Giovani umbri più istruiti, mai laureati se ne vanno: le misure per trattenerli con il lavoro

Giovani umbri più istruiti, mai laureati se ne vanno: le misure per trattenerli con il lavoro

Massimo Sbardella

Giovani umbri più istruiti, mai laureati se ne vanno: le misure per trattenerli con il lavoro

Cna e Confartigianato hanno presentato lo studio sulle prospettive demografiche e del mercato del lavoro: la richiesta alla Regione sulla formazione
Mar, 08/04/2025 - 13:35

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I giovani umbri preferiscono di più i licei (55,8%) rispetto ai professionali (16,1%) più che nel resto d’Italia. Ma poi, una volta conseguita la laurea, se ne vanno dell’Umbria, spesso all’estero, dove trovano lavori più gratificanti e una migliore retribuzione. Nel 2023 hanno salutato 2.222 laureati; di questi, 7 su 10 hanno meno di 40 anni. Nello stesso anno, i laureati italiani che hanno preso la residenza in Umbria sono stati 1.566, di cui 219 di ritorno da un’esperienza all’estero.

Le aziende umbre richiedono laureati: entro quest’anno sono previste 5.450 assunzioni di chi ha terminato gli studi accademici, soprattutto in ambito economico (1500 posti), insegnamento e formazione (910), sanitario e paramedico (420), ingegneria industriale (390), meccatronica (350), ingegneria civile e architettura (340), umanistico-filosofico-artistico (340), chimico – farmaceutico (300).

I Neet

In un quadro demografico che vede la popolazione umbra ridursi e invecchiare progressivamente, le aziende guardano anche alle conseguenze nel mercato del lavoro. Da qui l’indagine “Giovani in Umbria: demografia, lavoro, formazione” che Cna e Confartigianato hanno commissionato allo studio Sintesi. Presentata alla stampa e all’assessore regionale Fabio Barcaioli. Al quale è stato lanciato un appello: “Se vogliamo inserire le migliaia di giovani umbri che non studiano né lavorano (i cosiddetti Neet), all’interno delle imprese, soprattutto di quelle di micro e piccole dimensioni, vanno riorganizzati gli strumenti regionali dell’istruzione professionale, partendo dalla riprogrammazione del FSE+”.

Dal 2018 al 2024 i Neet (cioè i giovani tra 15 e 34 anni che non studiano, né lavorano, sono passati da 32.594 a 18.545, con una riduzione del 43%. Una condizione di “limbo” nella quale però si trova ancora l’11,4% dei giovani umbri (13,8% tra le donne). Una risorsa umana, sociale ed economica che una regione che sta andando incontro ad un inverno demografico così pesante non può permettersi.

L’appello di Cna e Confcommercio

“Quello che i dati ci dicono – hanno affermato Michele Carloni, presidente di Cna Umbria e Roberto Palazzetti, presidente del SUL (Consorzio Scuole Umbre per il Lavoro) – è che per prima cosa bisogna riformare urgentemente gli strumenti dedicati all’istruzione, rimodulando le risorse del FSE e destinando almeno 100milioni di euro a rafforzare il sistema dell’istruzione regionale per cercare di recuperare almeno una parte consistente dei cosiddetti Neet, cioè coloro che non studiano, né lavorano, presenti in Umbria. Del resto c’è un grande bisogno di riforme in Umbria, come abbiamo chiesto anche ieri (07/04, ndr) alla presidente della Giunta regionale nel corso dell’incontro con le associazioni d’impresa sulla riforma fiscale che, nonostante i miglioramenti apportati, per senso di responsabilità consideriamo un male necessario. Del grande programma di riforme da mettere in atto a partire dall’anno in corso, fa parte sicuramente anche quella del sistema dell’istruzione professionale”.

L’offerta di lavoro

La ricerca presentata, partita dall’esigenza delle imprese umbre di trovare personale qualificato per poter crescere, ha analizzato la demografia regionale, le richieste in arrivo dal mercato locale del lavoro e l’offerta formativa presente in Umbria. Quello che ne è emerso è che mentre le imprese umbre cercano addetti alle attività di ristorazione, alle vendite, alla logistica, ai servizi di pulizie, alla conduzione di veicoli o delle macchine a controllo numerico, i giovani umbri continuano a iscriversi sempre più ai licei, mentre gli istituti tecnici e professionali continuano a perdere appeal.

