E' stato presentata da Confindustria Umbria l'indagine congiunturale tra regione e imprese per il primo trimestre 2012: Il profilo non è, per la nostra regione, tra i più confortanti. Tutt'altro. Come accade nel resto del Paese, anche qui le imprese devono muoversi tra inusuali difficoltà in un ambiente sostanzialmente irriconoscibile ed evanescente, e non possono fare affidamento sul secondo trimestre dell'anno, già annunciato col segno negativo, per dimenticare un primo trimestre particolarmente deludente.
Un focus sul locale – E’ di nuovo cresciuta l'incidenza delle imprese che dichiarano di aver ridotto i livelli di attività produttiva: erano, tre mesi fa, all'incirca un quarto del totale e sono ora un po' più di un terzo. E’ comunque di incoraggiamento il fatto che circa un terzo delle imprese sembrerebbe tenere bene e anche con una certa dinamicità: infatti il 32,4% delle imprese dichiara aumenti di attività produttiva rispetto al precedente quarto trimestre 2012 e il 12,7% precisa di avere superato la precedente soglia con una percentuale di aumento di oltre il 5%. Di egual misura (32,4%) è la quota delle imprese che mantengono sostanzialmente stabile la loro attività. Di conseguenza sale al 35,2% del totale la quota di imprese che lamentano cedimenti di attività produttiva (con un 11,3% che dichiara arretramenti anche piuttosto sostanziosi, con flessioni, cioè, di oltre il 5% rispetto al precedente trimestre).
All’interno del profilo generale si possono distinguere specifici comportamenti settoriali che in questo caso risultano piuttosto differenziati, tra l'industria meccanica e quella alimentare in particolar modo.
Il profilo generale – A livello globale permane un trend di crescita, anche se di molto attutito rispetto ai periodi precedenti e accompagnato da un clima di maggiore incertezza e, soprattutto, da un accentuarsi delle differenze tra Paesi. Segnali di ripresa provengono dagli USA nonostante le debolezze del mercato del lavoro. La Cina riflette la ripresa della domanda interna e, insieme ad altri Paesi emergenti, contribuisce in modo sostanzioso all’aumento del Pil mondiale.
L’epicentro della debolezza rimane l’Eurozona. Qui, infatti, le difficoltà dei Paesi periferici finiscono per contagiare anche quelli del centro, più robusti e decisi. Lo scenario risulta piuttosto movimentato, frazionato da richieste di rigore esasperato, diffidenza degli investitori internazionali, prese di posizione dei governi, incursioni violente da parte della speculazione e manifestazioni emotive, anche se comprensibili, ad opera di gruppi colpiti dalle misure di austerità.
In Italia la produzione industriale, nel primo trimestre del 2012, è ulteriormente diminuita. Così è stato anche per gli ordinativi da parte del mercato interno. Qualche progresso lo si è osservato sul fronte delle commesse dall’estero con l’export che è riuscito a tenere le posizioni, pur perdendo slancio, sui mercati extra-UE. Le previsioni confermano che la brusca impennata della disoccupazione italiana proseguirà perché permarranno le condizioni che l’hanno causata. Rimane pertanto molto alto il rischio che un ulteriore rallentamento della crescita nei Paesi più importanti finisca per consolidare l’insieme delle spinte negative più di quanto la debole dinamica di crescita riuscirebbe a fare nei confronti di quelle positive, compromettendo così ogni residua speranza di fuoriuscita dalla crisi nel corso del 2012.