La Cynderella’s del coreografo Alexandros Stavropoulos, che battezza al Festival di Spoleto la sua Prima creatura, convince pubblico e critica con un balletto fuori dagli schemi dell’eleganza della danza classica e della fisicità di quella moderna.
Invitato al Teatro Gian Carlo Menotti in extremis dalla direzione di Monique Veaute per sostituire il balletto The American Moth – annullato per l’impossibilità a causa del covid di riunire a Spoleto i componenti della compagnia Winter Guest – la proposta artistica di Stavropoulos offre una visione completamente nuova della fiaba disneyana (e delle sue tante versioni e declinazioni nei vari Paesi).
Niente a che fare con la Cenerentola di Prokofiev (qui per la coreografia di Nureyev) e neanche con le versioni più audaci come quella della pasionaria della danza francese Maguy Marin.
Più vicino al movimento Bauhaus che proprio al Festival, due anni fa, festeggiò i suoi 100 anni dalla nascita con “Balletto Triadico”.
La coreografia di Stavropoulos è fatti di gesti lenti, stilizzati, ridotti all’essenza (chi lo dice che la danza deve essere necessariamente fluida?), come una serie infinita di fotogrammi, un susseguirsi di istantanee che creano inaspettate geometrie lungo tutto il grande palco del Teatro Menotti.
Tanto da non necessitare di una scenografia, che risulta peraltro colorata grazie a milioni di lustrini colorati sparsi sul palcoscenico.
Ogni movimento, ogni fotogramma è scandito dalla musica, ripetitiva, quasi ossessionante: funzionale e rilevante per la coreografia diventano così le note di Steve Reich (Music for pieces of wood), il sound design di Konstantina Polychronopoulou, dove restano in evidenza gli strumenti della tradizione tibetana, spesso utilizzati nel teatro NO giapponese.
Perfetto nell’interpretazione il corpo di ballo composto da Lambrini Golia, Maria Kakoliri, Iro Konti, Despoina Lagoudaki, Maria Manoukian, Dafni Stathatou, Stefania Sotiropoulou e Katerina Christoforou
Lo spettacolo non è del tutto decontestualizzato dalla fiaba: Stavropoulos inserisce infatti alcuni accenni a Disney come il brano “I sogni son desideri” (nella versione originale di David, Livingston, Hoffman) o 8 zucche arancioni, una per ogni Cenerentola, con tutto quello che questo frutto ha rappresentato nelle storie e credenze popolari di tutto il mondo.
Belli i costumi con le ballerine che indossano parrucche stile American Graffiti o forse a ricordare così la tanta cenere che ricopre la futura principessa; abiti minimali nei colori azzurro e nero e crinoline (gabbie) che impongono ancor più una danza stilizzata.
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Foto dal sito ufficiale del Festival dei 2 Mondi
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