Gianfranco Formenton
Assistendo alle grida sguaiate e scomposte di premier, politici e ministri; alle performances di alcuni nostri senatori, dopo il rituale, patetico ed ipocrita “minuto di silenzio” per la morte di Eluana; alle eclatanti dichiarazioni di appartenenza alla “cultura della libertà e della vita contro la cultura dello statalismo e della morte”, alla riduzione della Costituzione a “carta filo-sovietica”; ai quintali di parole di prelati, cardinali, giornalisti… improvvisamente convertiti alla causa, tutti improvvisamente esperti di medicina, di vita e di morte; al furore verbale di tante anime pie e zelanti…ho pensato:
“Alla fine della baldoria c’era nell’aria un silenzio strano, qualcuno ragliava con meno boria e qualcun altro grugniva piano; alle sfilate degli stilisti si trasgrediva con meno allegria ed in quei visi sazi e stravisti pulsava un’ombra di malattia. Un artigiano di scoop forzati scrisse che Weimar già si scorgeva e fra biscotti sponsorizzati videro un anchorman mentre piangeva. E poi la nebbia discese a banchi ed il barometro segnò tempesta, ci risvegliammo più vecchi e stanchi, amaro in bocca, cerchio alla testa. Il Mercoledì delle ceneri ci confessarono bene o male che la festa era ormai finita e già lontano il carnevale e proclamarono penitenza e in giro andarono col cilicio ruttando austeri: “Ci vuol pazienza! Siempre adelante, ma con juicio”.
E fecero voti con faccia scaltra a Nostra Signora dell’Ipocrisia perché una mano lavasse l’altra, tutti colpevoli e così sia, e minacciosi ed un po’ pregando incenso sparsero al loro Dio sempre accusando, sempre cercando il responsabile, non certo io. La Domenica di Mezza Quaresima fu processione di etèree di Stato dai puttanieri a diversi pollici dai furbi del “chi ha dato ha dato” ed echeggiarono tutte le sere, come rintocchi schioccanti a morto, “amen”, “mea culpa” e “miserere” ma neanche un cane che sia risorto. E i cavalieri di tigri a ore e i trombettieri senza ritegno inamidarono un nuovo pudore misero a lucido un nuovo sdegno; si andò alle prime con casto lusso e i quiz pagarono sobri milioni e in pubblico si linciò il riflusso per farci ridiventare buoni. Così domenica dopo domenica fu una stagione davvero cupa quel lungo mese della quaresima, rise la iena, ululò la lupa, stelle comete ed altri prodigi facilitarono le conversioni, mulini bianchi tornaron grigi, candidi agnelli certi ex-leoni. Soltanto i pochi che si incazzarono dissero che era l’usato passo fatto dai soliti che ci marciavano per poi rimetterlo sempre là in basso. Poi tutto tacque, vinse ragione, si placò il cielo, si posò il mare, solo qualcuno di resurrezione, piano, in silenzio, tornò a pensare” (Francesco Guccini)
E queste parole cantate in giovinezza (era l’epoca di Craxi) dedico a tutti coloro che in questi giorni si sono fatti silenziosi e pensanti di fronte al mistero della vita e della morte e che non accettano di arruolarsi in questa crociata neanche in nome dell’appartenenza cattolica.
Il dolore di questa tragedia umana è pari al dolore per questa povera patria vilipesa dai suoi rappresentanti, parolai ipocriti e semplicemente incapaci di coltivare l’eredità di un popolo che ha fatto del diritto e dell’umanità il suo valore più alto.
E, credo insieme a tanti, vorrei proprio dire: Forza Presidente (della Repubblica!) e viva la Costituzione.