Appuntamento “pasquale” per il Festival di Spoleto e consueta conferenza stampa pre-spettacolo per annunciare ai giornalisti in ambascia qualche anticipazione sul programma del 2018. Fuggita la notizia qualche tempo fa sull’arrivo a Spoleto per il 7 luglio di Francesco De Gregori, e da non considerare come semplice tappa del prossimo Tour del cantautore, ma uno spettacolo diverso adattato per Piazza Duomo nel tentativo di bissare il grande successo del concerto di Fiorella Mannoia del 2017 (CLICCA QUI), è tempo ora di scoprire le carte sul nuovo programma, secondo i rigidi comandamenti del Mibact relativi ai piani triennali della manifestazione, con cui il Direttore Artistico, Giorgio Ferrara, si appresta ad iniziare il nuovo mandato che avrà termine proprio nel 2020.
Ferrara, il coniglio pasquale e il tavolo rovesciato
Ferrara, tornato a pieno titolo padrone del vapore e dotato di una folta barba come ai tempi della fortunata messa in scena di Danza Macabra (CLICCA QUI), tira fuori dal cilindro il coniglio pasquale per mettere subito a tacere qualche mugugno che si inziava ad udire in lontananza per la scelta di De Gregori, in Piazza Duomo.
Il Festival 2018 non sarà marcatamente Pop, ma anzi tornerà ad assere decisamente sperimentale e 4 delle anticipazioni raccontate oggi alla stampa ne segnano il carattere in maniera evidente. E ancora una volta Ferrara “rovescia il tavolo” e si appresta a cambiare.
Apertura dunque con una nuova opera commissionata dal Festival alla acclamata Silvia Colasanti, che tanto successo aveva raccolto con il Requiem (CLICCA QUI) dello scorso anno. Si tratta del Minotauro, ispirato dal racconto di Friedrich Dürrenmatt .
Il libro in questione si basa sul mito del Minotauro. Il mostro è visto nella sua totale incoscienza e nella sua animalità. La commovente vicenda di un essere costretto a non essere. Rinchiuso nel labirinto tra infiniti specchi e infinite illusioni di sé. L’unico rapporto che troverà con gli umani, lui che è il frutto della vergognosa commistione tra toro e donna, sarà solo d’inganno e morte. Teseo e Arianna giocheranno la loro umanissima spietatezza per sopprimere un bestione privo delle scaltrezze umane che finisce per destare compassione e persino tenerezza.
Il libretto dell’opera è stato scritto dallo scrittore René De Ceccatty e dallo stesso Giorgio Ferrara che ne curerà anche la regia.
I costumi saranno realizzati dallo stilista francese Vincent Darrè. Anticipazioni anche sul cast Il Minotauro sarà il baritono Gianluca Margheri, mentre Arianna sarà interpretata dal soprano Benedetta Torre. Sul Palco ci saranno anche quattordici allievi dell’Accademia d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ che interpreteranno le ‘vittime ateniesi’. Per la parte musicale avremo l’Orchestra giovanile italiana della Scuola di musica di Fiesole diretta dal Maestro Jonathan Webb e l’ International Opera Choir diretta da Gea Garatti.
Nessuna notizia particolare su scene e luci. Una prima del Festival che attira senza dubbio una notevole attenzione per l’assoluta novità e che non lesina sull’utilizzo di forze artistiche giovani, al contrario di quanto spesso è stato contestato a Ferrara, che invece nel corso dei precedenti 10 anni di direzione sul tema ha sempre fatta la sua parte.
Il concerto finale in Piazza Duomo
E quasi fosse un rituale antico ed accettato, Ferrara parla anche del Concerto finale. “Dovevamo superare L’apice raggiunto con la direzione di Riccardo Muti lo scorso anno e così abbiamo pensato ad un Oratorio”. Apriti cielo! Una nuova spallata ai tradizionalisti del concerto in Piazza che se non ascoltano i grandi autori classici sono capaci di andare a Canossa gattonando e recitando giaculatorie pensose per tutto un anno, nella speranza di emendare la città dal peccato “ferrariano”.