“È proprio questa grande distanza tra i desiderata dei giovani umbri e le opportunità offerte dal mercato del lavoro locale, a ingrossare le fila dei Neet, che hanno raggiunto quota 18mila – ha denunciato Carloni -. Di questi una parte possono essere considerati disoccupati in cerca di lavoro, ma oltre 10mila hanno deciso di non provare nemmeno a lavorare, anche perché spesso privi delle competenze richieste dalle imprese. Tutto questo accade mentre il numero dei giovani inattivi – di quelli, cioè, che potrebbero lavorare ma non lo fanno – è molto elevato, la popolazione giovanile continua a ridursi (- 8,1% in un decennio) e, tra di essa, aumenta la percentuale di ragazzi stranieri (che ha raggiunto quasi il 15%). Al contempo sono diminuite le nascite (dai 7.440 nati vivi nel 2013 ai poco più di 4.700 nel 2023) e la popolazione, oltre ad essere diminuita di 39mila unità in dieci anni, si sta progressivamente invecchiando (gli over 65 sono passati dal 24 al 27% sulla popolazione attiva)”.

“Perciò se vogliamo trovare velocemente una forza lavoro da cui le imprese possano attingere – ha aggiunto Palazzetti -, bisogna puntare sulla specializzazione dei Neet. Alcuni strumenti importanti sono sicuramente i corsi IeFP, rivolti ai giovani tra i 14 e i 18 anni, e gli ITS dedicati all’istruzione post diploma, il cui rafforzamento e continuità andranno garantiti anche dopo la fine dei fondi Pnrr. Inoltre proponiamo di ampliare le possibilità di ottenere una qualifica professionale ai giovani tra i 18 e i 35 anni, rivedendo, anche dal punto di vista normativo, il vecchio strumento del diritto/dovere ormai caduto in disuso. Infine bisogna avviare al più presto anche in Umbria i corsi IFTS che, accanto agli ITS, possono permettere l’ulteriore specializzazione di coloro che, una volta diplomati, non sono interessati al percorso universitario”.

“L’Umbria, come emerge anche dalla ricerca, è la regione più virtuosa nella lotta alla dispersione scolastica, portata avanti proprio attraverso i corsi IeFP, ma – hanno affermato Carloni e Palazzetti –, affinché la rivisitazione dell’istruzione regionale possa avere una concreta efficacia è necessario, come già detto, rivedere la programmazione del Fondo sociale europeo, dedicando almeno 100 milioni di euro all’istruzione e formazione professionale. Grazie a queste risorse, infatti, non solo si potrebbe combattere la disoccupazione, ma si potrebbe garantire anche la formazione continua dei lavoratori e degli imprenditori perché l’innovazione, specialmente nelle imprese di piccole dimensioni, passa attraverso brevi percorsi formativi a loro dedicati. Perciò – hanno concluso i due esponenti di Cna e di Confcommercio Umbria – confidiamo nel lavoro che l’assessore Barcaioli vorrà portare avanti in tal senso nei prossimi mesi insieme all’assessore allo sviluppo economico, De Rebotti, e a tutta la giunta regionale”.

Barcaioli: investire nella qualità della formazione

L’assessore Barcaioli ha evidenziato come se da un lato la scelta dei licei sia importante per “formare cittadini, prima di lavoratori e imprenditori”, sia però necessario creare anche una forte offerta normativa. L’assessore ha ricordato le dinamiche socio-economiche in atto, con gli immigrati che non scelgono più l’Umbria e quelli integrati che hanno ridotto ormai il numero di figli agli standard italiani tradizionali. E la carenza di servizi, anche nella disponibilità di posti negli asili, che fa ritardare il ritorno al lavoro delle madri.

L’assessore ha espresso dunque la disponibilità della Regione a lavorare insieme per dare risposte all’offerta formativa dei giovani tra 18 e 34 anni, continuando ad investire sulla qualità dei corsi. Invitando contestualmente anche le imprese ad innovare, per rendersi più attrattive ai giovani, pur in contesto normativo nazionale che vede situazioni di maggiore precarietà rispetto a quelle offerte all’estero.

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