Giovane rischia una setticemia per un ascesso inguinale, il racconto della madre e i problemi di "comunicazione" tra Spoleto e Foligno. La replica dell'Usl
Prima analisi ed esami al pronto soccorso di Spoleto, poi il consiglio da parte del personale ospedaliero di firmare l’uscita e recarsi autonomamente all’ospedale di Foligno, per i tempi troppo lunghi che avrebbe comportato aspettare un’ambulanza. Ma al San Giovanni Battista è stato necessario dover ripetere tutta la trafila burocratica ed aspettare pazientemente nonostante il dolore, prima al pronto soccorso, poi in reparto. L’ultima disavventura sanitaria è avvenuta sabato ad un giovane spoletino che ha rischiato di andare in setticemia per un ascesso inguinale che al San Matteo degli Infermi non poteva essere trattato, stante l’assenza di un urologo. Non solo: viste le sue condizioni, il ragazzo, poco più che ventenne, avrebbe avuto diritto all’ambulanza. Ma i tempi per il trasporto a Foligno con il mezzo sanitario sarebbero stati lunghi ed il consiglio ricevuto è stato quello di provvedere autonomamente.
A raccontare l’accaduto è stata – una volta passato il peggio – la mamma del giovane, Valentina. Che domenica sera ha pubblicato uno sfogo su Facebook per tenere alta l’attenzione sul San Matteo degli Infermi, ma anche evidenziando le difficoltà con cui è alle prese l’ospedale di Foligno, per forza di cose oberato dai troppi utenti. Una vicenda che fa emergere per l’ennesima volta anche difficoltà di comunicazione tra i due presidi, in attesa che si concretizzi il progetto della Regione per il quale dovrebbero diventare un unico ospedale su due sedi e sperando dunque che tali problematiche vengano risolte. Perché si tratta dell’ennesimo caso negli ultimi mesi nel quale i pazienti vengono invitati di andare autonomamente da Spoleto a Foligno “per fare prima” salvo poi dover ripetere tutta la trafila burocratica di triage ed attese che con un trasporto in ambulanza (a cui avrebbero per la maggior parte dei casi diritto) invece eviterebbero o accorcerebbero. Si spera che una volta concretizzato il progetto del terzo polo almeno questo meccanismo venga rivisto.
Giovane a rischio setticemia, il racconto della madre
“Sto pensando – ha scritto Valentina sui social network – che mio figlio ha rischiato una setticemia, sto pensando che, nonostante la buona volontà dei medici e degli infermieri che lavorano all’ospedale di Spoleto in modo assolutamente professionale, gentile e umano, la vita di noi tutti è in pericolo… in un momento di vero bisogno, di urgenza, in cui conta anche un solo minuto, in cui conta l’occhio esperto di uno specialista… e invece ti ritrovi a firmare per trasportare tuo figlio all’ospedale di Foligno da solo e con il tuo mezzo, assumendoti quindi tutte le responsabilità, perché le ambulanze non ci sono e dovresti aspettare troppo e quindi firmi e di corsa! All’ospedale di Foligno trovi il caos perché ovviamente la richiesta è troppa e a nulla serve il foglio che hai in mano che ti dovrebbe consentire di andare immediatamente dallo specialista che a Spoleto ti hanno assicurato ti sta aspettando… no no… 3 ore di attesa perché lui prima si deve occupare dei suoi ricoverati… Quando finalmente è il turno di tuo figlio, vedi il dottore mettersi le mani nei capelli, si arrabbia perché a Spoleto non hanno capito la gravità e ti dice che tuo figlio sta rischiando seriamente la sua vita… A parlare siamo bravi tutti, quando le cose accadono sulla tua pelle o ancor peggio, su quella di tuo figlio, le cose assumono tutto un altro aspetto e passata la paura, rimane la rabbia e tanta sfiducia ed amarezza”.
Un post, quello della donna, che è diventato virale sui social. Utilizzato anche per “spingere” sulla manifestazione di protesta in programma sabato 23 settembre a partire dalle ore 10 in piazza Garibaldi con un corteo che si snoderà fino all’ospedale. Sempre più le adesioni all’evento, dai partiti politici di centrosinistra al mondo dell’associazionismo.
