Si parlerà di eutanasia, di dignità del vivere e del morire, a Foligno con monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita. Venerdì 7 aprile, alle ore 16, a palazzo Trinci, con ingresso libero, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, già vescovo di Terni, parlerà di “Sorella morte – la dignità del vivere e del morire” (dal titolo del suo ultimo libro) nel corso di un’intervista che verrà condotta dal giornalista Lucio Tiberi.
L’incontro, organizzato dal settimanale “Gazzetta di Foligno”, si pone come obiettivo quello di affrontare un argomento drammaticamente attuale, con la consapevolezza che è necessario allargare gli orizzonti evitando gabbie ideologiche: c’è contrapposizione fra “buona morte” e “dolce morte”? E allora: dove comincia e dove finisce la dignità del vivere e del morire?
In Europa e nel mondo sono in crescita i Paesi che hanno approvato una legge sull’eutanasia e sul suicidio assistito. Il “diritto alla vita” presume anche un “obbligo alla vita”? E con quale prerogativa – affermano i fautori dell’eutanasia – la società vieta a uno di voler morire se liberamente lo sceglie?
Monsignor Paglia – uno dei più autorevoli esponenti della Chiesa di Francesco, consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio e Presidente della Pontificia Accademia per la Vita – affronta con estrema delicatezza e lucidità tutti gli aspetti legati al “fine vita” che continuano a suscitare aspri confronti in Italia e nei paesi europei. L’autore insiste sulla necessità di allargare gli orizzonti evitando gabbie ideologiche o ambigue urgenze legislative. Sono in campo profonde dinamiche affettive, culturali e spirituali e sarebbe riduttivo trattare i problemi al di fuori di una visione umanistica e sapienziale. Paglia non disdegna di mettere in guardia un Occidente che pare aver posto nel dimenticatoio alcune grandi verità: ogni persona, unica e irripetibile, è patrimonio dell’umanità; gli anziani e i morenti possono insegnarci qualcosa fino all’ultimo respiro; a nessuno piace morire dimenticato; solo accettando il traguardo della morte – che tutti ci affratella – potremo avere una vita intensa, feconda di relazioni personali autentiche e di valori umani condivisi, una vita degna di essere vissuta, fino alla fine.