Secondo lo studio commissionato da Confindustria Umbria all'Università degli Studi di Perugia, presentato questa mattina, la dipendenza dal “pubblico” è forte e ciò spinge a ricercare una maggiore interazione con il privato, compiendo un ulteriore passo verso una logica di mercato. Il tema dei servizi pubblici locali ha una sua indiscutibile attualità, per la consistenza economica che rappresentano, per la natura dei beni che producono, per l'impatto che le tariffe praticate hanno sui cittadini/utenti, per l'attrazione che esercitano nei confronti dell'intervento pubblico degli enti locali, così marcata da giustificare l'espressione, coniata da Confindustria, di “socialismo municipale”.
Da qualche anno, infatti, si assiste ad una sorta di interventismo degli enti pubblici nell'economia locale. A questo fenomeno di portata nazionale, si aggiunge, nel caso dell'Umbria, la diffusa percezione di una presenza importante del settore “pubblico” nell'economia, che di per sé non è né un fatto positivo né negativo perché è ormai superata l'antica dicotomia che contrappone l'efficienza privata allo spreco pubblico, ma che tuttavia costituisce un fatto sociale di notevole interesse meritevole di una analisi approfondita.
Sulla base di questi presupposti, Confindustria Umbria ha ritenuto utile indagare scientificamente il tema ed ha affidato ai ricercatori del Dipartimento di Discipline Giuridiche e Aziendali dell'Università di Perugia, guidati dal professor Gianfranco Cavazzoni, il compito di redigere uno studio che facesse luce sul ruolo svolto dal “pubblico” nell'economia locale, adottando un approccio economico-aziendale anche per evitare una lettura certamente scontata, e anche carente, della realtà socio economica locale.
Con la ricerca “Il peso del pubblico nell'economia umbra”, presentata questa mattina a Perugia presso l'Auditorium di Confindustria, è emerso un quadro di grande interesse, che talvolta conferma e qualche altra sconfessa alcuni stereotipi della realtà umbra fondati più sul sentire comune che su una rilevazione puntuale della realtà.
Emerge un quadro con luci ed ombre, dove si possono cogliere alcuni aspetti di criticità legati al sistema di governance ed alle ridotte dimensioni operative aziendali, che impattano negativamente su alcuni parametri di efficienza.
Nel corso del convegno si sono avvicendati, oltre a quello di Cavazzoni, anche gli interventi di Umbro Bernardini, presidente Confindustria Umbria, di Pierluigi Daddi, preside Facoltà di Economia Università di Perugia, di Alessandro Fontana del Centro Studi Confindustria, che ha affrontato il tema “I servizi pubblici locali ed il rischio del socialismo municipale”, di Carlo Noto La Diega, amministratore delegato Gesenu, che ha parlato de “Il pubblico nell'economia umbra: il caso della Gesenu”, e di Vincenzo Riommi, assessore della Regione Umbria che ha affrontato il tema “Politiche regionali e ruolo del pubblico”.
Questa ricerca, che muove da una fotografia fedele di ciò che oggi rappresenta il “pubblico” in Umbria, come ha sottolineato Bernardini, “costituisce uno strumento utilissimo per consentire alla nostra Associazione di svolgere al meglio la nostra funzione a supporto delle imprese”. “La crisi economica – ha aggiunto – ha di nuovo alimentato un dibattito, mai sopito, sul ruolo del pubblico in economia, sul livello ottimale della sua presenza, sui benefici che potrebbe determina un nuovo interventismo, sul tipo di relazione che dovrebbe instaurare con gli operatori del privato. In sostanza, la recessione ha portato alla ribalta la perenne questione del rapporto tra Stato e mercato. Riteniamo quindi che sia nostro dovere, oltre che nostro interesse, partecipare ad un dibattito pubblico apportando idee e proposte”.
Nell'indagare quanto pesa e soprattutto come si comporta il pubblico nell'economia si sono adoperate nello studio delle categorie quantitative, fondate sulle prestazioni economico patrimoniali registrate nei bilanci di esercizio e negli stati patrimoniali, al fine di uscire da una lettura dicotomica del fenomeno, che contrappone aprioristicamente l'efficienza privata allo spreco pubblico.
I risultati della ricerca, realizzata con il contributo finanziario della Banca Popolare di Spoleto, sono stati presentati dal professore universitario Cavazzoni. “Il lavoro – ha affermato Gianfranco Cavazzoni – si è focalizzato sul mutevole rapporto esistente tra iniziativa pubblica e privata e ha inteso fornire una mappatura delle configurazioni attraverso cui il settore pubblico, nelle sue diverse forme, opera nel tessuto socio-economico umbro, offrendo elementi di valutazione del relativo impatto sul sistema territoriale”.
Dalla ricerca, che ha considerato l'attività svolta nell'intervallo temporale di otto anni (dal 2000 al 2007), è emerso che la spesa generata in Umbria dal settore pubblico allargato si è incrementata in termini reali del 18,2%, percentuale inferiore a quella italiana (pari al 23,3%); tale aumento è attribuibile per una media del 68% al livello statale e per il restante 32%, equamente ripartito, al livello regionale e sub-regionale.
Considerando il PIL regionale, nel periodo si è registrato un incremento del 7,8% in termini reali, superiore del 18,2% rispetto all'aumento nazionale, pari al 6,6%. L'incidenza della spesa pubblica sul PIL regionale si è attestata su una media del 67%, superiore di cinque punti a quella nazionale.