Tornando a quanto accaduto sabato, tutto è nato quando qualche giorno prima il giovane spoletino ha iniziato a lamentare un forte dolore all’inguine. Prima ha provato un trattamento topico su suggerimento del medico di base, poi nei giorni successivi, diventando insopportabile il fastidio, sono iniziati i controlli all’ospedale di Spoleto. Varie le ecografie effettuate, con il personale sanitario che si è dato molto da fare e che però ha ipotizzato – spiega la madre – si trattasse di un ematoma, nonostante il ragazzo diceva di non aver sbattuto in alcun modo. Finché una dottoressa ha capito che si trattava di qualcosa di più grave, ipotizzando un ascesso inguinale ed indirizzando il ragazzo – che non riusciva nemmeno a camminare – all’ospedale di Foligno. Essendo sabato, infatti, non c’era la possibilità di una visita urologica al San Matteo degli Infermi. “Il medico ci ha consigliato di firmare le dimissioni dal pronto soccorso ed andare in auto al San Giovanni Battista, perché non c’erano ambulanze disponibili nonostante mio figlio avrebbe avuto diritto al trasporto sanitario” racconta a Tuttoggi.info la madre. “Ci ha spiegato che sarebbe stato avvertito l’urologo e che mio figlio sarebbe stato subito visitato, ma così non è stato. All’arrivo al pronto soccorso di Foligno, infatti, – prosegue Valentina – abbiamo dovuto rifare tutta la trafila burocratica, poi aspettare un sacco di tempo perché non si trovava una lettiga per portare mio figlio al piano di sopra. Una volta al reparto, poi, abbiamo dovuto aspettare quasi 3 ore, perché l’urologo non era stato informato e prima doveva finire le visite ai suoi pazienti”. Quando lo specialista ha controllato il giovane, però, si è accorto di una situazione seria: un ascesso presumibilmente di origine batterica che rischiava di andare in setticemia, in un’area fortemente vascolarizzata. Quindi l’incisione in urgenza, il drenaggio dell’ascesso a cui poi è seguito il ricovero, per monitorare la situazione. Ricovero avvenuto in un altro reparto, visto che – tra l’altro – il reparto di urologia è pieno.
La replica dell’Usl
Sulla vicenda si registra la pronta replica del direttore generale dell’Usl Umbria 2, Massimo De Fino, che riportiamo di seguito.
“Si fa presente che a seguito di indagine interna è stato accertato e documentato che il paziente a seguito di depilazione dell’inguine presentava un ascesso inguinale per cui veniva valutato dal medico del Pronto Soccorso di Spoleto, sottoposto ad esame ecografico, che ne certificava la natura ascessuale, ed a conseguente adeguata terapia antibiotica con l’avvertenza di ritornare il giorno successivo per un ulteriore controllo al fine di verificare l’evoluzione del quadro clinico.
Il giorno successivo si procedeva ad una ulteriore valutazione ecografica che certificava la stazionarietà del quadro ascessuale e si richiedeva, a completamento dell’iter diagnostico-terapeutico, una consulenza urologica previo contatto telefonico ed esposizione della situazione allo specialista l’Urologo di Foligno indicando al paziente dove avrebbe dovuto recarsi.
Si proponeva anche il trasferimento con ambulanza che veniva rifiutato dal paziente e dalla madre dello stesso la quale si proponeva di accompagnare il figlio direttamente in ospedale dove anziché presentarsi nell’ambulatorio urologico accedeva nuovamente al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Foligno dove i medici, non avendo informazione del paziente, hanno proceduto con il normale iter di Triage congruo alla non urgenza del caso (Codice Verde al Triage). La successiva valutazione urologica confermava quanto già definito presso il Pronto Soccorso di Spoleto e si riteneva opportuno trattenere il paziente per il proseguimento della cura. Si precisa che non era in atto né esisteva il pericolo di un quadro setticemico (Temperatura Corporea 36.8°C) ed inoltre era, come già detto, in atto idonea terapia antibiotica”.
(aggiornato alle ore 20.10)