“Sarà uno dei più grandi oratori della Storia della musica,‘Giovanna D’Arco al rogo’ di Arthur Honegger con libretto di Paul Claudel“. Si parla di un evento che prevede più di un centinaio di artisti sul palco tra cantanti, attori, coro (quello di Santa Cecilia al completo), orchestrali ( l’Orchestra giovanile Italiana della Scuola di musica di Fiesole) e forse anche macchinismi scenici e qualche animale. Insomma un’ opera nel concerto o il concerto in un’opera. Di sicuro qualcosa che incuriosisce ed ha in se il germe della creatività ed anche un pò della follia.
La regia dello spettacolo è stata affidata a Benoît Jacquot, lo stesso che ha realizzato il film documentario sui sessanta anni del Festival dei Due Mondi, e forse questa è l’unica ripetitività inserita nel rapporto consolidato di Ferrara con il mondo dell’arte francese. Ma a spazzare via le eventuali obiezioni ci penserà la protagonista dell’Oratorio, la Giovanna D’Arco, che sarà intepretata dal Premio Oscar, Marion Cotillard. Bella, brava e diva, Amen.
Seconda opera in programma, sarà invece Beggar’s Opera di John Gay, lavoro inserito nella tradizione del Teatro Barocco dei primi del 1700. Un gradito ed aspettato ritorno a quel ciclo delle opere cosidette “minori”, che tanto successo di gradimento e pubblico hanno avuto al Festival negli ultimi 10 anni. In qualche modo, Beggar’s Opera è riconosciuta come il primo esempio di Commedia Musicale.
La danza, quella vera
Ma non può mancare nel ciclo delle anticipazioni l’annuncio della compagnia di balletto di punta della nuova edizione. E l’annuncio supera ogni più rosea fantasia. Sul palco del Romano arriva (pare anche di persona ndr.) dunque Lucinda Childs e la sua compagnia di balletto in uno spettacolo studiato per il Festival dal titolo Lucinda Childs Portraits.
Non stiamo parlando ovviamente di etoile mediatiche del genere Roberto Bolle o Eleonora Abbagnato o di spettacoli assemblati con i vari “friends” per fare venire l’acquolina in bocca ad un pubblico generalmente affascinato da Amici di Maria De Filippi. Ci troviamo di fronte ad una artista che nella sua carriera la danza l’ha creata e coreografata oltre che ballata in prima persona. Allieva di Bessie Schönberg, Merce Cunningham e Judith Dunn, la Childs è stata per tutti gli anni ’60-’70 vicina alla scuola minimalista.
Lucinda Childs è l’autrice, tanto per citare, del famoso assolo nella piece Einstein on the beach (CLICCA QUI) su musica di Philippe Glass, per la regia di Bob (Robert)Wilson, uno che a Spoleto “due cose “ le ha messe in scena.
La coreografa-danzatrice è sempre stata legata nel suo lavoro a musicisti come John Gibson, Steve Reich, John Adams, oltre il già citato Glass, e artisti quali Sol LeWitt e Tadashi Kawamata. Insomma un bel ritorno alla danza sperimentale, senza rimpianti e con la faccia tosta. E meno male diciamo noi.
Senza andare troppo altre, voci di corridoio, dicono che anche gli altri due spettacoli di danza, per ora non svelati, avranno caratteristiche analoghe, ovvero niente più prime donne da copertina, ma solide compagnie con tanta storia alle spalle o un grande futuro da scrivere. Quello che ci vuole per iniziare bene un nuovo triennio.
Spigolature, tra prosa e appuntamenti tradizionali
E basterebbero queste anticipazioni per ragionare già con cognizione di causa su Spoleto61. Ma Ferrara aggiunge un pò di sapore e per non abbandonare l’amata prosa, annuncia il ritorno di Romeo Castellucci con uno spettacolo originale che verrà messo in scena nella palestra della Scuola Media di Baiano di Spoleto, una insolita location che è stata scelta dallo stesso regista. E visti I precedenti di Castellucci c’è già una certa attesa per la piece.
Spostate al prossimo anno le partecipazioni di Emma Dante e forse anche del duo Ricci Forte, impegnati con altri lavori in giro per Italia ed Europa.
Ci saranno anche le consuete conversazioni di Paolo Mieli, promosse dalla società Accadrà ma soltanto negli ultimi due fine settimana di programmazione del Festival. In scena anche un nuovo lavoro di Corrado Augias su Benito Mussolini e sopratutto ci sarà Alessandro Baricco che reciterà in prima persona e per la prima volta il suo fortunatissimo Novecento.
