La polizia ha sgominato una banda dedita ai furti in abitazione non solo in Umbria ma anche in Toscana. In 12 percepivano il reddito di cittadinanza
Sedici indagati, di cui 7 finiti agli arresti e 1 sottoposto all’obbligo di firma: la polizia ha sgominato una presunta banda dedita ai furti in abitazione non solo in Umbria ma anche in Toscana. Il fulcro dell’attività era nella zona di Assisi, dove i 16 – tutti parenti tra loro – avevano la loro base, molto ben organizzata.
Nelle ultime ore, infatti, la polizia di Stato della Questura di Perugia – ed in particolare del commissario di Assisi diretto dal vicequestore aggiunto Francesca Di Luca – ha dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare emessa dal gip di Perugia nei confronti di 8 persone. L’accusa, a vario titolo, è di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione, perpetrati nella zona di Assisi ma anche nelle limitrofe province di Arezzo e Siena.
In particolare per due soggetti è stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere. In cinque, invece, sono finiti agli arresti domiciliari, mentre un’ultima persona ha l’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria. Altre otto persone, invece, sono indagate a piede libero.
Ben 12 di loro – nonostante i redditi che avrebbero avuto dall’attività illecita – percepivano il reddito di cittadinanza.
Furti in abitazione, le indagini della polizia di Assisi
Le indagini svolte dal Commissariato di pubblica sicurezza di Assisi, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, supportate anche da attività di tipo tecnico, hanno consentito di ricostruire la struttura di un presunto sodalizio criminale, ben strutturato ed organizzato, dedito alla commissione di furti in abitazione. A comporre la banda, “soggetti legati tra loro da vincoli di parentela o affinità”, tutti dimoranti nella stessa zona di Assisi.
Gli indagati, 16 complessivamente, tutti già noti alle forze dell’ordine per i loro numerosi precedenti di polizia per reati contro il patrimonio, sono uomini e donne di nazionalità italiana e stanziali nella zona di Assisi e Cannara.
A far parte di questo sodalizio sia uomini che donne, con vincoli di parentela tra loro. Secondo l’autorità giudiziaria erano una vera e propria associazione a delinquere: avrebbero avuto infatti una struttura organizzativa ben delineata nei compiti, con basi logistiche ben definite e capace, visto il profilo criminale riconosciuto, di avvicendarsi nei ruoli e fronteggiare situazioni di crisi avvalendosi dell’apporto di tutti i partecipi.
Intercettazioni e appostamenti per sgominare la banda dedita a furti in abitazione
Un vero e proprio consorzio familiare, secondo gli inquirenti, che avrebbe saputo dotarsi nel tempo di un programma criminoso sempre più affinato, destinato a proiettarsi nel tempo, a rimodularsi secondo le necessità. Attiva già da anni sul territorio ha seminato nel corso del tempo terrore e insicurezza tra gli abitanti delle zone del circondario, specie quelle più isolate.
A spezzare il sodalizio ci hanno pensato gli agenti del commissariato di Assisi grazie ad attività di tipo tecnico ma soprattutto ricorrendo a metodiche investigative più tradizionali, come servizi di osservazione appostamenti, pedinamenti e soprattutto ricorrendo al prezioso patrimonio informativo.
Nel corso di più di un anno i poliziotti sono riusciti ad arrestare in flagranza di reato alcuni dei componenti della banda subito dopo aver commesso il fatto, altre volte sono riusciti a recuperare la refurtiva e restituirla ai legittimi proprietari derubati anche dei loro ricordi più cari.
Furti in abitazione, il ruolo delle donne del gruppo
Senza scrupoli, scaltre e astute anche le 6 donne del gruppo, la più piccola di 22 anni, la più grande di 40. Di certo un ruolo non secondario. Alcune di loro – secondo gli inquirenti – erano specializzate negli scippi e nei furti in abitazione che perpetravano aggirando le povere padrone di casa, scelte appositamente sole e anziane, spacciandosi per venditrici di articoli vari o bisognose dei servizi igienici.
