarebbe stato compromesso: “Pecorelli ha potuto leggere solo pochi giorni fa il provvedimento di convalida del suo arresto, impedendogli così di fare appello nei tempi previsti dalla legge”.
A peggiorare il quadro ci sarebbe anche la situazione familiare in Italia: l’uomo – spiegano gli avvocati – ha lasciato in patria due familiari gravemente malati (il padre e il fratello), una moglie e quattro figli, di cui due minori. E secondo i legali, “ci sarebbero anche i presupposti per alleggerire la misura cautelare in carcere, prevedendo eventualmente una detenzione domiciliare a Valona“, dove risiede proprio la moglie.
L’appello firmato dagli avvocati Brazzi e Castori chiede dunque un intervento diretto del Ministero degli Esteri (la comunicazione è stata inviata per conoscenza anche ai deputati tifernati del Pd Walter Verini e Anna Ascani), affinché siano ripristinate le tutele minime e “garantito un processo equo, in linea con i principi europei”.