Confermato il ruolo fondamentale della Fondazione Carla Fendi che rinnova per Spoleto61 la sua partecipazione con i tradizionali due eventi, quest’anno dedicati alla scienza.
Novità anche sul fronte immagine poichè il manifesto del Festival, da sempre commissionato a pittori di fama, per la seconda volta nella storia della manifestazione, e la prima dell’era Ferrara, verrà affidato ad un fotografo di fama internazionale. Per il 2018 si tratta di Fabrizio Ferri. Il manifesto-scatto fotografico inoltre sarà anche utilizzato come logo ufficiale della kermesse.
Ferrara e l’endorsement: “Vota Maria Elena…”
Come sempre in queste occasioni Giorgio Ferrara non manca di dare la sua impronta alla giornata e in chiusura di conferenza, ricordando come il Festival sia fuori da ogni contesa politica e ribadendo la necessità di avere tutta la tranquillità necessaria per lo svolgimento della attuale edizione, anche in considerazione che il 10 giugno a Spoleto si vota per le elezioni comunali, si lascia andare ad un vero e proprio endorsement a favore della candidata Bececco, nel nome della “continuità” che per Ferrara è anche sinonimo di stabilità operativa, “Se fossi di Spoleto, voterei per Maria Elena”.
A parte il comprensibile primo momento di smarrimento, sul tema interviene subito Dario Pompili, vicepresidente della Fondazione, chiarendo meglio il Ferrara-pensiero. “Il Festival è un organismo molto delicato che ha bisogno di tranquillità”, spiega Pompili aggiungendo che lo stesso non può essere argomento di discussione della competizione politica che al contrario vive di fibrillazioni. Il Festival dunque ha bisogno di certezze operative e per l’appunto, come detto da Ferrara, “di continuità”. Sopratutto in un momento delicato della situazione nazionale dove ancora non si sa se ci sarà a breve un Governo e chi sarà poi il Ministro della Cultura che dovrà riprendere in mano tutti I dossier delle manifestazioni nazionali.
Suggello finale con il saluto della Presidente della Fondazione e vice sindaco di Spoleto, Maria Elena Bececco, che nonostante l’inaspettato endorsement, preferisce invece parlare di come il Festival sia determinante ormai negli appuntamenti di Pasqua e Natale, due momenti che furono il frutto della determinazione ferrea del compianto sindaco Fabrizio Cardarelli di creare un legame forte della manifestazione con la città oltre il tradizionale momento estivo di giugno-luglio. Una ricchezza che non va sprecata e che fa di Spoleto “un miracolo” e una culla della cultura.”Un miracolo– ricorda la Bececco- ripetuto sopratutto nel 2017 quando difronte ad un periodo difficile in cui si temeva il calo delle presenze, il Festival invece è stato capace di raddoppiarle”.
L’Orchestra Sinfonica del Conservatorio Morlacchi, successo strepitoso
Subito dopo la conferenza stampa l’atteso concerto al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti con l‘Orchestra Sinfonica e il Coro del Conservatorio “Francesco Morlacchi” di Perugia. In programma musiche di Beethoven, Mozart e Schubert sotto la direzione del M° Piero Caraba.
Ci sia consentito dire con una punta di orgoglio umbro, che si è trattato di uno splendido concerto eseguito come meglio non si poteva e con una formazione che non ha nulla da invidiare ad altre nazionali e mediaticamente più blasonate. Più volte in tempi passati il Conservatorio aveva dato prova della sua multiforme capacità sia come luogo dell’insegnamento ma anche come fucina di talenti e di nuova proposte musicali. Non a caso la collaborazione con il Festival, iniziata in sordina circa 8 anni fa, si è sempre più rafforzata fino ad arrivare al palco del Nuovo, con lo straordinario successo di pubblico e gradimenti di questa sera. Tantissimi applausi per i ragazzi del Conservatorio in un teatro pieno fino al Loggione ed in una giornata in cui Spoleto era viva come non mai, grazie a turisti e cittadini.
Appuntamento con il programma definitivo di Spoleto61 intorno ai primi giorni di maggio, come di consuetudine, con la conferenza stampa ufficiale in programma a Roma.
Riproduzione riservata
Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)