Altre donne avevano compiti logistici: c’è chi si prestava a farsi intestare le autovetture che sarebbero state utilizzate per commettere i furti, chi trasportava la refurtiva fuori regione per essere piazzata e chi invece aveva il compito di custodire gli oggetti di valore dopo essere stati rubati e portati agli uomini della banda.
Le auto di grossa cilindrata
Efferati e senza scrupoli gli uomini della banda, di notevole profilo criminale. Lo dimostra il fatto – sostengono gli inquirenti – che alcuni di loro riuscivano a portare avanti il loro piano criminale anche se sottoposti a regime di restrizione delle libertà personale. Il loro piano era ben strutturato e non ha conosciuto battute d’arresto, se non durante il periodo del lock down. Spietati e pericolosi, a bordo di autovetture appositamente scelte di grossa cilindrata affrontavano ed eventualmente reggevano inseguimenti e tentativi di blocco da parte delle Forze dell’Ordine.
Ed è stata proprio in una di queste circostanze, al termine di un inseguimento molto pericoloso, che un’autovettura in servizio di volante è stata danneggiata perché i ladri in fuga dopo aver commesso un furto non si fermavano forzando il blocco, disposti a tutto pur di scappare. In quell’occasione era stato arrestato l’unico rimasto all’interno dell’auto: il conducente ferito.
Le autovetture una volta scoperte venivano cambiate velocemente e venivano utilizzate anche targhe false.
Veri e propri professionisti del crimine
Lunghi e articolati erano i sopralluoghi che effettuavano nella scelta delle abitazioni su cui fare il colpo: tutte sufficientemente isolate, raggiungibili attraverso strade sterrate con scarsi sistemi di sorveglianza e controllo delle abitudini dei proprietari.
Nel corso dei colpi i telefoni venivano tenuti appositamente spenti per non dare indizi della loro presenza sul luogo dei furti a riprova della profonda conoscenza delle tecniche di investigazione.
Le basi logistiche alla periferia di Assisi
Il profilo altamente professionale dell’organizzazione criminale è dimostrato anche dalla individuazione di due vere e proprie basi logistiche, nella periferia di Assisi, dove i componenti della banda si riunivano prima di partire, prendendo le autovetture designate, distribuendosi gli “arnesi” del lavoro, come aste, bastoni, piedi di porco, guanti e altri indumenti per camuffarsi.
Oltre a partecipare attivamente alla commissione dei furti, c’era chi, stando agli arresti domiciliari, forniva la propria abitazione come base logistica agli esecutori materiali e vigilava sulle operazioni; chi faceva da staffetta all’auto su cui viaggiavano i complici dopo aver perpetrato i furti; chi aveva il compito invece di custodire le autovetture utilizzate per la commissione dei furti, caricarvi e scaricarvi gli attrezzi da scasso, lavarle e nel caso, grazie ad un’officina nella zona industriale di Bastia Umbra, cambiarne anche colore; chi infine faceva da vedetta nella fase di rientro dei veicoli in zona.
Il reato di associazione per delinquere
Grazie ai servizi svolti dagli agenti di polizia, agli arresti effettuati nel corso del tempo e alla refurtiva recuperata e subito riconsegnata ai proprietari, è stato possibile per il pm che ha coordinato le indagini definire un impianto accusatorio importante e contestare agli indagati il delitto di associazione per delinquere.
Il Gip ha ritenuto sussistente il rischio di reiterazione di reati, in considerazione della pluralità dei delitti commessi, delle modalità organizzative associative evidenziate sottolineando come quello preso in esame non fosse soltanto una mera compagnia criminale bensì un gruppo familiare coeso e dedito alla commissione di delitti contro il patrimonio al fine di procurarsi sostentamento.
Le misure cautelari
Nella mattinata odierna (28 settembre) gli agenti del Commissariato di pubblica sicurezza di Assisi, della locale Squadra Mobile, con l’ausilio di personale del Reparto Prevenzione Crimine Umbria Marche, hanno dato esecuzione alle citate misure cautelari, mettendo così fine alla serie ininterrotta di furti sul territorio.
Inoltre, su direttiva della Procura delle Repubblica di Perugia sono stati condotti accertamenti con l’ausilio della Guardia di Finanza, dai quali è emerso che 12 dei 16 indagati beneficiano del reddito di cittadinanza.