I dati, come è stato sottolineato durante il convegno, evidenziano un fenomeno che merita attenzione: in media, nel periodo considerato, circa i due terzi della ricchezza generata dal sistema economico umbro è di matrice pubblica (come provenienza e gestione) e tale percentuale è andata aumentando; se poi si considera che per circa il 68% la spesa pubblica umbra è generata da soggetti direttamente riconducibili allo Stato centrale, si può calcolare che la quota di ricchezza prodotta da operatori regionali, pubblici e privati, raggiunge il 55%.
“In altre parole – ha detto Cavazzoni – nella nostra regione la dipendenza dal comparto pubblico, ed in particolare dall'amministrazione centrale, è forte e questo pone importanti sollecitazioni non solo a migliorare la qualità delle politiche allocative delle risorse, ma anche a ricercare modelli maggiormente sinergici di interazione con il privato”.
Uno degli spazi in cui il mondo pubblico e quello privato si possono interfacciare più intensamente è quello della gestione dei servizi di interesse generale. Proprio per questo, l'indagine ha fatto anche una mappatura delle modalità d'intervento del sistema pubblico regionale nell'economia del territorio, con particolare riferimento al settore dei servizi pubblici.
In tal senso la ricerca si è concentrata sull'analisi dell'impatto che hanno esercitato i soggetti operanti a livello regionale e sub-regionale nella configurazione “produttiva”.
Ne è risultato un quadro composto da un gruppo di unità produttive, con diversa forma giuridica, operanti in differenti settori di attività, in cui prevale lo status normativo di società di capitali quale fattore rilevante per lo sviluppo di ciascuna della vita gestionale delle aziende stesse. In merito alla loro compagine societaria si è riscontrata la percentuale media dell'87,7% nella partecipazione pubblica al capitale.
L'indagine si è snodata poi intorno alla ricostruzione degli assetti di governance delle singole organizzazioni appartenenti al sistema pubblico regionale ed è stata arricchita da una ricognizione sul grado di utilizzo degli strumenti di accountability e da una valutazione delle performance patrimoniali, finanziarie ed economiche, grazie ai dati qualitativi e quantitativi acquisiti presso il registro delle imprese delle Camere di Commercio di Perugia e di Terni, la banca dati AIDA, la Regione e i siti web istituzionali delle aziende analizzate.
In particolare è stato possibile misurare le condizioni operative che hanno caratterizzato in termini patrimoniali, finanziari ed economici l'operatore pubblico nella sua dimensione produttiva e analizzarne le performance in rapporto al settore di riferimento e alle imprese private di maggior rilievo operanti nell'economia umbra.
Elementi di criticità sono emersi dall'apprezzamento delle performance economiche e dall'osservazione di livelli di produttività del lavoro estremamente differenziati tra i settori e significativamente inferiori rispetto alle imprese private umbre con maggiori livelli di fatturato, anche in conseguenza delle ridotte dimensioni delle aziende e delle caratteristiche dei sistemi di gestione non sempre compatibili con i volumi produttivi propri delle unità regionali e con l'ampiezza delle retribuzioni lorde corrisposte.
Successivamente il lavoro ha indagato l'attività svolta dalle aziende operanti nei principali comparti regionali dei servizi pubblici al fine di misurare gli investimenti, le modalità di finanziamento, il volume di affari e la formazione dei costi e dei prezzi.
In questo ambito lo studio ha messo in luce l'esigenza, per le singole realtà produttive, di dotarsi di modelli manageriali improntati al miglioramento della propria efficienza.
Lo studio è stato ulteriormente sviluppato attraverso una analisi di benchmark con le aziende pubbliche operanti nelle Marche e Toscana e con le imprese private dei settori dell'igiene urbana, dei trasporti e dell'acqua. L'approfondimento ha consentito di mettere in evidenza come l'Umbria, rispetto alle regioni limitrofe, sia caratterizzata da una minore presenza delle imprese private in rapporto a quelle pubbliche, da un più limitato livello di patrimonializzazione di queste ultime, con conseguenze negative sulla formazione delle tariffe da applicare all'utenza, e, nel settore dei trasporti, da un turnover (valore della produzione/capitale investito) molto modesto in rapporto alle performance delle aziende operanti nelle altre regioni, denotando così un eccesivo grado di immobilizzo dei fattori durevoli.
“Il proposito – ha affermato Cavazzoni – è di compiere un ulteriore passo verso una logica di mercato, realizzando quella liberalizzazione auspicata anche in sede comunitaria. Non v'è dubbio che tale approccio costituisca un imprescindibile fattore di riflessione e innovazione in un regione, come quella umbra, dove il ricorso alla gestione dei servizi attraverso società “in house” è stata la via preferita”.
Alessandro Fontana, del Centro Studi Confindustria, ha poi messo in evidenza i molti rischi connessi all'ampliamento del settore pubblico nelle economie locali, affermando che “la progressiva costituzione di un numero sempre maggiore di società di diritto privato partecipate o controllate dagli enti territoriali aumenta i problemi di natura finanziaria e di efficienza”. Un fenomeno che recentemente (aprile 2009) la banca dati Consoc, gestita dal Ministero della Funzione Pubblica, quantifica in 6.752 unità, di cui 2.991 consorzi e 4.461 società partecipate da Amministrazioni Pubbliche nel 2008, per un totale di 23.400 componenti di consigli di amministrazione.